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Basket – Schiffini: “L’Olimpia è come una famiglia. La Serie B arriva nel momento giusto”

Postato il 12 giu 2014
da : Sardegna Sport
Comment: Off
Tag: dnb, olimpia cagliari, schiffini

22368_emanuele-schiffiniCompirà 37 anni tra poco più di un mese, ma in campo corre quanto un ventenne. Forse anche di più. Emanuele Schiffini, per l’Olimpia Cagliari, è molto più che un semplice giocatore. Oltre a esserne capitano, nel vero senso della parola, è anche una bandiera, un leader, un esempio di passione, dedizione e amore per la pallacanestro. È il primo guerriero a buttarsi nella mischia e l’ultimo ad arrendersi. E dopo anni passati a inseguire una palla a spicchi sui campi delle minors di mezza Italia, domenica scorsa ha coronato un sogno: la promozione in Serie B con la canotta biancoverde

Per te, capitano e cuore dell’Olimpia, il salto di categoria ha sicuramente un sapore speciale.
È una sensazione davvero unica, perchè l’Olimpia non è solo una società, ma una vera e propria famiglia. I compagni di squadra sono come fratelli, i dirigenti come zii. C’è un rapporto davvero familiare, anche se, quando necessario, si sanno comunque mantenere le dovute distanze. Aspettavo la B da dieci anni, quando lasciai Arezzo per rientrare a Cagliari. A differenza di alcuni miei compagni avevo già vissuto la gioia di una promozione dalla B2 alla B1, ma questa ha avuto davvero un sapore speciale. Forse perchè l’aspettavo da tanto tempo.

E in effetti questa promozione ha radici lontane.
Sono arrivato all’Olimpia nel 2006, sposando un nuovo progetto. C’erano anche Enrico Peretti e Marco Sirianni. Perdemmo la finale per la promozione in C1. L’anno successivo arrivarono anche Michele Mastio e Federico Manca, e così venne a formarsi il nucleo storico che è riuscito a fare il grande salto dalla C2 alla B. Abbiamo vissuto degli anni molto intensi, che non hanno mancato di riservare anche dei momenti difficili. Ma noi non abbiamo mai mollato, così come la società, che ha fatto dei sacrifici importanti. E alla fine mi pare di poter dire che il duro lavoro ha dato i suoi frutti.

Con l’Olimpia in B può riaccendersi una fiammella di speranza per il basket a Cagliari?
A dire il vero la speranza non è mai venuta meno per chiunque negli ultimi anni abbia cercato di fare basket a Cagliari. Ma un aspetto che non deve mai mancare, secondo me, è la programmazione. La politica dei piccoli passi paga sempre, ed è meglio non rischiare se non si è sicuri. Anche in virtù di questo credo che all’Olimpia ci siano tutti i presupposti per fare bene. Il prossimo sarà un campionato diverso, molto più difficile. Dovremo gettare delle basi e provare a consolidarci anno dopo anno. Sperando che il pubblico di Cagliari cominci a sostenerci di più.

Hai toccato un tasto dolente: le tribune del PalaRockefeller offrono spesso uno spettacolo desolante.
È vero, e questa è una cosa che mi lascia l’amaro in bocca, se devo essere sincero. Il pubblico cagliaritano ha il palato fine, non si lascia entusiasmare facilmente. Se vinci ti segue, altrimenti non se ne parla. Forse perchè troppe volte è stato tradito dal proprio amore. Mettiamola così.

La promozione arriva nel momento giusto nella storia dell’Olimpia?
Secondo me sì, i tempi erano maturi per il salto di categoria. Dopo tanti anni di sacrifici abbiamo raggiunto una certa solidità societaria e anche tecnica. Quando c’è stato qualche passo indietro abbiamo avuto la forza di correggerci e di riprendere a correre. Questa è stata la nostra forza. Per cui dico sì, la promozione è arrivata nel momento giusto.

Chi non ti conosce si domanda come faccia tu, a quasi 37 anni, a dare filo da torcere ad avversari ben più giovani di te. Domenica scorsa sei stato il top scorer, e anche nel corso dei playoff eri stato tra i più positivi. Qual è il segreto di Schiffini?
Effettivamente è stata una stagione fortunata sotto tanti punti di vista. Il merito lo attribuisco al fatto che sono un innamorato folle di questo sport. E poi c’è la famiglia: quando sei sereno nella vita privata, tutto va per il meglio. Sono un marito felice e un papà felice, e questo mi permette di esprimermi al meglio anche in campo.

Riviviamo l’annata dell’Olimpia: dopo le otto vittorie consecutive a inizio stagione sembrava tutto facile.
È stato un concorso di fattori. Nei primi mesi si è creato un clima di grande entusiasmo grazie all’arrivo di un nuovo allenatore e di giocatori di spessore come Pintor, Ganguzza e Putignano. La partenza è stata spettacolare, poi sono arrivate le prime difficoltà. Quando vinci tutti ti aspettano e mettono quel qualcosa in più per provare a batterti, è inevitabile. Ma anche nei momenti difficili siamo rimasti uniti: merito del gruppo e del nostro coach Simone Grandesso. Un bravissimo comunicatore che con i suoi modi educati e garbati ha saputo gestire ottimamente anche le situazioni più delicate. Non era facile per lui, da esordiente in C1.

