Dinamo Sassari, finché gli avversari ci cascano…
Ieri, la novità di giornata in casa Dinamo Sassari è stata la partenza di Edgar Sosa nel quintetto titolare, in coppia con David Logan: una scelta tecnica per far girare meglio la squadra, dando minuti a colui che meglio incarna il ruolo di playmaker nel ventaglio di guardie a disposizione di Meo Sacchetti. Una scelta da approvare, non foss’altro perché è l’unica consentita allo stato attuale, e non una punizione nei confronti di Jerome Dyson, come paiono aver capito alcuni tifosi che lo hanno più volte fischiato: un atteggiamento oltremodo distruttivo della mentalità dell’attaccante più forte della squadra, che non può essere obbligato ad esserne anche il leader.
I fischi meritano più di un accenno di cronaca, perché hanno una valenza quasi sociologica: se fischiare gli avversari è già di per sé odioso, fischiare i propri giocatori è dannoso e autolesiostico. Il pubblico di Sassari non è nuovo a questi comportamenti (Cittadini, Diliegro, Johnson, Hosley, Ignerski, Pinton, solo per citare gli anni della massima serie), ma il boom di pubblico che si registra ormai da tempo al Palaserradimigni ha amplificato questo sgradevole comportamento.
La pallacanestro, si sa, non è un sport per pigri: tante regole spesso incomprensibili ai più, tanti termini inglesi non traducibili, tante tipologie di gioco e di schemi. I tifosi di nuova generazione (e i pigri delle vecchie) si mettano il cuore in pace: il diritto di mugugno, nel basket, passa per una grande conoscenza dello stesso. La pallacanestro, infatti, benché si giochi in canottiera, è uno sport da gentlemen, che mal sopporta le scenate come quella di Pozzecco nell’ultimo derby Milano-Varese (che però varrà le prime due panchine da Head Coach per il sempre rimpianto Ugo Ducarello) o i comportamenti inopportuni dei tifosi. Bene, dunque, hanno fatto gli americani a non salutare i tifosi dopo la partita, stringendosi attorno ai compagni bersagliati.
Ciò detto, Sacchetti mostra di aver capito le difficoltà della sua squadra: la mossa di Sosa in accoppiata con Logan o Dyson è una mossa intelligente quanto obbligata dalla penuria di inventiva nel reparto piccoli di una squadra allenata da chi “odia” l’attacco sulla base di schemi complessi e ben definiti. Meo, è noto, non allena squadre né singoli giocatori (però una sessione specifica sul tiro libero, che Dan Peterson afferma essere sempre migliorabile, la vogliamo fare?), bensì sviluppa e potenzia il gruppo, agendo sul carattere di ognuno (Devecchi, sempre più insostituibile, ne è l’esempio).
Nei minuti a sua disposizione, Sosa ha mostrato di poter giocare un buon pick and roll, almeno quando si ricorda di non forzare passaggi terra-aria e trova l’attenzione di un atleta come Lawal. Un’arma da rivalutare, quella del gioco a due play-pivot, che ha ha portato dividendi nel primo anno della coppia Travis Diener-Tony Easley. Certo, i valori dei giocatori non sono gli stessi (in positivo come in negativo), ma il detto consiglia di far di necessità virtù.
Il vero problema è invece gestire i cali d’ossigeno al cervello del play dominicano con una oculata strategia di cambi. Non è difficile: l’esperienza ormai insegna che dopo 5 minuti consecutivi in campo, alla prima bizza, lettura sbagliata o decisione avventata, “Cavallo pazzo” Sosa vada sostituito con “Geronimo” Dyson (indifferente che quest’ultimo esca dalla panchina oppure si sposti nello spot di play, lasciando spazio in guardia a Logan o Devecchi).
Ieri, infatti, Dyson ha mostrato il meglio di sé come play quando non è stato costretto a inventare gli attacchi dal nulla, bensì ad amministrare il risultato: pur in una partita di soli 20′, peraltro sotto tono, ha subito comunque 6 falli che hanno smosso, in qualche modo, quelle situazioni d’attacco in cui la squadra rimane ferma e i secondi passano senza che il portatore di palla sia messo in condizione di trovare una buona linea di passaggio.
Merita un plauso anche il flash pivot di Sanders: finché gli avversari ci cascano, il gioco spalle a canestro della possente ala va sfruttato. “Finché gli avversari ci cascano”: è questo lo spirito del periodo che sta attraversando la Dinamo, che, con un calendario abbordabile, è attualmente prima in un campionato sempre più livellato verso il basso. Mentre, purtroppo, i giganti d’Europa hanno subito scoperto il trucco.
Alessandro Tedde