…Antonio Zucca: “Recupero il tempo perso e divento grande. Adesso? Valgo già i primi 600″
Il suo percorso agli Internazionali di Roma si è interrotto presto, al primo step, ma l’esperienza vissuta dal campione sardo Antonio Zucca è di quelle che segnano una carriera e possono anche permettere di farla svoltare “perché giocare al Foro Italico dove han giocato Fognini e Starace e sotto l’occhio di Pietrangeli, è qualcosa che segna e dà una spinta in più per migliorarsi: un onore e un’emozione unica. Un ambiente pazzesco“. Troppo forte e più scaltro il colombiano Cristian Rodriguez (attualmente numero 806 al mondo, ma in passato capace di scalare sino al 589), bravo regolare il tennista sardo con un doppio 6-3. Sensibile il divario tra i due, specie in termini di esperienza e abitudine a giocare tornei così importanti, ma il tennista turritano, 1715 del ranking, guarda avanti con fiducia, soddisfatto dell’esperienza capitolina, nonostante un pizzico di amarezza permanga ripensando a quel primo set perso dilapidando svariati game-point.
QUALCHE RIMPIANTO. La partecipazione alle prequalifiche dei Masters di Roma era insieme un punto di arrivo e un punto di ripartenza. La dimostrazione, per lo stesso tennista turritano, che certi livelli sono raggiungibili e persino superabili. “Rimane sicuramente un po’ di amaro in bocca, come sempre nelle sconfitte. Questa volta però anche un po’ di più, perché magari non avrei vinto la partita, ma il primo set era alla mia portata, mi sono trovato spesso sul 40-15 a mio favore e non sono riuscito a chiudere, poi nel secondo lui ha iniziato meglio e io ho dovuto sempre inseguire“.
OBIETTIVO ESPERIENZA. Un mattone importante a edificare una carriera che deve ancora spiccare il volo. Contrattempi e una maturità professionistica raggiunta con un po’ di ritardo, impongono all’ancor giovane atleta (22 anni compiuti lo scorso 11 aprile) una rincorsa che lo vedrà, per tutto il periodo estivo, impegnato in giro per l’Italia e per l’Europa al fine di mettere sulle gambe e sulle spalle colpi, scatti e tensione che andranno a costituire un bagaglio di esperienza importante. “Il prossimo che disputerò sarà un torneo da 10 mila dollari in Turchia, ad Antalya, ma in generale l’obiettivo per questa seconda parte del 2014 è quello di giocare quasi ogni settimane per accumulare partite, dal momento che non ho mai giocato tornei ad alto livello. Devo prendere il ritmo e imparare e gestire stress e concentrazione durante gli incontri. Voglio prendere qualche punto Atp, anche se non sarà semplice, poi magari più avanti tenterò anche qualche Challenge“.
SVOLTA IN OMAN. Come spesso succede, lo sport folgora i suoi adepti sin dalla tenera età. Per Zucca la chiamata è arrivata a 7 anni, dopo un primo timido approccio al calcio nella squadra della Turritana di Porto Torres. “Finito il primo anno di calcio, mio padre decise di iscriversi a un corso di tennis e mi portò con lui. Da quell’estate non ho mai smesso di giocare. Al Tennis Club di Porto Torres ho avuto la fortuna di incontrare un maestro come Paolo Pani che mi ha seguito nella mia crescita e che mi ha accompagnato anche a Roma. A lui devo molto e lo ringrazio“. Eppure, nonostante una passione trascinante, ci hai messo un po’ a capire che il tennis, per essere vissuto a certi livelli, richiede duri e lunghi allenamenti e molto sacrificio. “E’ vero, sino ai 17 anni mi allenavo 4-5 ore a settimana e ovviamente era impensabile pensare di fare vita da professionista. Poi nel novembre 2009 mi capitò l’occasione di andare a vivere e ad allenarmi in Oman. Decisi così di partire per la preparazione invernale seguito da tecnici federali e al fianco di tennisti di livello internazionale. Un’esperienza determinante che mi ha fatto capire che dovevo iniziare a recuperare il tempo perduto: adesso gli allenamenti, specie d’inverno, durano 8-9 ore, al giorno però!“.
ADDIO SARDEGNA. Poi il ritorno a casa, i primi incontri con il TC di Porto Torres e, all’inizio del 2012 il salto oltre Tirreno, destinazione Liguria, prima all’Andrea Doria, per tutto il 2013, e poi alla Pro Recco, società con la quale Zucca disputerà a partire da sabato 17 maggio le finali regionali di Serie C. Diciotto mesi intensi e proficui per gettare le basi di quel futuro che in Sardegna rischiava di restare soffocato. “Purtroppo il movimento tennistico in Sardegna non vive una stagione esaltante, tutt’altro. Specie se lo confrontiamo a quello di altre regioni. A giocare con continuità, nel maschile, siamo solo in tre: io, Mazzella e Asara, mentre in Sicilia, che non è certo il top del tennis italiano, ci sono 10-12 giocatori di buon livello. Il motivo? Quando non ci sono investimenti, è difficile avere risultati, non lo scopro certo io. Vivere in un’isola d’altronde ci penalizza ulteriormente perché non è semplice andar fuori e per crescere c’è bisogno di questo. Poi c’è anche un limite legato alla mentalità, poco aperta temo: magari si diventa il più bravo della Sardegna, ma ci si accontenta e non si cerca di andare oltre“.
SPORT PER POCHI. Il problema però non è circoscritto alla sola Sardegna, se guardiamo al rendimento del tennis maschile italiano degli ultimi decenni. Da tanto, troppo tempo, l’Italia non ha un vero top player. “La vita del tennista, in generale, è molto difficile, tanti sacrifici, tante privazioni, si devono centellinare le uscite la sera e stare attenti a quello che si mangia. Bisogna pensare solo ad allenarsi e ridurre al minimo le distrazioni. Io ho la fortuna di avere una famiglia che mi sostiene pienamente, ma il problema principale è che nel nostro Paese, purtroppo (ride ndr), c’è l’ambiente giusto per distrarsi e non seguire le regole della vita d’atleta. Per questo in tanti vanno fuori, perché qui non c’è la giusta mentalità del professionismo, c’è pochissima disciplina. Dovremmo prendere esempio dalla Spagna, dove la qualità degli allenamenti è sensibilmente superiore e i risultati si vedono“.
PAROLA D’ORDINE: CREDERCI. Primo punto Atp colto lo scorso anno in Egitto a Sharm El Sheikh, un tennis aggressivo che fa della forza e del ritmo i propri punti di forza, mentre del cemento la superficie ideale per applicarsi. Questa la scheda tecnica di Antonio Zucca ridotta ai minimi termini. E i modelli, da Tsonga a Berdich passando per Roddick, non tradiscono la “poetica” del portotorrese, che nonostante una carriera ancora tutta da costruire dimostra di avere le idee chiare e di conoscere bene falle e lacune da correggere e colmare. “Devo curare soprattutto l’aspetto mentale, imparare e mantenere alta la concentrazione durante il gioco, perché al momento faccio fatica a stare attaccato ai punti. E’ qualcosa che si migliora solo giocando tanto e confrontandosi con tennisti di livello più alto. Ecco perché devo fare tanti tornei, per raggiungere quel livello che già sento di valere: tra i primi 600 ci posso stare anche io“. E magari anche più in alto.
Matteo Sechi