…Emiliano Melis, fantasista nel momento sbagliato: “Vi racconto la mia carriera tra Cagliari, Torres, Selargius e quell’infortunio che mi tarpò le ali…” (VIDEO)
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Emiliano Melis con la maglia del Selargius che ha vestito dal 2009 al 2011 e dal 2012 ad oggi (foto: La Nuova)
Coloro i quali negli ultimi 15-20 anni si sono aggirati ad Asseminello non hanno dubbi. Il calciatore più talentuoso che lo sport isolano, e in particolare la tifoseria del Cagliari, deve rimpiangere risponde al nome di Emiliano Melis. Impossibile dimenticare il suo tocco felpato, il talento incastonato su un fisico gracile e poco incline alla mentalità di inizio anni Duemila, quando un chilo di muscoli in più era preferibile rispetto al potersi permettere di dare del tu al pallone. Chi non ricorda il fantasista selargino era troppo piccolo, oppure colpevolmente distratto. Lo abbiamo incontrato per rivivere una carriera non priva di rimpianti e, ovviamente, parlare del suo Selargius che fatica a confermare i proclami estivi.
Partiamo dal presente, non state attraversando un buon momento, contrariamente alle attese che vi proiettavano nei piani alti del girone. “Che dire, è vero che in estate sono stati fatti forse troppi proclami dopo i primi acquisti di spessore, però è altrettanto vero che il Selargius si è mosso in anticipo rispetto alle altre squadre, che si sono rinforzate – e bene – in un secondo momento. Succede sempre così, qualcuno inizia la campagna acquisti prima degli altri, ma poi ci si livella. Detto questo, sono convinto che la classifica non rispecchi il reale valore della squadra, allestita sicuramente per fare tutt’altro campionato. Dobbiamo prendere consapevolezza dei nostri mezzi, perché da queste parti una squadra così forte non si è mai vista“. Alle varie contingenze variabili aggiungiamo anche una lunga serie di infortuni che ha rallentato la vostra risalita. “Sicuramente gli infortuni ci hanno penalizzato molto, abbiamo più gente in infermeria che in campo. Però teniamo duro e cerchiamo di restare sereni, perché la classifica è ancora corta mentre il campionato è lungo. Prendiamo come esempio l’Ostia Mare dello scorso anno: partiti malissimo nonostante una grande squadra, sono venuti fuori alla lunga“.
Campionato molto equilibrato dove più squadre possono giocarsi lo scettro di campione. Chi ti ha sorpreso di più? “Sicuramente l’Olbia può essere etichettata come la sorpresa del campionato, una squadra tosta e quadrata che nessuno accreditava di una partenza sprint. Penso però che la corsa alla promozione sia affollata, mi hanno impressionato Terracina e San Cesareo e poi tutti parlano della Lupa come della grande favorita, anche se non ho ancora avuto il piacere di giocarci contro. In generale la Serie D è una categoria che lascia poco spazio ai pronostici, perché se si azzeccano 2-3 acquisti che inizialmente passano in secondo piano si può anche ammazzare il campionato“.
I ricordi più dolci della della tua vita sportiva sono legati al Cagliari, hai avuto la possibilità di vivere la favola che ogni ragazzo sardo
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Il giovane Melis ai tempi del Cagliari con cui ha collezionato 11 presenze in Serie A e 36 presenze e 6 gol in Serie B
tifoso rossoblù vorrebbe vivere. “Sono stati senz’altro gli anni più belli della mia carriera di cui custodisco gelosamente un ricordo indelebile. Per un selargino tifoso del Cagliari aver indossato quella maglia è stato anzitutto un grande onore. Una soddisfazione unica, che mi ha reso veramente orgoglioso“. Quell’esordio a Bologna nel 2000 con Ulivieri in panchina, brividi per la trepidazione ma non solo. “Era il 6 gennaio e mi ricordo senz’altro un freddo incredibile, entrai al secondo tempo, quindi verso le dieci di sera, ti lascio immaginare…Le gambe che tremavano, il cuore batteva, emozioni che non ho più provato, poi la tensione è svanita al primo pallone toccato, come spesso succede“. Però l’esordio era già nell’aria, Melis aveva già i tratti del campioncino fatto in casa. “Sì, diciamo che me l’aspettavo. Mi allenavo con il gruppo già da diversi mesi, avevo dimostrato il mio valore e sapevo di essere tenuto in considerazione“.