La seconda parte di regular season, invece, vi ha visti in difficoltà. La sconfitta casalinga contro Calasetta è stata forse il punto più basso della stagione.
Era un momento in cui non giocavamo bene. La buona volontà non è mai mancata, ma, pur volendolo, non riuscivamo a darci una mano l’un l’altro. A volte, anche per troppa generosità, provavamo a risolvere i problemi individualmente anzichè di squadra. Inoltre a un certo punto si è fatta sentire anche la stanchezza. Non vorrei che questa fosse recepita come una scusa, ma tanti di noi ogni giorno vanno a lavorare. C’è chi entra in sala operatoria, chi passa la giornata in ufficio e chi alle 6 sale in macchina per attraversare la Sardegna da un capo all’altro. Anche questo è un aspetto importante, che a metà stagione ci ha presentato il conto. Ma anche nei momenti bui la nostra forza è stata quella di dirci le cose in faccia. L’Olimpia è una squadra fatta da uomini che si rispettano. E in questo modo è più semplice superare le avversità.

Ai playoff siete arrivati un po’ scarichi. Ma a Viterbo, in gara 2 dei quarti di finale, è scoccata una scintilla.
In quelle due partite abbiamo vissuto lo stesso “film” poi rivisto domenica scorsa nel corso dell’ultimo quarto contro l’Accademia. Avevamo le spalle al muro, e ci siamo resi conto che per tanti di noi poteva essere l’ultima occasione per arrivare alla Serie B. In quel momento ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo, riuscendo a ribaltare la serie.

Sempre a Viterbo, ma contro la Stella Azzurra, ti procuri una lussazione alla spalla dopo uno scontro di gioco. Si parla di settimane di stop, ma neanche a dirlo due giorni dopo sei in campo.
Questa è una cosa che ho sempre avuto nel mio carattere: mi piace talmente tanto giocare, lo faccio con così tanta voglia, che preferisco mille volte sopportare il dolore piuttosto che rimanere a guardare.

Arriviamo a domenica scorsa: sotto di tredici, a dieci minuti dalla sirena, sembrava praticamente finita. Eppure non avete smesso di crederci.
Effettivamente c’è stato un momento all’inizio del terzo quarto nel quale mi sono accorto che eravamo davvero in difficoltà. Ma nonostante questo non ci siamo buttati giù, e abbiamo cercato di mantenere alta l’intensità per farci trovare pronti nel caso in cui l’inerzia fosse cambiata. Della partita di domenica, però, mi preme sottolineare le grandi prestazioni di Stefano Chessa e Giaime Cocco: due ragazzi giovani, che mi hanno dato davvero delle grosse soddisfazioni. Hanno lavorato sodo durante tutta la stagione, ci hanno creduto e alla fine hanno avuto ragione loro.

Anche coach Grandesso, con le scelte coraggiose operate nell’ultimo quarto, ha fatto la sua parte.
Simone è stato eccezionale. Tutti gli allenatori che si sono succeduti in questi anni mi hanno dato fiducia, a partire da Claudio Corsi, che voglio ringraziare per avermi fatto entrare nella famiglia Olimpia quasi dieci anni fa. Ma se quest’anno sono riuscito a esprimermi a certi livelli, è perchè il coach ha creduto in me. Sono contento anche per lui, si è meritato questa soddisfazione. Ha vinto e ora è in Serie B con l’Olimpia.

In queste settimane ci sono state aspre polemiche a proposito del torneo che ha messo in palio un posto in DNB. Qual è la tua opinione in merito?
Non ho nessun problema a dirlo: al termine della partita con l’Accademia sono andato dal presidente del comitato Bruno Perra e l’ho ringraziato. Disputare il torneo poteva essere giusto o non giusto, ci sono stati scambi di opinione e tante polemiche. La Federazione ha deciso di farlo e noi ci siamo adeguati. Nel momento in cui è venuta fuori la possibilità ci siamo chiusi nello spogliatoio assieme ai dirigenti, abbiamo discusso e alla fine abbiamo deciso di partecipare. Per me è stato come vincere qualsiasi finale dei playoff, quindi dico grazie alla Federazione per avermi dato questa opportunità.

Al termine di questa annata speciale hai dei ringraziamenti particolari da fare?
Se mi dovessi fermare a ringraziare tutti quelli che lo meriterebbero ne verrebbe fuori un elenco interminabile! Ad ogni modo, dico grazie soprattutto a mia moglie e ai miei figli. Se tutto è andato così bene è anche per merito loro.

Ovviamente Schiffini non ci pensa nemmeno lontanamente ad appendere le scarpette al chiodo.
Assolutamente no, fino a quando avrò il permesso di mia moglie continuerò a giocare! Anzi, a volte è proprio lei che a volte mi prega di andare all’allenamento, perchè sa che se non gioco divento intrattabile! E poi non potrebbe mai negarmi una cosa per me così importante come la pallacanestro.
Roberto Rubiu

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