Torres, la sfacciataggine dello Special Wolf e quei fatali 600 secondi
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Vincenzo Cosco, allenatore della Torres
Non sarà l’essere o non essere di shakespeariana memoria ma è comunque un quesito interessante: due punti persi o un punto guadagnato. La Torres, in quel del “Menti” di Vicenza, ha offerto una grande prova per 80 minuti al cospetto di una delle squadre, classifica alla mano, più blasonate dell’intero girone A del campionato di Lega Pro. La risposta all’amletico dubbio non è semplice e va, probabilmente, scissa in base alla tempistica con la quale arriva. Prima del match, tutti avrebbero messo la firma per un punto, dopo il fischio finale sicuramente qualcuno in meno. Il bicchiere è ovviamente mezzo pieno, i rossoblu di Vincenzo Cosco (all’esordio in campionato sulla panchina sassarese) hanno offerto una prestazione fatta di quantità, cuore, voglia e organizzazione. Poca distanza tra le linee, passaggi corti e cambi di gioco. Unico neo, dal punto di vista tattico, le prove dei terzini; a loro il tecnico chiede sovrapposizioni alternate (parte uno, rimane l’altro), Cafiero e Imparato hanno risposto presente solo in parte. Soprattutto quest’ultimo ha maledettamente sofferto, nell’arco dei primi 45 minuti, le ficcanti iniziative di Lavagnoli facendosi infilare abbastanza ingenuamente in occasione del primo gol di quel vecchio volpone che risponde al nome di Salvatore Bruno.
Da registrare il reparto difensivo in generale: in occasione della prima marcatura, il terzino sinistro “esce” troppo alto senza aver la certezza di fermare il diretto avversario, bravo nell’aggirarlo e mettere una bella palla sul secondo palo che non consente l’intervento ai restanti tre difendenti sassaresi: arriva il numero 9 di casa e fa 1-1. La seconda rete arriva per un’ingenuità individuale: Lisai si fa saltare troppo facilmente, all’interno dell’area di rigore, da Galuppini completando il disastro con il calcetto che porta il direttore di gara a concedere il penalty utile a riaprire una gara apparentemente chiusa dalla marcatura di Foglia. Il gol del pari è invece figlio di una percussione centrale dettata dal fatto che, con i dettami di Cosco, i due centrocampisti centrali (Pizza e Giuffrida) dedicano più energie alla fase di costruzione trascurando, per questioni fisiche (non sono dei superuomini), un po’ di più la copertura. Può piacere o meno, è una semplice questione di punti di vista. Meglio una Torres attenta e guardinga o una più spregiudicata interessata principalemente a fare un gol più degli altri? Probabilmente non c’è una soluzione vincente a priori (la adotterebbero tutti), non è una questione di sistema ma di applicazione dello stesso.
Se dietro si è ballato un po’ troppo, nella metà campo offensiva si è vista una squadra tonificata e ringalluzzita dall’arrivo dello “Special Wolf”. Numerose le palle gol create, almeno tre in un primo tempo che sarebbe tranquillamente potuto finire sull’1-2, costante ricerca del fraseggio corto e sfera che non rotola sul prato verde solo in occasione di repentini e costruttivi cambi di fronte. Due dei tre gol segnati non sono, tuttavia, figli della nuova filosofia che ha comunque prodotto buone trame, non finalizzate solo per casualità. Il gol di Maiorino nasce da un passaggio corto di Pizza che, una volta recapitata la sfera al numero 10, s’inserisce nei sedici metri avversari, portando via un uomo e lasciandogli tempo e spazio per scoccare il chirurgico sinistro dello 0-1. Le altre due reti nascono da una palla in uscita da un calcio d’angolo (come in occasione del gol subito dai sassaresi in quel di Salò) e da una palla lunga messa avanti per Infantino che, dopo un gran lavoro di protezione, disegna l’assist per l’1-3 firmato da Foglia.
Ultimi 600 secondi di gara fatali a un Cosco che aveva preparato al meglio la partita, con i tre uomini alle spalle di Balistreri a causare pruriti e fastidi al 3-5-2 di Marcolini, ma anche bravo (e fortunato) nell’azzeccare i cambi grazie ai quali è stata confezionata la marcatura dell’illusorio doppio vantaggio. Capitolo a parte meritano due singoli, uno sorprendente, l’altro un po’ di più: Maiorino e Baraye. L’ex Sorrento è stato il dominatore della contesa, alla pari col sempreverde Bruno, illuminando l’uggioso pomeriggio vicentino con tocchi di prima, un gran gol col “piede debole” e accelerazioni improvvise da giocatore non “alla Cassano”, come lui stesso ama definirsi. Il senegalese è piaciuto per voglia e applicazione, doti quasi mai mostrate in questo terzo di campionato. Persino l’arrabbiatura al momento del cambio (ingiusto in quel momento della gara) è piaciuta a tecnico e tifosi della Torres. E’ la reazione di un ragazzo che forse si sta ritrovando e che, finalmente, mostra emozioni (gioiose o rabbiose che siano poco importa) utili a far capire che Yves è un pezzo di Torres e non un ragazzo che passeggia per il campo in maniera abulica e svogliata.
Mauro Garau