Quell’anno arrivò la retrocessione e la stagione seguenti si ripartì con Bellotto in panchina, determinati a riprendervi subito la Serie A perduta. Pronti via, quaterna al Crotone e prima pagina per Emiliano Melis, autore di una doppietta. “Ero partito benissimo, avevo fatto le prime tre da titolare e avevamo portato a casa nove punti, davvero non male. Tutto stava andando per il verso giusto, però poi acquistarono Beghetto su indicazione di Bellotto, e Suazo rientrò dalle Olimpiadi. La concorrenza là davanti divenne agguerrita e ovviamente il giovane in questi casi parte sempre svantaggiato rispetto ai Cammarata e ai Beghetto che magari hanno le spalle anni di esperienza e di gol. Venni quindi un po’ accantonato, pur restando sempre nel gruppo e giocando spezzoni. Ci speravo che potesse essere il mio anno e invece a gennaio andai ad Alessandria in C1 ad acquisire la proverbiale esperienza“. Con te, Carrus, Sulcis, Pinna e Capone era uno dei Cagliari più sardo che si ricordi. “Verissimo, il Cagliari di oggi per questo si avvicina un po’ al mio. Purtroppo anni fa gli allenatori tendevano a guardare più alla carta d’identità che alle reali qualità ed arrivò gente come Fontolan e Orlando, ottimi giocatori ma un po’ in là con gli anni, che ci tolse spazio“.
Nelle scorse settimane sono piovuti diversi attestati di stima nei tuoi confronti. Da Vittorio Sanna (Leggi qua) ad Armando Pantanelli (Leggi qua) sembrano essere un po’ tutti concordi nell’individuare in te il giocatore con maggior talento tra i ragazzi sardi che avrebbero meritato miglior fortuna. “Non è semplice trovare una spiegazione al perché non sia riuscito a restare in alto. A Cagliari sono capitato nel periodo sbagliato probabilmente, perché in rosa c’erano 26 giocatori ed emergere e trovare continuità non era semplice. Negli anni mi è sembrato che Cellino abbia capito che avere un gruppo ampio può essere controproducente e nelle ultime stagioni ho visto un Cagliari composto da 18 giocatori esperti e potenzialmente titolari con alle spalle un gruppo di giovani emergenti. Penso che questo sia il sistema migliore. Per quanto riguarda gli attestati di stima, non possono che fare un enorme piacere“. A mio avviso, per quel che può valere la mia opinione, valevi pienamente la Serie A, penso anzi fosse proprio la giusta dimensione per un giocatore con le tue caratteristiche. “Che dire, sicuramente l’entusiasmo era alle stelle, ero giovane e in una rosa di Serie A ci potevo stare tranquillamente. Poi con l’esperienza ho imparato che i campionati minori possono essere molto più difficili“. Ne è la riprova Andrea Cossu. “Esattamente, a lui è successo proprio questo. La Serie C1 era un campionato durissimo allora, molto fisico, tanto ostruzionismo in campo, arbitri che non ti tutelavano. Anche Andrea ha faticato molto, mentre poi in A ha fatto la differenza raggiungendo anche la Nazionale“.
