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Jeda esulta con la maglia del Cagliari
Non sembra di avere a che fare con un brasiliano, piuttosto con un lombardo da generazioni. La voglia di parlare è tanta, così come la lucidità di Jedaias Capucho Neves, per tutti Jeda, nell’analizzare il momento no della sua Pergolettese attesa a una complicata trasferta in quel di Sassari. Ma è soprattutto incontenibile la gioia che deflagra e si riverbera quando iniziamo a parlare di Cagliari“. “Il periodo della felicità“, senza se e senza ma, tanto da considerare un errore l’addio a fine calciomercato 2010 che chiuse un’estate di emarginazione e dissapori con Pierpaolo Bisoli.
Il ritorno avverrà stavolta nell’altro capo dell’isola, e ci sarà da soffrire. “Veniamo da una beffa clamorosa, contro il Bassano, al quale come ci capita spesso abbiamo regalato troppo. Gli episodi ci hanno condannato, sicuramente non si può dire che la fortuna sia dalla nostra parte. Giochiamo bene, spesso andiamo in vantaggio e poi non siamo capaci di portare a casa tre punti”. Per la Pergolettese la vittoria manca ormai da più di un mese, nel quale si è pareggiato persino contro il Bra. “Sicuramente sentiamo anche la pressione, la concentrazione non è totale né continua, quindi paghiamo a caro prezzo gli errori che commettiamo”. Il tempo stringe, i punti dal playout sono quattro e all’orizzonte c’è un trittico composto da Torres, Spal e Renate. “Intanto pensiamo ad affrontare la Torres. Sappiamo di affrontare una bellissima squadra, la migliore del girone di ritorno e come organico una delle più valide in assoluto. L’abbiamo preparata come sempre, puntando sull’agonismo per sopperire a carenze d’organico, visto che avremo molte defezioni”.
Nel girone d’andata fermò sull’1-1 una Torres mediocre. Erano i cannibali solidi di Salvatore Giunta, che segnavano poco ma subivano quasi niente. “Giocammo molto bene nella ripresa, dopo aver subito all’inizio. Non credo che sia una questione di allenatori (Firicano è il terzo dopo Giunta e Tacchinardi ndr), siamo partiti molto bene, poi a turno sono mancati soprattutto i giocatori più importanti, compresa la mia squalifica per buona parte del girone d’andata. Siamo rimasti a lungo senza vittoria e questo ha fiaccato la fiducia del gruppo, facendo crollare le certezze e aumentando le defaillances. L’esempio è la partita con il Castiglione, pareggiata 2-2 giocando bene, proprio come contro il Bra. Credo che la Torres sia l’esempio di come non si debba mai mollare nei momenti difficili”.

Jeda in azione con la maglia della Pergolettese (foto: La Provincia di Cremona)
E dire che Jeda avrebbe potuto fare parte della Torres che nell’estate 2013 ritrovava tra mille difficoltà e un mercato a singhiozzo il professionismo. “I contatti ci sono stati, ma le cose non si sono sviluppate. La Pergolettese si è mostrata un po’ più decisa, e ha inciso il fatto che volessi rimanere vicino a casa”. Nel cremasco il compagno di reparto, peraltro utilizzato col contagocce, è Mario Chessa, portotorrese cresciuto tra Bergamo, Pavia e Lecco. “Ha grandi margini di miglioramento, un potenziale devastante, però se non giochi perdi fiducia, e si fa più complicato emergere. E’ importante non mollare e sfruttare le occasioni che sicuramente arriveranno. Purtroppo lui è stato penalizzato anche da qualche infortunio di troppo. E’ chiaro deve essere motivato, stimolato, non giocare non lo aiuta, ma in un momento di sofferenza per la squadra sappiamo che i giovani vengono penalizzati”.
A Cagliari nessuno ha dimenticato la generosità e i gol pesanti di Jeda (“Molti di testa? E’ questione di sapersi inserire e avere scelta di tempo“) arrivato nell’inverno 2007 assieme a Marco Storari e Andrea Cossu per lanciare la miracolosa e storica salvezza targata Ballardini. “Mi sentivo a casa, l’affetto della gente si manifestò subito ed era un piacere girare per la città nei momenti liberi. La prima stagione è stata la più bella. Parlare di Cagliari per me è veramente come parlare della mia vita, lo faccio come se raccontassi di mio figlio: mi emoziono esattamente allo stesso modo. Quando ci penso mi viene in mente la gioia, la felicità, sono stato bene un po’ dappertutto, ma da nessun altra parte ho vissuto quelle sensazioni come a Cagliari. La salvezza del 2008 credo sia stata un’impresa difficile da ripetere o da ritrovare nella storia, poi anche nelle due stagioni seguenti ci siamo divertiti tanto, giocavamo un bel calcio e abbiamo ottenuto risultati di grande prestigio: Agostini, Foggia, Lopez, Cossu, Larrivey, era una sinfonia, un grande gruppo”.
Tra il gennaio 2008 e il giugno 2010 le imprese non si contano. Risultati orgasmici per i giocatori e i tifosi: vittime illustri al Sant’Elia e le beffe a domicilio per Inter, Napoli e Juventus. “Alla fine di quel Juventus-Cagliari 2-3 Cellino era in estasi, una cosa pazzesca, non succedeva dai tempi di Gigi Riva che il Cagliari vincesse a Torino. E poi il gol al Napoli, rimontando dallo 0-2 (finirà 3-3 ndr), non lo dimenticherò mai. Mi è rimasto impresso il commento di Vittorio Sanna, pelle d’oca, credo fosse più emozionato lui che noi giocatori sul campo”.

