La coscienza di Zeman: faccia una scelta e non risponda alle banalità mainstream
Tutto come previsto e come era prevedibile. Siamo convinti che Tommaso Giulini fosse consapevole a cosa sarebbe andato incontro scegliendo di affidare la panchina del suo Cagliari a Zdenek Zeman. Il curriculum del boemo lo ha sempre preceduto. Così come le sue tante frasi “polemiche” e scomode (talvolta anche per chi lavora con lui), e quelle da usare come insegnamenti di vita, snocciolate in tanti anni di carriera.
Zeman è sempre stato (e sempre lo sarà) un personaggio. Più per volere di altri che per narcisismo. Ha sempre fatto discutere, creato dibattito e rissa mediatica, dando da scrivere ai giornalisti. Nel bene o nel male il boemo è sempre stato preziosa fonte d’ispirazione per tante penne nostrane. E sopratutto è sempre stata una persona libera, cosa più unica che rara nel mondo del calcio, a maggior ragione in Italia. Uno senza sponsor, senza amici che gli fanno pubblicità. Uno che si è sempre dovuto guadagnare tutto e che ha spesso avuto, se non il dito puntato contro, qualcuno ad aspettarlo al varco. Proprio come gli è successo a Cagliari, nuova occasione dopo il fallimento con la Roma di due stagioni fa.
In Sardegna è stato accolto con grande entusiasmo, che mancava dall’epoca dorata del Cagliari di Massimiliano Allegri, anche se il livornese nel 2008 non venne certo accolto con ovazioni di mezza estate. Quello per il boemo è un credito concesso sulla fiducia, basato sul passato, ondivago ma certamente non banale. Zeman è personaggio degno di nota, e allora via, da parte dei media, alle domande – ad ogni occasione utile – inerenti Roma e Juventus, il Palazzo o frivolezze da tabloid. Polemiche stucchevoli sul suo rapporto con De Rossi e Pjanic, sulle sue accuse alla Juventus di Moggi. Poche, pochissime domande sul suo calcio, sul suo modo di vivere lo sport, sul suo progetto al Cagliari. Ancora, su tattica, terzini che facciano le ali e attaccanti congeniali o meno. In questa stagione si è tornati a parlare di Zemanlandia solo dopo il 4-1 rifilato all’Inter a San Siro, salvo poi “attaccare” il boemo per aver detto, in occasione dell’inaugurazione di una piazza dedicata a suo zio a Palermo, che ogni tanto il gioco della Roma di Garcia lo annoia.
Tipico buon costume italiota, che rinfaccia a Zeman di non poter esprimere un’opinione perché non ha mai vinto nulla. Come se per poter esprimere la propria idea, in un paese che si reputa o fa finta di essere libero, ci sia bisogno di avere il curriculum del vincente. Che poi, a dirla tutta, anche sul concetto di vincente ci sarebbe da aprire una parentesi infinita. Nello sport, in tutti gli sport, c’è sempre un vincitore e tanti vinti. Ci sono sicuramente molti più allenatori che hanno perso piuttosto che allenatori che hanno vinto qualche trofeo, scudetto o coppe che siano. Quindi consideriamo solo le opinione di chi ha vinto?
Fosse per il boemo, ne siamo convinti, verrebbero abolite conferenze e interviste. Lui, uomo di campo, preferirebbe parlare con i fatti la domenica, piuttosto che rispondere alle domande dei cronisti, bravi a creare polemiche dal nulla, per destabilizzare la figura del tecnico rossoblù e farlo passare per il solito brontolone che parla tanto degli altri e non ha mai vinto niente. Che critica gli altri e non guarda mai ai problemi di casa propria. Tralasciando l’ironia e le risatine ogni qual volta Zeman presenzia nelle maggiori arene mediatiche, come se fosse un barzellettiere.
Caro mister Zeman, faccia una cosa: la prossima volta si rifiuti di rispondere a domande sulla Juventus, sulla Roma, su De Rossi e qualsiasi altra fatta per ottenere un titolo che faccia vendere più copie. Chieda e pretenda domande sul suo calcio, sul suo modo di giocare, sul suo modo di interpretare lo sport, sui tanti talenti che ha reso calciatori importanti e sui tanti sogni che ha regalato durante la sua carriera. Perché vincono in pochi, ma sono ancora meno quelli che riescono a farsi amare pur perdendo, che regalano emozioni e la gioia di andare allo stadio. E lei, in questo e non solo, è sempre stato un maestro.
Giampaolo Gaias
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