… Angel Parejo: “Basta silenzio, le calciatrici meritano rispetto. Dirigenza Torres? Furba, non intelligente…”

Postato il 17 lug 2014
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Angel Parejo con la "sua" maglia della Torres

Angel Parejo con la maglia della “sua” Torres (foto: Silvia Sanna)

Il dubbio, accostandosi a lei, sorge legittimo: è meglio far parlare i numeri o la diretta interessata? Mai come nel caso di Angel Parejo, infatti, le statistiche potrebbero essere sufficienti a restituire il livello di quella che è stata un’autentica campionessa del pallone rosa. Non esiste un circa: i gol messi a segno nei campionati ufficiali dalla campionessa catalana sono stati 556, “compresi i 18 in Giappone” ci tiene a precisare. E tanti, tantissimi, con la maglia della Torres. Un totem del club rossoblù al quale in carriera si è legata per 13 indimenticabili anni ricchi di gioie, vittorie e soddisfazioni, ma anche purtroppo di promesse disattese e nascoste come la polvere sotto il tappeto da una dirigenza finita negli ultimi mesi nell’occhio del ciclone in seguito a una comunque timida contestazione organizzata dalle giocatrici lo scorso marzo. Sassarese d’adozione ma catalana nel sangue e nella lingua che continua a tradire a distanza di 26 anni dal suo arrivo in Italia un inconfondibile accento spagnolo, Angel Parejo traduce oggi quella grinta che faceva ammattire le difese avversarie in una voglia di rivalsa non già per se stessa ma per una società a cui ha dato tanto e che non vuole vedere sprofondare nel ricordo delle imprese che furono. Nel nome del rispetto verso chi lavora con passione e in particolare di un calcio femminile che non riesce a superare i propri, ridicoli, limiti.

TRADITA DALLA MIA FAMIGLIA. Storie di rimborsi mai resi e in generale di un tradimento che la fuoriclasse spagnola sente di aver vissuto e di non aver affatto meritato. E per questo Parejo attacca, quasi liberandosi di un peso, facendosi portavoce di un malcontento figlio di uno status quo che opprime lo slancio del pallone rosa in Italia. “Credo sia giunto il momento di dire basta a questo silenzio. Io, che ho smesso con il calcio diversi anni fa, sto ancora aspettando un rimborso e mezzo relativo alla stagione 2010/11 e devo considerarmi anche tra le più fortunate. Per me la Torres è sempre stata una seconda famiglia, oggi mi fa male vedere che Leonardo Marras e Giorgio Cherchi neanche mi rispondono al telefono. Ripenso anche a quella promessa del 1996: ‘Non ti ho preso una spalla – mi disse Marras – per cui a ogni gol che farai ti darò 100 mila lire’. Per me la parola ha un valore sacro, realizzai 36 gol, il mio record in carriera, ma io quei soldi non li vidi mai ovviamente e dire che volle anche mia sorella Isabel come testimone“.

RISORSE SFRUTTATE MALE. Ragazze in balia di un sistema che le priva di un qualsiasi potere contrattuale rendendole di fatto succubi di società tanto ambiziose quanto annaspanti. Mancanze biasimevoli che non fanno certamente della Torres un’eccezione, ma

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che ad ogni modo la società riconduce alla venuta meno di alcune sponsorizzazione importanti, specie nell’ultima stagione. Eppure il bomber mancino che ha fatto tremare le gambe ai portieri di tutta la Serie A per oltre un ventennio non crede a questa versione e senza indugi sviscera la sua opinione. “Diciamo che può anche essere vero che alcuni sponsor si siano tirati indietro, ma io che ho passato gran parte della mia carriera alla Torres posso assicurare al 100% che le risorse sono state gestite molto male. La Regione non ha mai abbandonato la società, ragion per cui i contributi sono sempre stati rilevanti, inferiori solo a quelli del Cagliari e della Dinamo. Sono sempre entrati tantissimi soldi e a fronte degli stipendi da operai e di trasferte che si potevano organizzare con ampio anticipo, si sono sempre trovate mille scuse per giustificare i ritardi nei pagamenti alle giocatrici, una spesa che sembrava quasi superflua e sempre procrastinabile. Ci vuole rispetto per chi lavora, anche perché poi quando andavamo in giro per l’Europa portando in alto il nome della Torres c’erano 18 atlete e 35 accompagnatori e familiari. A spese di chi?“.

NEL FUTURO NON SI E’ INVESTITO. Il magniloquente castello edificato a suon di vittorie da Marras e soci rischiava così di crollare su se stesso per assenza di solide fondamenta. L’ex asso catalano non lesina critiche anche in questo senso, ricordando specialmente che la politica societaria è stata quella di cercare le vittorie nel presente senza seminare per il futuro. “Vorrei capire perché una parte dei contributi non sia stata reinvestita nella costruzione di strutture e nella creazione di un settore giovanile degno di questo nome. Quando sono arrivata a Sassari metà delle giocatrici erano del posto, segno che il movimento aveva enormi potenzialità. Oggi invece? Mi chiedo perché la società non abbia mai coinvolto noi ex per avviare una vera cantera dove poter allevare le calciatrici del domani. L’avremmo fatto per poco e con grande entusiasmo. Anche il progetto di Pamela Conti vedo che è abortito velocemente e non certo per colpa sua“. A Brescia qualcosa però funziona. Hanno tracciato una nuova strada, risultati univoci sotto tutti gli aspetti. “Lì hanno organizzato un settore giovanile coi fiocchi, con una grandissima allenatrice. Poi certo, la Torres è la Torres, un po’ come la Juventus nel calcio maschile, e le ragazzine, anche da fuori, vengono di corsa per giocare gratis. Un bene, ma fino a un certo punto, perché dimostra come la dirigenza sia stata più furba che intelligente in questi anni. E soprattutto poco lungimirante“.

