Basket, Serie C – Il Tavoni vola, Brembilla: “La tranquillità è la nostra forza. A Faenza per giocarcela fino in fondo”

Alberto Brembilla (foto Antonello Franzil - Tavoni Sassari)

Alberto Brembilla (foto Antonello Franzil – Tavoni Sassari)

Compirà 42 anni il prossimo 24 agosto, ma sul parquet sembra ancora un ragazzino. Alberto Brembilla è certamente uno dei segreti del momento magico del Tavoni Sassari, che, con due vittorie in altrettante partite nella seconda fase della stagione inizia a sognare la promozione in Serie B. Sabato gli arancioneri di coach Carlini si giocheranno il primo posto nel girone contro una vecchia conoscenza, ovvero quella Raggisolaris Faenza che a Rimini eliminò i sassaresi nel primo turno della Coppa Italia. Col profilo basso e i piedi ben piantati per terra, come predica capitan Brembilla, il Sant’Orsola andrà comunque in Romagna con la consapevolezza di poter giocare alla pari contro la formazione maggiormente accreditata per il salto di categoria.

Alberto, due vittorie su due nella seconda fase: in pochi si aspettavano una partenza così lanciata da parte vostra.
“Forse è così, ma siamo sempre stati consapevoli della forza e del carattere di questo gruppo, col quale gioco da tanti anni ormai. So bene che nei momenti importanti la nostra personalità e le nostre qualità tecniche vengono fuori. Inoltre va ricordato che abbiamo potuto giocare le prime due gare in casa, davanti al nostro meraviglioso pubblico. Stiamo sfidando le migliori squadre del nord Italia: conoscevamo già Faenza per averla affrontata in Coppa Italia, mentre abbiamo toccato con mano anche la forza di Lissone e Torino. Due squadre, queste ultime, con grande fisicità, ma noi siamo riusciti a sopperire al gap grazie anche alla tranquillità. Abbiamo già raggiunto un traguardo importante e continueremo a giocarcela con tutti senza mai partire sconfitti. Chissà, magari qualcuno ci aveva sottovalutato pensando che avessimo vinto dominando tutte la gare della prima fase (scherza, ndr).

Ora si va a Faenza, contro una squadra che avete già affrontato nelle Final Eight. Come avete preparato la gara?
“Li conosciamo, sappiamo che sono una squadra ben allenata, con degli ottimi difensori e alcuni elementi che hanno militato in categorie superiori. Inoltre sono spinti da un grande pubblico: del resto Faenza è un campo che conosco bene. Personalmente credo che siano i meglio attrezzati per la promozione. Parlo sia della struttura tecnica che di quella societaria. Detto questo, noi ci proveremo. Sappiamo che si tratta di una partita difficile, ma andiamo in Romagna per giocarcela.”

In regular season avevi quasi una doppia doppia di media, e proprio lunedì hai tirato con il 4/6 da 3. Si può parlare, per te, di una seconda giovinezza?
“(ride, ndr) Questa ormai è la terza giovinezza! Qualcuno mi chiede se voglio provare a giocare un giorno contro mio figlio, ma lui ha ancora 11 anni e ci vorrebbe ancora un po’ di tempo. Io fortunatamente sto bene, alleno anche un gruppi di ragazzi ad Alghero e non è semplice conciliare le due cose. La passione per il basket è sempre tanta e una partita come quella di lunedì, con il recupero dal -24 è stato qualcosa di impagabile. La bellezza di questo sport, anche a un livello più basso, è proprio questo: vedere  dei ragazzi motivati mi dà degli stimoli importanti, e ogni volta che vado in campo cerco di dare il 100%. Non si può essere al massimo in ogni occasione, però cerco di dare sempre il mio contributo alla squadra.”

