Milan-Cagliari, sala stampa – Zeman: “Bando a psicologia o fortuna-sfortuna, il Cagliari va salvato. Sosta? Sarà dura…”

Zdenek Zeman incassa la prima sconfitta della sua seconda gestione cagliaritana
Fiacco, opaco e pure sfortunato. Il Cagliari esce dal “Meazza” sconfitto dopo aver sognato di poter ripetere le gesta dello scorso ottobre, quando calpestò l’Inter di Mazzari. Le premesse c’erano tutte: un Milan in affanno e contestato pesantemente dalla curva (oggi ammutinatasi in favore di un eloquente striscione che recitava: “Game Over”). Serviva una vittoria, come ogni domenica del resto, si torna a casa con un pugno di mosche e tanta paura in saccoccia. Paura di non farcela, anche se Zdenek Zeman continua a credere nella rimonta: “Mancano ancora dieci partite, dobbiamo crederci, abbiamo il dovere di farlo e penso sia giusto pensare positivo”, dice il boemo in sala stampa a San Siro.
A colpire sono stati i ritmi flemmatici quando invece il Cagliari avrebbe dovuto aggredire un Milan in grave crisi: “Anche io vorrei che la squadra giocasse 90′ a ritmi alti senza sbagliare passaggi e dribbling. Il calcio però è fatto così – dice Zeman – Io penso che la squadra abbia fatto bene, abbiamo sfiorato il gol con Sau dopo 5′, poi ci abbiamo provato, forse con un po’ di confusione. Sul rigore avete visto tutto. L’arbitro ha sbagliato, come magari ha sbagliato a nostro favore su qualche punizione. In quel caso però è stato decisivo per noi, in senso negativo”.
L’impressione è che il Cagliari abbia regalato tanto. “Sul primo gol c’è un errore su una palla in nostro comodo possesso – analizza Zeman- Sul secondo gol i giocatori guardavano per terra anziché i riferimenti per la marcatura a zona”. E’ un Cagliari discontinuo nel corso del match: “Non ho la medicina. I giocatori si devono applicare, sapere cosa fanno e perché lo fanno. Al momento abbiamo troppe pause e andiamo in difficoltà. E’ questione più di testa che di gambe, a mio avviso”.
La squadra vista nel primo tempo, positiva per 15′, può ancora pensare di salvarsi? “Io penso ancora alla palla gol avuta con Sau al 5′. Per me all’inizio abbiamo fatto bene, poi ci siamo spenti”. Colpiscono, oggi, le assenze di tutti i senatori: il solo Cossu, nel finale, ha avuto spazio. “Ho una rosa abbastanza ampia, di partita in partita sceglierò l’undici migliore”, taglia corto Zeman, senza dare spazio alle motivazioni extra-calcistiche che possono esserci alla base delle scelte.
Intanto ora c’è la sosta: “Non sarà facile lavorare, 7 giocatori andranno via con le loro Nazionali. Bisognerà lavorare su fisico e mentalità. I ragazzi non si devono creare alibi, devono andare avanti credendo in quello che fanno. Fortuna e sfortuna non esistono. Dobbiamo migliorare, solo così possiamo avere speranze. Lasciamo perdere la psicologia, sono qua per cercare di salvare il Cagliari e bisogna dare tutto”, sentenzia uno Zeman molto deciso nelle parole e nell’espressione facciale.
Sorriso rilassato per Filippo Inzaghi che torna al successo col suo derelitto Milan. “La squadra è stata brava oggi, non è giusto parlare di fortuna in relazione a rigori o traverse. Dopo 10′ eravamo un po’ spaesati, poi abbiamo ripreso a giocare, come a Firenze. Sapevamo che il Cagliari poteva farci male con i suoi uomini là davanti, ma con questo sistema di gioco andiamo spesso in gol e potevamo chiudere con un risultato molto più rotondo. Mancano dieci partite, dieci finali. Dobbiamo continuare a giocare con questo spirito, recuperando gli infortunati torneremo a giocare un buon calcio”. Il pubblico ha contestato platealmente: “Dispiace tanto, ma la loro scelta va comunque rispettata. Spetta a noi far reinnamorare i nostri tifosi, con buon gioco e vittorie”. La squadra è rimasta unita anche nei momenti più difficili: “Se non fosse stato così, mi sarei già fatto da parte”. Se Mexes non avesse indovinato il nuovo, immediato vantaggio… “Siamo stati ingenui sul gol del pareggio, ma più che fortunati siamo stati bravi in occasione di quel calcio d’angolo. Teniamoci il buon risultato, possiamo finire degnamente questo campionato”.
dall’inviato a Milano, Matteo Sechi