SULLA FUSIONE. Eppure ora, per salvare il club più titolato d’Italia, si sta procedendo a una fusione con la maschile guidata da Domenico Capitani. Un intervento provvidenziale, dato che il baratro era ormai a un passo, ma Angel consiglia di tenere alta la guardia affinché la Torres femminile non diventi un accessorio della maschile. “Sulla fusione io personalmente non ho sensazioni molto positive, devo essere sincera. Se si tratta di un tentativo di salvare la società femminile dal fallimento ben venga, però penso che a beneficiarne, sia in termini d’immagine che in termini economici, sarà soprattutto la proprietà della maschile. Insomma, a me basta che la Torres continui a vincere in Italia e possa continuare ad inseguire il sogno europeo. Che con questa fusione si abbia lo scopo di fare bene per davvero“.

Manuela Tesse, dopo due stagioni non confermata alla guida della Torres con la quale ha vinto uno Scudetto e due Supercoppe, raggiungendo per due volte consecutive i quarti di finale di Champions

Manuela Tesse, dopo due stagioni non confermata alla guida della Torres con la quale ha vinto uno Scudetto e due Supercoppe, raggiungendo per due volte consecutive i quarti di finale di Champions

PERCHE’ TESSE VIA? Per questo sono arrivati l’ingaggio di “Peque” Perez e alcune conferme importanti che vanno a costituire comunque una buona base per ripartire. Certo, Sandy Iannella e Daniela Stracchi, non certo due calciatrici qualsiasi, hanno fatto le valigie. “Sono andate via due grandissime giocatrici e la storia recente dimostra che difficilmente si riescono a ingaggiare sostitute all’altezza. Sono convinta che la loro scelta fosse già maturata durante lo scorso campionato. Avevano perso fiducia nella dirigenza, che con loro non si è comportata bene. E’ davvero frustrante doversi allenare sei giorni su sette e partecipare a tutte le iniziative promosse dalla società quando non si riceve da mesi uno stipendio. Ma il vero fallimento è stato la non riconferma della Tesse, allenatrice preparata, vincente e soprattutto sassarese. Davvero inspiegabile. A questo punto spero che Panico e Fuselli possano restare. Patrizia potrebbe avere lo stimolo di provare a superare il mio record di gol con la maglia rossoblù, anche se è ancora lontana dall’obiettivo” (ride ndr).

Già, parecchio lontana, nonostante i numeri del capitano azzurro siano comunque da capogiro. Parejo in rossoblù ha però seminato una pioggia di gol di una costanza, intensità e regolarità pressoché inarrivabili. Quella maglia numero 11 schizzava come una scheggia incenerendo l’erba e spezzando le maglie di non importa quali difese. Oltre la barriera del suono, per colpire letalmente la bellezza di 317 volte in 328 presenze, i quali – beffardo destino – non le hanno mai permesso di vincere il titolo di capocannoniera. Un incubo per chi aveva lo sciagurato compito di arginarne l’impetuosa fame di gol, una delizia per la platea che ha avuto il privilegio di vederla in azione. Galeotto fu l’occhio del patron del Torino nel 1988, che durante un torneo internazionale al quale una giovanissima Parejo partecipava insieme alla gemella Isabel, si innamorò di quella saetta tutta classe, nervi e grinta chiudendo in fretta e furia l’ingaggio. A 19 anni appena, catapultata nel calcio italiano ai tempi ben più strutturato di quello spagnolo.

Un sogno, lavorare con un pallone tra i piedi, una piccola rivincita verso quei bambini che nella Spagna del boom post Franco la

Angel Parejo con la maglia della Roma che ha trascinato dalla serie B alla Serie A tra il 2006 e il 2009 (foto RomaSport)

Angel Parejo esulta con la maglia della Roma che ha trascinato dalla Serie B alla Serie A tra il 2006 e il 2009 (foto RomaSport)

chiamavano “maschiaccio” e provavano a toglierle la pelota. Tentativi più che velleitari, ovviamente. Lei che era cresciuta in una famiglia dove il calcio accompagnava colazioni, pranzi, merenda e cene, era anche di gran lunga la migliore. Dopo due stagioni sotto la Mole scelse l’ambiziosa Torres anziché la dominatrice Reggiana. Un matrimonio lungo 12 anni, in mezzo la semestrale esperienza nipponica con il Takarazuka e poi una lunga peregrinazione ricca di reti gonfiate e campionati vinti altrove: Atletico Oristano, Olbia, Roma, Reggiana ne ricordano con nostalgia le gesta. Poi il ritorno ‘a casa’ nel 2010, dove le radici sono rimaste sempre forti e robuste. Giusto in tempo per mettere in bacheca il suo quarto Scudetto e la sua quarta Coppa Italia prima di dire basta all’età di 42 anni. Ormai la storia l’aveva scritta, firmata e contro firmata. “E i sassaresi me lo riconoscono quando mi fermano per strada e mi ringraziano ricordando tutte le imprese della mia Torres. In fondo sono queste le cose belle della vita“.

Matteo Sechi