Jeda esulta dopo il gol all’Udinese nel febbraio 2010
La vittoria sul Napoli aprì il girone di ritorno, e tuttora viene ricordata come lo scatto di una molla che in qualche modo ha cambiato la storia del Cagliari. “Da quel giorno in poi cambiarono molte cose, c’era grande sintonia con Ballardini e lentamente prendemmo forza. In quella seconda parte di stagione fu determinante la vittoria sulla Fiorentina, perché coronava una serie di risultati e ci fece capire che la salvezza era ormai a portata di mano. Era cambiato lo spirito, una prova di carattere unica, un girone di ritorno da Champions League fino alla festa contro la Reggina”.
24 febbraio 2010, Jeda firma l’1-0 al “Friuli” e il Cagliari è quarto in classifica. Poi cosa successe? “Mi ricordo benissimo, siamo quarti ci dicevamo in campo e nello spogliatoio, lo sapevamo. Una roba incredibile, credo che inconsciamente mancasse l’abitudine a quegli obiettivi. Fu un vero peccato, perché quel gruppo era maturo, non eravamo dei ragazzini, potevamo certamente fare di più”.
A guidare il Cagliari in campo c’era capitan Diego Lopez. “Non mi aspettavo potesse allenare in Serie A così presto, sicuramente lui conosce meglio di chiunque altro l’ambiente, e soprattutto ha una grande rapporto con il presidente, cosa essenziale. Mi fa davvero piacere per lui, spero succeda anche a me prima o poi (ride dnr). A Diego auguro il meglio, è una persona che sa trasmettere coraggio e personalità, come quando era il nostro capitano, uno dei giocatori più corretti che ho incontrato in carriera”.
Dopo Cagliari, Lecce, Novara, il mancato riscatto da parte dei piemontesi e il ritorno in Puglia, che vuol dire Serie C. “Quando l’allenatore non ti vede più c’è poco da fare - dice Jeda a proposito della ruggine con Bisoli – non me la sentivo di elemosinare un posto e a malincuore preferii andare via da Cagliari. In quel momento c’era molta freddezza nei miei confronti, a posteriori posso dire che rimanere e tenere duro sarebbe stata la scelta giusta. Penso che avrei meritato un po’ di rispetto, però ognuno ha il suo carattere e fa le sue scelte. Ero in disparte, quella situazione mi ha un po’ intristito, non volevo creare problemi a nessuno e lasciai il Cagliari”.

Jeda con Larrivey e Cossu
In altre occasioni Massimo Cellino ha mosso più di un dito per difendere qualche calciatore prediletto. “E’ da un po’ che non lo sento. Con me si è sempre comportato bene, c’è sempre stato rispetto reciproco, è uno che si affeziona ai calciatori e spesso ha trattenuto giocatori in nome dell’affezione nei loro confronti”. Potrebbe essere ai saluti: “Se dovessi scommettere un euro lo farei sulla sua permanenza, non ce lo vedo lontano dal Cagliari”.
Tornando ancora più indietro nel tempo, fa un certo effetto pensare a quel ragazzino appena 21enne che sbarca a Vicenza con provenienza Brasile e che poi dall’Italia non si muoverà più. “Non ho mai sofferto di saudade, anche perché io tutti gli anni vado spesso a casa dai miei genitori, in Italia sto benissimo, qua sono diventato uomo e un calciatore professionista. Tutti gli allenatori mi hanno dato qualcosa, Iachini (Vicenza 2003-2004) e Sonetti (Catania 2004-2005) sono come dei padri per me. A livello tecnico metto Ballardini e Allegri davanti a tutti, Max mi piaceva molto per l’approccio che aveva con i giocatori, ti insultava in modo scherzoso ma per farti migliorare, e non lesinava complimenti quando facevi bene. Disse che potevo arrivare più in alto, e ha ragione, ho perso un po’ di tempo in Serie B, arrivando in A tardi e così molti mi hanno conosciuto quando avevo ormai 30 anni”.
Cosa farà Jeda da grande? “Spero di fare un finale di campionato di buon livello, e magari portare la Pergolettese ai playout. Ho un altro anno di contratto con una società piccola ma seria e organizzata. Sto bene, mi diverto a giocare, per ora va bene così, poi vedremo”.
Matteo Sechi
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