Cosa ha portato Pietro Carlini da quando è arrivato alla guida della squadra? E in questa fase, ora puntate al primo posto?
“Pietro ha portato la sua grande esperienza, visto che è da decenni sui campi da basket. Ha una grande capacità di sdrammatizzare, e forse sua caratteristica è servita ai ragazzi più giovani. L’impegno in questa seconda fase è davvero difficile, però devo dire che il coach è stato bravo a sviare un po’ le attenzioni. Ci crede molto, e, anche se non lo dice apertamente, spera in una promozione. Non siamo certamente i favoriti, ma ci proveremo ugualmente. Credo che sia un bene partire a fari spenti, perchè quando si gioca contro le squadre più forti si ha sempre qualche stimolo in più. Lo dico sempre anche ai miei ragazzi: saremo anche più piccoli, meno bravi e “più brutti” dei nostri avversari, ma quella è la vera forza per poter affrontare al meglio questi appuntamenti.”

Riavvolgiamo un po’ il nastro partendo dai tuoi esordi: hai passato 6 stagioni a Caserta e proprio domenica i campani si giocheranno la salvezza dopo una grande rimonta. Che ricordo hai dei tuoi anni bianconeri?
“Caserta è stata una delle mie prime esperienze da professionista, e rimarrà sempre nel mio cuore. In Campania, per tre anni, sono stato anche capitano dopo l’addio di Gentile e Esposito. Tifo per loro, sembravano spacciati, ma l’arrivo di Enzo Esposito, che conosco molto bene, ha dato una scossa a tutto l’ambiente. Sono cambiati i giocatori, ma al PalaMaggiò il pubblico è sempre un fattore. Dispiace un po’ perchè in una partita secca ci si gioca la stagione e una delle due deve per forza di cose soccombere. Da giocatore dico che dev’essere pazzesco giocare con la tensione e la pressione che c’è in questo tipo di partite. Faccio comunque un grosso in bocca al lupo a Esposito, perchè se lo merita davvero.”

Nelle stagioni ’94-’95 e ’96-’97 hai mantenuto una media di oltre 11 punti a partita. Per te sono state due stagioni molto positive.
“La società mi dava fiducia, quella squadra era formata da tanti ragazzi giovani e italiani. Le regole erano diverse, erano i primi anni della legge Bosman. Gli americani erano di livello più alto, ma ce n’erano solamente due. Caserta ha sempre curato il vivaio, basta pensare che tre o quattro giocatori provenivano dal settore giovanile. Impensabile oggi per una compagine di Serie A. Era ovviamente un altro tipo di basket, concentrato maggiormente sul gioco di squadra, sugli schemi e anche sul gioco a metà campo. Oggi ci sono tantissimi atleti, si corre e si tira da tre punti. È tutto molto diverso.”

Durante la tua carriera hai condiviso anche varie stagioni con un ragazzo che non è mai stato dimenticato dal mondo del basket, ovvero Davide Ancilotto.
“Vero. È stato un mio grande amico, oltre che compagno di appartamento. Io avevo 18 anni, lui 17, eravamo accomunati dalla doppia esperienza tra juniores e prima squadra. E’ un pezzo importante della mia vita che non c’è più, però è sempre bello ricordarlo.”

Hai passato 13 anni della tua vita in Sardegna: ormai sei un figlio acquisito di questa terra.
“Dopo l’esperienza a Caserta sono andato alla Dinamo e durante quell’anno ho conosciuto Miriam, che è poi diventata mia moglie. Lei è di Alghero, siamo stati in Sicilia insieme, poi siamo andati a Ozzano. Lì è nato nostro figlio e siamo tornati in Sardegna, ad Alghero. Stiamo bene qui, è un posto bellissimo dove far crescere i bambini. Come tutti i posti ci sono pro e contro, ma qua i pregi sono davvero tanti. Ho imparato che nella vita i cambiamenti possono essere tanti da un anno all’altro, e ovviamente non sappiamo cosa ci riserva il futuro.”

Fabrizio Pinna

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