L’ANALISI – E’ una Torres pregiata, non si abbia paura di sognare

Cristian Bucchi, l’allenatore della Torres non sbaglia un colpo
Feralpi Salò, Pordenone e Novara. Tre gare e (almeno) sei punti per dimostrare di poter diventare grandi. Quindici giorni (dal 7 al 22 febbraio) per capire se la Torres possa cullare un dolce, dolcissimo sogno: la Serie B. Bucchi aveva chiesto cinismo ai suoi, detto fatto. L’1-3 contro il derelitto Lumezzane ha mostrato ai propri tifosi una squadra spietata e capace di approfittare di tutte le (troppe) indecisioni dei padroni di casa, dando prova di una compagine che ha poco a che fare con la lotta salvezza. L’ex tecnico del Gubbio, nonostante la sua partenza sprint, continua a predicare tranquillità e mette le mani avanti, ricordando tante volte, forse per convincere anche sé stesso, che i suoi ragazzi devono guardare in basso e avere in testa un solo obbiettivo: la salvezza. Niente da dire, per carità, ma la distanza tra quarto e decimo posto (quello occupato dai sassaresi) è minore rispetto a quella tra lo stesso piazzamento e la quintultima piazza.
E’ lecito sognare o è meglio rimanere con i piedi per terra? Entrambe le teorie hanno i loro perchè e, come molte nello sport, nessuna delle due può essere considerata giusta, o sbagliata, a priori. Si può guardare alle zone alte della graduatoria perché là davanti non corre nessuno e cuore, spirito di sacrificio e unità del gruppo sono caratteristiche rilevanti e tutte presenti nel dna sassarese. Si deve guardare indietro perché, oggettivamente, Pavia, Bassano, Novara e Alessandria hanno ancora qualcosa in più nonostante il mercato abbia portato nel capoluogo turritano nuovi titolari e validi ricambi agli stessi. Lodevole l’operato della dirigenza torresina, e dire che ufficialmente – in realtà l’apporto di Guglielmo Acri al fianco di Domenico Capitani si fa sentire – in via Coradduzza c’è una scrivania vuota: quella del direttore sportivo. Sono arrivati i centrocampisti Cerone e Petterman, l’esterno offensivo Buonaiuto e gli attaccanti Barbuti, Scotto e Colombi. Hanno salutato la truppa i non troppo rimpianti Cordella (in prestito allo Spartak Varna), Fatticcioni, Pizza, Franco, Pizzutelli, Infantino e Balistreri. Nessun sacrificio tra i big (occorre resistere alle avances per Maiorino nelle prossime dodici ore) e tanti arrivi a rimpolpare la rosa, aumentandone la qualità.

Barbuti, Cerone e Bonaiuto: tre dei sei nuovi arrivi in questa sessione di calciomercato
Bucchi, che a breve potrà contare sul ritorno di Mirko Bigazzi e Gerardo Rubino, è stato accontentato in tutto e per tutto e i risultati da lui ottenuti parlano chiaro: una favola fatta di 10 punti in 4 partite con 8 reti segnate e 1 sola subita, peraltro ininfluente. Il suo 4-3-3 espone a qualche rischio in più (sbagliato dimenticare o far finta di niente davanti al potenziale 2-2 clamorosamente fallito da Ekuban) ma libera anche gli interpreti offensivi concedendo loro più ossigeno e libertà di movimento quando l’azione parte dal sapiente mancino di Federico Cerone. Proprio l’ex Savona si sta dimostrando un acquisto azzeccato, dato che va a coprire una falla, quella nel ruolo del regista, che aveva causato non pochi problemi nel girone d’andata, con la Torres quasi mai capace di rimontare (e quindi creare gioco) uno svantaggio.
E poi c’è Raffaele Imparato, il più trasformato di tutti dal cambio in panchina. L’interno di centrocampo (e non più terzino) ex Sorrento è rigenerato e la sua prestazione in terra bresciana è stata semplicemente strepitosa, nonché arricchita da numeri che certificano una capacità tecnica finora inedita. E’ stato lui a procurare il calcio di rigore che ha rimesso il risultato sui giusti binari. Si è preso gioco del mal capitato Benedetti, inserendosi perfettamente negli spazi, come si confà ad una mezzala. La difesa si è dimostrata granitica ma si aspettano prove più ardue per confermarne la solidità anche adottando uno schema di gioco più spregiudicato. Ultima, ma non meno importante nota positiva, il primo gol sassarese di Baraye, altro beneficiato dalle idee tattiche di Bucchi.
Insomma, il brutto (ma non bruttissimo) anatroccolo del girone d’andata, quello del rischio play-out, si è trasformato in un cigno, magari non (ancora) perfetto ma che piace veramente tanto. E non importa di chi sia il merito, si guardi tranquillamente in alto senza aver paura di scalare le montagne perché tanto a febbraio, si sa, fa sempre freddo. Tanto vale sognare.
Mauro Garau