Cagliari, una sconfitta che viene da lontano

“Sono soddisfatto della prestazione“. Cosi Rastelli in conferenza stampa guarda il bicchiere mezzo pieno dopo la sconfitta contro lo Spezia, la terza consecutiva in casa. Proprio lui, cultore del “conta solo il risultato“, proferisce parole “alla Zeman”, poco coerenti con quello che è stato il suo atteggiamento per tutta la stagione. Segno di una lieve confusione, almeno sul piano della comunicazione.

Ma ha ragione Rastelli ad essere soddisfatto della prestazione? Il Cagliari, in effetti, non si è affidato ai soliti lanci lunghi e ai triangoli improvvisati visti a più riprese durante le ultime uscite. Bensì, grazie alle ottime geometrie di Di Gennaro, ha per larghi tratti comandato il gioco e provato a tessere una tela basata sulla gestione del palleggio. Con il tempo poi dimostratosi, però, del tutto sterile. La partita infatti, dopo i promettenti dieci minuti iniziali, si è incanalata in un tunnel di noia, che ha mostrato un Cagliari rinunciatario e privo di entusiasmo, quasi demotivato. Come se fosse impossibile tenere una buona andatura per più di dieci minuti consecutivi. Carenza fisica o caratteriale?

Gli sprezzanti ultimi venti minuti lasciano pensare a dei rossoblù fisicamente a posto, ma deficitari sul piano della personalità. Perché se l’inizio positivo della ripresa era coinciso con un innalzamento del baricentro, il prosieguo è scorso sulla falsariga della prima frazione, cioè con una squadra incapace di imprimere un proprio ritmo alla partita, poco cattiva in area di rigore e a tratti vittima di inutili leziosità. Brava quanto sciupona nel crearsi occasioni e sprecarle peccando in concretezza.

Sau e Farias continuano a non avere un’intesa, entrambi o si allargano o vengono incontro a ricevere la palla, pestandosi i piedi e togliendo la possibilità ai centrocampisti di verticalizzare per cercare la profondità. Il gioco si è infatti sviluppato orizzontalmente per buona parte della gara, permettendo allo Spezia di difendersi con ordine e senza grossi patemi. Riuscendo poi, quasi per caso, ma come da programma, a colpire in ripartenza per ben due volte.

Un mistero è il calo di Joao Pedro, ormai lontano parente della mina vagante ammirata per tanto tempo quest’anno. Come misteriosa rimane la scelta ripetuta di Rastelli di proporre la coppia Sau-Farias, relegando al compito di subentrante Giannetti, sempre decisivo quando viene chiamato in causa e unico, con Melchiorri infortunato, a poter cercare con insistenza la profondità.

E’ anche difficile capire per quale motivo l’allenatore campano faccia ripetutamente riferimento, prima e dopo ogni gara, alla difficoltà di rimanere sereni di fronte alle tante pressioni. Il Cagliari si affacciava alla sfida odierna con quindici punti di vantaggio sulla terza, due vittorie alle spalle, il sostegno del pubblico di casa e la Serie A praticamente ipotecata. Più tranquilli di così…

La sconfitta contro i liguri ha origini lontane e non è certo casuale, perché, checché se ne dica, non conta sempre e solo il risultato. Il primo campanello d’allarme è stato infatti una vittoria, quella contro il Pescara, dove i rossoblù per tutto il primo tempo hanno sofferto le offensive della squadra di Oddo, riuscendo a portare a casa i tre punti con due episodi fortuiti nella ripresa. Da quel momento Fossati e compagni non hanno più espresso un calcio soddisfacente per quella che è una squadra costruita per vincere (e stravincere) il campionato.

Otto partite nelle quali sono arrivate tre vittorie poco convincenti contro appunto Pescara, Vicenza e Modena. Tre sconfitte meritate contro Novara, Cesena e Perugia. Un pareggio per il rotto della cuffia contro il Trapani e una sconfitta sfortunata contro lo Spezia.

Un ruolino di marcia misero e inadeguato in un momento nel quale i rossoblù dovrebbero essere ben amalgamati e pensare più alle prove generali per la Serie A, che a combattere con vecchi fantasmi dell’anno passato, come le sconfitte casalinghe o la poca concretezza sotto porta. Un calo fisico e mentale difficilmente interpretabile e fortunatamente non decisivo solo per la mediocrità delle inseguitrici, più impegnate a rosicchiarsi punti a vicenda che a puntare con forza verso la rimonta.

La Serie A resta ad un passo, ma la conferma per il prossimo anno è ancora tutta da meritare. Questo vale per giocatori e allenatore. Nessuno, come sembra invece stia accadendo, dovrebbe adagiarsi sugli allori dell’ottimo girone d’andata. O sul proprio talento, inutile se non messo al servizio della squadra e rinchiuso all’interno di una crisalide di egoismi. Nessuno è esente da critiche, come qualcuno vorrebbe far credere, perché ha dalla sua il favore di statistiche e numeri, in questo specifico caso dal basso valore significativo. E’ giusto che chiunque si senta in discussione e i rossoblù hanno ancora otto possibilità per dimostrare a se stessi, più che agli altri, di essere una squadra completa per la massima serie; le cui lacune possono veramente essere colmate solo con un paio di innesti, come dichiarato dal Presidente Giulini poco tempo fa. Per ora il campo ha fatto capire tutt’altro, ma la ruota, si sa, è sempre in movimento.

Oliviero Addis