ESCLUSIVA – Matteoli: “Il calcio non finisce a Cagliari. A Oristano con altri club? Valuteremo…”
Cagliari e Gianfranco Matteoli, un matrimonio che finisce dopo 14 lunghi anni. Lo storico responsabile del settore giovanile rossoblù lascia la società che lo riabbracciò dopo una gloriosa carriera da calciatore (in rossoblù partecipò alla storica cavalcata europea del 1993/1994) e che gli ha affidato (quasi) tutti i talenti sardi degli ultimi tre lustri. Un addio annunciato, con Mario Beretta a raccoglierne il testimone e l’eredità già dallo scorso aprile. Un divorzio raccontato da Matteoli in esclusiva ai microfoni di Sardegna Sport.
Partiamo con una domanda che potrebbe sembrare scontata. E’ ufficiale il suo addio al Cagliari?
“Si, è ufficiale. Ormai era nell’area da un po’ di tempo. Non sarò più il responsabile del settore giovanile del Cagliari dopo 14 anni.”
Si sente tradito?
“Sinceramente non mi fa né caldo né freddo in questo momento. In tutte le cose c’è un inizio e una fine. E’ finita la mia avventura a Cagliari, ne ho preso atto. Sono molto soddisfatto di quello che ho fatto in questi anni, penso di aver sempre fatto il mio dovere e non mi devo rimproverare nulla”.
E’ stata una scelta unilaterale della società o c’è stata una trattativa per confermarla che non è andata a buon fine?
“Diciamo che è stata una scelta societaria. Hanno idee diverse ed è giusto che sia andata così. Io sono tranquillo e non ho nessun problema, l’ho detto anche al presidente Giulini. Sono cose che succedono nel calcio”.
Come giudica il suo operato in questi anni di settore giovanile rossoblù?
“E’ stata un’esperienza incredibile. Abbiamo lavorato con quasi tutti ragazzi sardi, salvo qualche rara eccezione. Ovviamente quando mi è capitato di vedere qualche giocatore bravo e non sardo ho cercato di prenderlo, ma spesso abbiamo cercato di lavorare con i ragazzi del posto. Per me questa è stata la più grande soddisfazione, poi ognuno ha il suo modo di vedere le cose”.
Quant’è stato difficile gestire il settore giovanile di una squadra gloriosa come il Cagliari con pochissime risorse?
“E’ sempre stata una nostra scelta anche quella. In Sardegna è difficile andare a prendere giocatori da fuori, eri costretto ad accontentarti delle quarte o delle quinte scelte, diciamoci la verità. Invece noi abbiamo puntato a far crescere i ragazzi sardi e i bambini. Tra Cagliari e Oristano abbiamo setacciato tutta la Sardegna per trovare i migliori talenti. E sono contento di aver sempre lavorato nel modo che preferisco. Adesso sento tutte queste propagande, sulla tecnica, dobbiamo fare qui, dobbiamo fare là. Noi lavoriamo così da 14 anni, mi viene da ridere a sentire certe cose. Noi abbiamo sempre lavorato così, sono cose vecchie: abbiamo lavorato con la tecnica, cercando di portare i ragazzi in prima squadra senza l’assillo del risultato. Il Cagliari Calcio ha lavorato così in questi 14 anni”.
Che ne sarà del centro di Oristano? Ci sono voci di affiliazione ad altri club, con il Leeds di Cellino tra i candidati.
“Continueremo a lavorare, non cambia nulla. Non escludo nulla, ma per ora lavoro come ho sempre fatto. Se poi ci saranno possibilità con altri club le valuteremo. Ovviamente solo cose fatte bene, non per perdere tempo. Solo cose professionali. Nomi non ne conosco, non ho parlato ancora con nessuno anche perché non sono uno che si butta a fare le cose tanto per fare. Se ci saranno opportunità interessanti le valuterò”.
Nicolò Barella è il fiore all’occhiello del settore giovanile del Cagliari. Che opinione ha di lui?
“E’ cresciuto con noi dall’età di 8 anni, lo abbiamo sempre portato avanti lungo questo cammino. Ha tutto per fare il calciatore. Ha volontà e voglia di arrivare, sono le sue migliori qualità, oltre a quelle che madre natura gli ha dato. Se mantiene queste qualità ha un futuro assicurato”.
E’ già pronto per un campionato da protagonista in Serie B?
“Secondo me sì, anche perché si continua a parlare di giovani e se quelli bravi non li facciamo giocare è inutile parlarne. Io lo vedo pronto per giocare nei campionati che contano”.
Un altro prodotto del settore giovanile è Murru, che si è un po’ perso dopo essere arrivato a fare il titolare in A. Come mai?
“Murru ha fatto tre anni di A, è un giocatore che potenzialmente vale una grande squadra. Ora si deve rimettere a posto e riprendere il cammino che ha un po’ interrotto quest’anno, ma sono convinto che abbia potenzialità che possano valergli un futuro in una grande squadra”.
Qual è il giovane a cui si è più affezionato in questi 14 anni?
“Sono legato a tutti indistintamente. Per me erano come figli. Io la domenica seguivo sempre i nostri ragazzi finiti a giocare in D, C e B. Quando fai questo lavoro sono tutti uguali e ogni ragazzo che non arriva è per te una sconfitta. Non si fanno scelte a caso, ma sono tutte scelte in cui credi. Non ho rimpianti, rifarei tutto. Ringrazio il presidente Cellino per avermi dato l’opportunità di fare ciò che sognavo, ringrazio Mino Favini che è stato il mio maestro, mi ha preso da bambino a Como e mi ha inculcato l’amore per i giovani e per il calcio”.
Ha mai pensato a una carriera alternativa da allenatore?
“No, non è il mio lavoro. Mi piacciono i bambini, a Oristano seguo un gruppo di bambini di 10 anni che mi dà tante soddisfazioni”.
Cosa farà Matteoli nel futuro?
“In questo momento sono molto tranquillo, sto liberando la testa. Non sono uno di quelli che vuole fare le cose a tutti i costi. Mi guardo intorno, continuo il mio lavoro nella scuola calcio e vedrò. Il calcio non finisce a Cagliari”.
In questa sessione di calciomercato si parla tanto dei possibili ritorni di Aresti, di Cocco, ci sono voci anche su Burrai. Tutti giovani che lei ha cresciuto nel settore giovanile e che sono arrivati al top magari con qualche anno di ritardo. Come mai?
“Questo fa parte del calcio. Non tutti arrivano dalla porta principale. Anche io ho dovuto girare prima di trovare la mia maturità. Questi ragazzi prima non erano pronti e ora invece hanno fatto il loro percorso e sono diventati protagonisti. Il merito è loro, delle loro qualità e forse un pizzico anche della mentalità che gli abbiamo inculcato noi nelle giovanili. Hanno il grande merito di non aver mai mollato e questo gli va riconosciuto”.
Giampaolo Gaias
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