Dinamo Sassari, gli ultimi saranno i primi?

Una fase di gioco di Dinamo Sassari-Real Madrid (foto Eleonora Secchi - Sardegnasport)

Una fase di gioco di Dinamo Sassari-Real Madrid (foto Eleonora Secchi – Sardegnasport)

Venticinque: non solo i punti di distacco tra Real e Dinamo, ma i milioni di Euro che separano i budget per i due roster. Ogni schiaffo alla retina in più del necessario è costato agli azionisti dei blancos quanto l’intero, e sospirato, contributo annuale della Regione Sardegna ai biancoblu. Un confronto impari, sulla carta e sul parquet, si sarebbe detto, eppure per tre quarti, le due squadre si sono fronteggiate alla pari: l’assenza di Sergio Rodriguez, barbuto ed estroso play madrileno, è stata compensata da quella di due titolari sassaresi, Sanders e Brooks.

Brava, dunque, una Sassari rimaneggiata in campo, ma in grande spolvero sugli spalti, a mettere in difficoltà un Real un po’ in crisi d’identità. “Questa squadra non rispetta i parametri per stare in Europa”: per una volta gli spagnoli hanno potuto interpretare il ruolo che ha la Germania nell’Europa che conta, quella dell’Euro senza Lega: la Dinamo non dovrebbe stare in Euroleg ha sentenziato l’indomani Marca. Nel migliore dei casi, però, questo Real non dovrebbe giocarsi il podio. Ai blancos non mancano i giocatori d’inventiva: Sergio Llull e Facundo Campazzo in cabina di regia hanno degnamente rimpiazzato Rodriguez.

Soprattutto Campazzo, argentino dal fisico “non a norma” (179 cm per 88 kg, un torello da calcio d’antan), ha detto la sua: il terzo play di Madrid non avrebbe fatto rimpiangere Travis Diener a Sassari. Strano fisico infatti, ma grandi guizzi d’ingegno e assist spettacolari per lui, che hanno contribuito all’allungo finale di un Real dal gioco non strutturato.
Questo è il livello a cui, si spera, la Dinamo debba anche in futuro abituarsi: con lo stipendio di Campazzo, Sardara e soci oggi tiran su mezzo quintetto; domani, con sei mesi di stipendio dei Reales, ci costruiranno un palazzetto (e 3-4 store, che spuntano come funghi qui e là per l’Isola).

È sempre la solita storia: la debuttante deve dimostrare alla prima della classe di poter stare al suo livello. E lunedì sera a Trento, sarà di nuovo questo il copione, sebbene a parti invertite: nel giro di 72 ore, da sfidanti a sfidati, da esordienti a veterani. In campionato, palcoscenico attualmente più congeniale ad una Dinamo “bella senz’anima”, l’esordiente Trento cercherà di giocare un brutto scherzo a Sassari per portare a sei sconfitte la striscia perdente dei biancoblu, tra Italia ed Eurolega. Ecco, non abituarsi troppo ai piani alti è doveroso. Ci rifletta su lo stesso Jerome Dyson: i rimpianti per la caduta agli inferi dalla NBA a quello che, sempre più, si sta trasformando in un campionato di periferia non può continuare ad offuscarne la mente. La partita col Real Madrid doveva essere il palcoscenico per un Dyson gran maestro d’orchestra: la testa troppo molle e le gambe hanno seguito, mentre i compagni meno titolati rispondevano colpo su colpo all’avversario, almeno fin quando aveva senso farlo.

Se Devecchi, Chessa e compagnia non hanno sfigurato col Real, con le dovute proporzioni, perché non dovrebbero trovare i loro minuti con Trento e, in generale, almeno con le outsider italiane? Il turn-over fa bene alle menti di chi entra dalla panchina ed al fisico di chi esce dal campo, ma spesso la formula funziona in ambedue i versanti. Nella Dinamo, in diversi necessiterebbero di uno scossone psicologico: l’arrivo da Cantù di Cheikh Mbodj, centro alla ricerca della pista giusta da cui far decollare la propria carriera, è una notizia positiva per lo spogliatoio, prima che per il campo. Gran lavoratore e grande dedizione verso la propria squadra, dicono gli addetti ai lavori: chissà che serva d’esempio per più d’uno dei suoi nuovi compagni.

Alessandro Tedde

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