L’avversario della Torres – Alessandria corazzata? Sì, ma con ammaccature. Torres, puoi farcela!
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La caldissima curva nord del Moccagatta
La memoria storica ricorda i vari Adolfo Baloncieri, Giovanni Ferrari, Pietro Rava, Gianni Rivera. Campioni del mondo, campioni d’Europa. Campioni di tutto. Ricorda la “scuola alessandrina”, non quella filosofico-religiosa d’Alessandria d’Egitto, ma quella ben più profana fondata nel 1913 da George Arthur Smith, britannico pioniere del calcio in Italia, che portò nel Belpaese idee e metodi (tra cui la cura del vivaio) che ancora oggi destano notevole interesse. Da oltre mezzo secolo però, l’Alessandria ha smesso di essere – così come le cugine Novara, Pro Vercelli e Casale – uno dei vertici del celebre quadrilatero piemontese del calcio italiano. L’ultima partecipazione in Serie A è ormai datata 1959-60 quando il genio del futuro pallone d’oro 1969 non bastò ai cinerei per evitare la retrocessione tra i cadetti. Da allora il bramito dell’Orso non si è più sentito e quella che era stata la squadra del cuore di Fausto Coppi ha varcato la soglia di un lungo letargo vissuto principalmente nella terza serie da cui si è ridestata solo in seguito a due eventi, il fallimento nel 2003 e l’esclusione dal campionato di Prima Divisione nel 2011 per illecito sportivo, che ne hanno in parte macchiato la gloriosa tradizione.
Oggi si riparte dall’imprenditore torinese Luca Di Masi, che lo scorso gennaio ha rilevato l’intero pacchetto azionario della società, appianandone i debiti e adempiendo a tutti i doveri di carattere economico. Di Masi è diventato, in virtù di ciò, una sorta di beniamino dei tifosi, colui che ha salvato il club in un momento difficile e che intende ridare slancio a quella che è una delle più importanti realtà sommerse del calcio italiano. In panchina, subentrato la scorsa stagione a Giovanni Cusatis, siede il milanese Egidio Notaristefano, già mediano dei grigi a fine carriera dal ’95 al ’98 e latore di una lunga esperienza in Serie A e in Serie B con le maglie di Como, Bologna e Lecce. La conferma del tecnico per la stagione in corso ha posto i presupposti per un’operazione di profondo restyling in seno alla rosa, con le eccellenti partenze di Fanucchi (ammirato al Vanni Sanna domenica con la maglia del Cuneo) e Degano (destinazione Ancona). La dirigenza ha cercato così di venire incontro alle esigenze tattiche del mister, grande ammiratore dello spregiudicato 3-4-3, ingaggiando una batteria di attaccanti di prim’ordine: Rantier, Taddei, Scotto, Marconi e Ferrari.
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Luigi Scotto, da questa stagione in forza all’Alessandria (foto: www.alessandriacalcio.it
Su quest’ultimo, 17 reti lo scorso anno con la maglia del Castiglione, allenatore e staff avevano deciso di puntare forte, puntellando di fatto la squadra di elementi che potessero esaltare al massimo le sue caratteristiche. Il brutto infortunio rimediato però a metà agosto in amichevole (per lui rottura del legamento del crociato sinistro e 5 mesi di stop) ha indotto il mister a rivedere schemi e modulo, provando così a fare di necessità virtù. In campo al debutto tra le mura della Pergolettese, il tecnico ha infatti preferito schierare un più accorto 3-5-2, impiegando due esterni fluidificanti come Sabato e Valentini e una coppia d’attacco composta da Scotto e Taddei. La squadra non ha demeritato, è passata in vantaggio all’inizio del primo tempo con Spighi e avrebbe potuto anche chiudere il match nella ripresa se Taddei avesse trasformato il rigore procurato dall’attaccante sassarese. Ma alla fine è arrivato il terzo pareggio consecutivo (dopo i due di coppa) che dice di una squadra che pur avendo giocatori di assoluto livello (i citati attaccanti, ma anche il centrocampista Mora, abilissimo negli inserimenti e il centrale difensivo Viviani) non può essere considerata l’ammazza campionato di cui si è parlato in estate. Notaristefano infatti deve fare i conti con una difesa che non ha dato ampie garanzie in queste prime uscite, con Cammaroto che è apparso ancora legato e disattento, forse a causa della decisione societaria di affidare i galloni di capitano a Ferrini, peraltro ancora indisponibile (così come Sirri, uscito malconcio dal campo domenica) per i postumi di una brutta polmonite. Il tecnico grigio potrebbe allora rimescolare ancora una volta le carte per la prima casalinga e riproporre il 3-4-3 estivo con Poluzzi tra i pali, Cammaroto, Viviani, Sabato in difesa, Cavalli, Mora, Filiciotto, Spighi a centrocampo, Rantier, Taddei e Scotto (che sta recuperando da un fastidio fisico) in attacco. L’Alessandria è un collettivo molto tecnico che entra sempre in campo per fare la partita, puntando sulla circolazione della palla e sulla qualità degli esterni d’attacco, ma è vieppiù una squadra in fase ampiamente sperimentale e soprattutto falcidiata da assenze pesanti che minano la stabilità di quelle certezze acquisite durante la preparazione.
Buone notizie, insomma, per una Torres che si avvicina alla trasferta piemontese vogliosa di smentire critiche e perplessità e determinata a raccogliere i primi preziosi punti. Serviranno mordente e brillantezza in mezzo al campo, maggiore attenzione in difesa e più incisività in avanti per affrontare l’undici rivale e superare l’handicap di giocare davanti a un pubblico caldo, appassionato e numeroso, che da sempre rappresenta la proverbiale marcia in più della squadra. La riscossa della Torres può davvero partire da qua, la storia, nonostante il blasone dei grigi, restituisce ricordi e precedenti che sorridono ai sassaresi. Proprio così. Perché Clio, al Giuseppe Moccagatta di Alessandria, presenziò e patrocinò un evento divenuto subito storico: il 7 giugno 1987, all’ultima giornata di campionato, Mario Piga, l’eroe prescelto dalla Musa, regalò ai rossoblù il primo posto nel girone e una memorabile promozione in Serie C1. Niente di più che un aneddoto d’almanacco per nostalgici forse, ma in fondo anche di questo c’è bisogno.