Aggiungiamo anche il fatto che ad inizio millennio andava ancora per la maggiore l’idea di un calcio che potesse fare a meno dell’uomo tra le linee, il fu fantasista. “Verissimo, in quegli anni o facevi la punta o facevi l’esterno. Gli allenatori erano tutti fissati con il 4-4-2 e con il gioco che doveva passare principalmente dalle fasce. Uno come Zola lasciò il campionato italiano proprio per questo motivo, perché Ancelotti allora la pensava così. Si guardava più alla fisicità, quella era la moda. Oggi non è più così, il Barcellona ha stravinto tutto con lo strapotere tecnico e tutti hanno provato ad imitarne il modello“. Poi arrivò quel maledetto infortunio a Grosseto nel 2007. “Un infortunio gravissimo che compromise la mia carriera. Rimasi due anni fermo e subii tre interventi chirurgici proprio quando arrivato a metà carriera mi sentivo pronto a riprendere il volo perché il Grosseto era una squadra ambiziosa che di lì a due anni sarebbe salita in Serie B e chissà…potevo anche rientrare nel giro. Sono riuscito a recuperare al 100% ma sono dovuto ripartire dalla C2 e risalire era ormai difficile“.
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In azione nella sfortunata stagione alla Torres
Prima ci fu anche il periodo sassarese alla Torres, nel 2003. Doveva essere un trampolino di lancio, si trasformò in un lungo calvario. “E’ stato purtroppo un periodo legato a tanti infortuni. C’era Bernardo Mereu, stravedeva per me e mi richiese espressamente. Io cercavo continuità e avevo bisogno della stima e della fiducia di un allenatore che puntasse realmente su di me. Insomma, le premesse erano ottime, ma poi trascorsi quattro mesi a fare la spola tra campo e infermeria tra distorsioni alla caviglia e una costola incrinata. Non potei dimostrare tutto il mio valore, non riuscii a fare mai due settimane consecutive di allenamento senza avere qualche problema o ricaduta e a gennaio andai alla Pistoiese“.
A trentanni compiuti la decisione di tornare a casa dopo una discreta annata alla Vibonese. Due stagioni sontuose (29 gol complessivi) con la maglia del Selargius in Serie D e il tuo nome tornò a circolare. “E’ stata una scelta di vita, arrivato a una certa età e con una figlia che stava per nascere io e mia moglie decidemmo di fare ritorno a casa. I primi due anni sono stati fantastici, ho ritrovato la gioia di giocare a calcio, la giusta serenità davanti ad amici e familiari“. Arrivarono richieste dal calcio professionistico? “Sì, mi avevano cercato Latina e Pomezia, ma avrei dovuto traslocare di nuovo e poi a livello economico iniziava a non valere più la pena. E’ stata però una grande soddisfazione sentire di avere intorno ancora degli estimatori“.
Si sente spesso parlare in negativo della politica del Cagliari per quanto riguarda i giovani del vivaio. La società viene spesso additata di prendere decisioni avventate e autolesioniste che portano i gioielli del proprio settore giovanile e cercare gloria altrove. Qual è la tua opinione al riguardo? Sono cambiate le cose rispetto a quando giocavi tu? “Io sono un convinto sostenitore della qualità del nostro calcio, la Sardegna è una terra che produce talenti quanto le altre regioni. Semplicemente bisognerebbe avere il coraggio di dare spazio ai ragazzi, di buttarli nella mischia. Sono felicissimo per Murru, e lo sono doppiamente, da sardo ma anche da selargino, perché anche lui è cresciuto nel Don Orione, una scuola calcio locale. Quando c’ero io si arrivava sempre a disputare i play-off nazionali, mentre ultimamente non sono stati conseguiti risultati eccellenti, ma vedere in campo Pisano, Murru e Sau è impareggiabile, quello è il vero risultato che conta, di cui si deve andare orgogliosi. E sono convinto che il numero dei sardi possa aumentare ancora, basta volerlo“.
Matteo Sechi
GUARDA IL VIDEO DELLA PARTITA CAGLIARI-CROTONE, PRIMA GIORNATA DEL CAMPIONATO DI SERIE B 2000/2001 DURANTE LA QUALE EMILIANO MELIS REALIZZO’ UNA DOPPIETTA