Prato, Capitani, Piraino: un triangolo come didascalia dello scandalo in casa Torres
Un incubo a tutti gli effetti. Per molti ragazzi l’esperienza nel settore giovanile della Torres assume giorno dopo giorno, da mesi, contorni torbidi e drammatici. Tanti di loro, catturati dal fascino di una società professionistica e dall’opportunità di giocare campionati nazionali, sperano ora che tale avventura possa concludersi presto. La gestione logistica e tecnica delle varie squadre iscritte ai campionati è stata fallimentare sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello umano. In estate le manovre societarie erano state direzionate verso l’accordo tra il presidente della Torres, Domenico Capitani e Andrea Prato, ex Assessore regionale all’Industria, inizialmente nominato a capo anche della comunicazione e insignito della carica di responsabile del settore giovanile. Inesperienza, incompetenza e improvvisazione si sono però manifestate sin da subito in una società incapace di programmare e organizzare la sua attività. Senza tralasciare i continui dissapori tra il patron e lo stesso Prato, entrato nella società assieme a quel Filippo Salaris, che proprio in questi giorni ha ufficialmente salutato la compagnia.
SIAMO ALLA SCUOLA CALCIO? Sin dai primi giorni della stagione sportiva 2014/2015, i malumori delle famiglie dei ragazzi in organico hanno avuto la loro eco nelle lamentele degli stessi giovani calciatori e degli altri tesserati, in primis quel Tommaso Movilli che dopo la trasferta di Pistoia ebbe uno scontro ruvidissimo con Andrea Prato. L’allenatore della Berretti, nauseato e tradito, decise di averne viste troppe. Drammatico il quadro dipinto da proprietà e dirigenza in questi primi quattro mesi di cammino: collette per sostenere gli allenamenti, tassa di due euro per pagare la doccia, pasti serviti negli spogliatoi, spese sostenute di tasca propria da calciatori e famiglie, una quota di adesione di 120 euro per avere il kit dell’allenamento (anche per le categorie non facenti parte della Scuola Calcio), assenza di un’autoambulanza e di un medico sul campo. Aspetti sconfortanti e difficili da trovare in altre società, non solo a livello professionistico ma anche dilettantistico, dove è noto come al termine della Scuola Calcio i tesserati non debbano più contribuire economicamente all’aspetto gestionale.
LA PAURA DEI GENITORI. Nonostante tutte le negligenze di cui sopra e le inusuali richieste rivolte dalla società alle famiglie fossero ben note da tempo (diverse le mail anonime giunte alla nostra redazione in tempi non sospetti), solo negli ultimi giorni il muro dell’omertà starebbe cominciando a sgretolarsi. Un silenzio favorito dalle stesse famiglie, intimorite forse da un sistema calcio che oggigiorno emargina i non allineati. Una situazione, insomma, insostenibile e che fa fortemente dubitare del progetto di porre basi solide al settore giovanile il quale, non sarà mai abbastanza retorico ripeterlo, costituisce e costituirà sempre l’unica certezza su cui una società debba poter contare sempre e comunque. La sensazione è quella di un arroccamento nelle proprie posizioni da parte delle due fazioni, con la proprietà che vorrebbe ma che appare impotente a rimuovere un collaboratore da essa stessa scelto per ricoprire un ruolo che invero richiederebbe esperienza e competenze maturate sul campo negli anni.
PIRAINO E PRATO: BOTTA E RISPOSTA. A sorprendere non sono però tanto le beghe interne, quanto l’incapacità (e si spera solo questa) di porre rimedio a un disastro che rischia di portare questo caso di malagestione oltre i confini dell’Isola. E’ quanto avverte Daniele Piraino (una storia variegata nel mondo del calcio), già noto prima d’ora a Sassari in virtù della militanza dei vari Accardo, Bisogno, Badami, Della Guardia, Inzerillo, Salsi. Contattato dalla società con la volontà di un coinvolgimento nel club di via Coradduzza, Piraino ha trovato semaforo rosso da parte di Prato, non disponibile ad accettare “intrusi” e ingerenze nel suo feudo. “Ho raccolto testimonianze scritte e firmate da 15 genitori – attacca Piraino – e dopo averle consegnate a Manolo Patalano (che ufficialmente non ha nessun incarico nella Torres ndr) non intendo fermarmi qui. Questo finché Prato non si farà da parte, perché quanto ho visto in due settimane di allenamenti e quotidianità dei giovani giocatori è letteralmente scandaloso“. Altrettanto dura e ferma la replica del diretto interessato, il quale ribadisce che “Piraino vorrebbe togliere spazio ai nostri giovani e trasformare la Torres in una sua succursale” ma “non ha alcun ruolo, non avrà nessun potere e non fa parte del nostro settore giovanile“, difendendo poi il proprio operato, pur facendo una parziale ammissione di colpa e individuando una serie di limiti endemici in quanto “il progetto è nato per portare giovani sardi nel calcio professionistico” ma “stiamo pagando pagando anche il nostro noviziato (di persone che investono e non prendono a differenza di Piraino), l’assenza di impianti, il fatto che i nostri non sono ancora abituati a lunghe trasferte” e più in generale “alla sana cattiveria e quant’altro si deve fare nel calcio professionistico“.
LA MELMA DEL CALCIO. Difficile, in tutto questo, capire la strategia della società, che intende chiamare una figura esterna senza apparentemente avere il potere di rimuovere chi non è più gradito all’interno dell’organigramma e invece dimostra di essere nelle condizioni di poter rispondere a tono alle accuse. Confusione e situazioni poco chiare non certo inedite in casa Torres, anche se stavolta il problema appare ben più grave, essendo oggetto del contendere ragazzi minorenni e il loro futuro. Il sospetto è che di sport e calcio, dietro tutto questo, ci sia molto poco, in un quadro che appare sconcertante anche di fronte al già melmoso contesto nazionale. Inutile evidenziare come a pagare, pur complici perché non disposta a denunciare certe dinamiche, siano coloro che costituiscono l’ultimo anello della catena: gli stessi ragazzi e le loro famiglie. Meccanismi fatti di provvigioni, intermediari poco interessati alla crescita calcistica e umana quanto invece dediti a lucrare sui sogni di gloria altrui, figure poco identificabili che ormai tengono in pugno il mondo del calcio, notoriamente inquinato dalle logiche del business, e che nulla dovrebbero avere a che fare con i vivai.
CAPITANI, COSA SEMINI? Sono questi i grandi progetti di Domenico Capitani per la Torres? ”Una partecipazione diffusa – la risposta data giorni fa in conferenza stampa – speriamo di avere presto sviluppi concreti, per avere ciò che la società si merita“. Sicuramente non si merita tutto questo. E allora perché non considerare che un settore giovanile, affinché sia florido e duraturo, vada costruito con investimenti mirati e calcolati ma per forza di cose a fondo perduto (questi sì, sacrifici), puntando su personale qualificato e idee progettuali valide e lungimiranti e non sulla politica della sopravvivenza e dell’improvvisazione. Maestranze e competenze di cui la Sardegna e Sassari non sono certo prive, risorse locali come i vari Luigi Faedda, Giovanni Mallau, Francesco Messina, solo per citare alcuni tra i più qualificati e preparati formatori sul territorio. Questioni che molto probabilmente non conosceranno mai alcuna risposta, ma sulle quali la proprietà dovrà trovare per forza di cose una soluzione in tempi rapidissimi. Così non si può certo continuare.
Matteo Sechi e Fabio Frongia