ESCLUSIVA – Arrigoni: “Zola conosce il calcio. Il mio Cagliari? Con Suazo avremmo sognato”
“Sono un Ufo del calcio” ama ripetere negli intervalli tra una domanda e l’altra, quasi una premessa reiterata strategicamente che da una parte gli permette di smarcarsi con abilità dai quesiti più insidiosi e dall’altra ne rivela appieno un carattere che lo restituisce come uno dei mister più anticonformisti che il circus del pallone può annoverare. Una boccata d’ossigeno, detto in tutta franchezza. Daniele Arrigoni il calcio è sempre stato abituato a viverlo e ragionarlo sui campi di gioco e di allenamento, anche se dalla scorsa estate – un po’ a sorpresa – ha smesso tuta e fischietto per sedersi dietro una scrivania e assumere la carica di direttore tecnico del Forlì. Ad ogni modo sempre poco propenso ad accettare la luce dei riflettori, lui che in carriera ha saputo ottenere quattro promozioni in tre categorie differenti, dalla D agli albori della carriera con il Castel San Pietro, alla B con il Bologna nel 2007/2008 passando per i trionfi con Vis Pesaro e Frosinone, entrambe accompagnate nella terza serie. Lui che ha sempre preferito non mettere radici al di fuori della sua Romagna, sostando per altri lidi senza scavare mai oltre il solco tracciato per il raggiungimento degli obiettivi. Veni, vidi e vici là ove possibile. Per lasciare ricordi, per la più parte dolci, sempre da rivivere intimamente, ma mai con il senso nostalgico del rimpianto.
AL CUOR NON SI COMANDA. Provare a chiedergli un commento sulla situazione del Cagliari è quanto meno complicato, un po’ come estrarre un dente sano a un paziente capitato dal dentista per puro caso. “Onestamente non seguo tanto – ammette il mister romagnolo – ma vedo tanti giocatori nuovi e una classifica che si fa difficile“. Il credito, però, di cui può beneficiare mister Zola rappresenta una garanzia: “La squadra è in buone mani, di Zola ho un ricordo straordinario. Era scontato che volesse diventare allenatore, gli è sempre piaciuto. Non so come lavori, ma conosce il calcio come pochi“. Eppure in tanti ricordano ancora di quel suo “vizio” di sostituire “Magic Box” a partita in corso. “Si imbufalivano tutti, lui compreso” ammette col sorriso Arrigoni. “Ma le mie erano considerazioni legate alla resistenza fisica dell’atleta e alla lunghezza del campionato. E poi, parliamoci chiaro: era normale che si arrabbiasse, ma Gianfranco era sempre il primo a presentarsi al campo di allenamento alla ripresa“. Vi accomuna il fatto di aver allenato entrambi la squadra del “cuore”, purtroppo non con risultati eccellenti, nonostante l’augurio sia che Zola riesce nell’impresa di salvare il Cagliari: “E’ vero, ma io a Cesena presi in mano una situazione già di per sé disperata” afferma con dire tranchant il tecnico.
GLI SCONTRI CON CELLINO. Quel 2004/2005 fece covare a lungo sogni di gloria alla Cagliari calcistica: un avvio slanciato sospinto da un tridente invidiabile che faceva tremare tutte le difese. “E’ stata uno degli anni più belli della mia vita, se penso che per tutto il girone d’andata abbiamo stazionato nella parte sinistra della classifica, agganciando anche il quarto posto. Tutti però dimenticano che dovemmo fare i conti con un Suazo a mezzo servizio, altrimenti avremmo certamente migliorato il decimo posto finale“. Una delle migliori annate dell’era Cellino, dopo il sesto posto al primo colpo e i due noni ottenuti con Tabarez e Allegri. Anche con l’ex presidente rossoblù non mancarono accesi confronti: “Abbiamo discusso diverse volte, anche in maniera piuttosto decisa, sull’atteggiamento dei giocatori e sulla formazione, ma alla fine si è sempre comportato in maniera corretta. Aveva le sue idee, come è giusto che fosse, ma tutte le discussioni finivano sempre allo stesso modo: ‘Lei è l’allenatore, a lei spetta decidere‘. Chiunque vorrebbe un patron così. Aggiungo che su di lui sono state dette tante cose non vere. Cellino pensava solo al Cagliari, sette giorni su sette, per me è stato un grande presidente“. Che voleva portarla con sé al West Ham. “Sì è vero, ma io comunque non avrei potuto seguirlo“.
CONTI E PISANO: SCOMMESSE VINTE. L’addio dal Cagliari e dalla Sardegna fu controverso e lasciò strascichi polemici che opacizzarono la brillante stagione del ritorno in Serie A. Lei decise già in primavera che avrebbe cambiato aria, la piazza non glielo perdonò mai e di fatto ostacolò con successo l’Arrigoni-bis, ottenendo il suo allontanamento dopo una sola partita. “Purtroppo la seconda esperienza non è neanche nata, c’erano troppe pressioni ambientali, venivo visto come un traditore. Eppure io andai via perché in disaccordo con la politica societaria di allora. Avevo chiesto precise garanzie tecniche per proseguire l’avventura in Sardegna, ma ci furono contrasti e diversità di vedute. Allora maturai la volontà di cambiare, ma io sarei rimasto molto volentieri“. Inutile indagare sulla natura precisa di queste condizioni, il tecnico si schermisce, ma si lascia andare quando gli si ricorda che con lui Daniele Conti ha
disputato l’ultima stagione da rincalzo. “Questa è una mezza verità, ci tengo a precisarlo. In pochi me lo riconoscono, ma sono stato io il primo a farlo giocare da titolare in Serie A. C’era Brambilla, è vero, ma piano piano diedi sempre maggiore spazio a Daniele, combattendo anche strenuamente con chi non era d’accordo (Massimo Cellino ndr) per imporre la mia idea“. Lei catapultò alla ribalta della Serie A anche un appena maggiorenne Francesco Pisano. “In ritiro mi accorsi di lui e dissi chiaramente alla società che ci avrei puntato. Mi convinsero il suo comportamento esemplare, oltre che le doti tecniche“.
PRESENTE E FUTURO DIETRO LA SCRIVANIA. Ora che è passato dall’altra parte della barricata, dopo aver assaporato il campo per oltre 35 anni prima da giocatore e poi da allenatore, come si trova nelle vesti di direttore tecnico? “E’ un’esperienza del tutto nuova e molto stimolante. Qui a Forlì stiamo lottando per mantenere la categoria, salvarci sarebbe come vincere il campionato. Sono convinto che la possiamo fare“. Eppure la voglia di allenare non può essere scomparsa del tutto. “Prima di Natale ho avuto la possibilità di andare ad allenare alcuni club di Serie B, ma dopo aver parlato con i vari dirigenti mi è passata subito la voglia. Quando ci si vede raffrontati a personaggi senza esperienza e magari senza competenze, per me non sussistono più le condizioni. Penso che ormai la decisione sia stata presa, difficilmente tornerò ad allenare“. Oggi la gavetta è passata di moda e a dare un occhio alla Serie A i tecnici ‘eletti’ non ne stanno di certo smentendo l’utilità. “Io ho vinto, Serie A a parte, in tutte le categorie in cui ho allenato. Non voglio aggiungere altro“. Come un UFO, che abbaglia e sibillino stuzzica, prima di eclissarsi di nuovo. Chissà ancora per quanto, si spera non per troppo.
Matteo Sechi
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