Una Torres da celebrare: nasce un anfibio che può essere tutto
Prima va a Bassano per scavare trincee all’altezza dell’area di rigore nascondendosi per 90′ e pensi che in fondo, dato che ci si affretta a considerare la compagine veneta alla stregua del Real Madrid, questa squadra abbia ben poco margine di crescita e pochi strumenti per limare i limiti. Poi si isola per una settimana a latitudini diverse respirando l’aria lacustre della sponda piemontese del Lago Maggiore a debita distanza dalle tossine cittadine e si tira a lucido per Pavia, sorprendendo in ordine d’importanza mister Maspero, i propri tifosi e i cronisti di ambo le parti. Disputando una partita gagliarda e combattiva con un atteggiamento quasi tracotante e impavido al cospetto di un avversario costruito con una ratio lungimirante e ambiziosa che guida Xiadong Zhu e il suo fido Qiangming “David” Wang verso un sogno che si chiama Serie A.
E’ la Torres di Massimo Costantino, stratega che camaleontizza e metamorfizza a proprio piacimento il reggimento di cui dispone e che per detta spiritosa dell’avanguardista Infantino ha la singolare dote di far giocare male la compagine opposta di turno. Da cassaforte inespugnabile a sagace e temerario Lupin nel giro di una settimana, il gruppo torresino è rientrato in Sardegna consapevole di aver compiuto un piccolo miracolo. Bassano e Pavia, due modi di applicare il calcio in antitesi pura che trovano convergenza e contatto nel risultato: il pareggio imposto a chi sta tirando la volata. La principale virtù della squadra sassarese risiede proprio in questo, nella capacità di saper rendere al massimo in situazioni tra loro estremamente diversificate, basando questa preziosa versatilità (che è mentale prima ancora che tattica) sulla costante difensiva registrata alla perfezione sotto il nome del duo Migliaccio-Marchetti e sulla fame di
giocatori che vogliono strenuamente dimostrare di valere il professionismo. Una forza inattesa che sta sopperendo a un mercato presenziato in fretta e furia solo nelle battute finali (Costantino va aiutato e merita, rientro degli infortunati a parte, uno sforzo a gennaio per poter disporre di valide alternative) e a un cambio della panchina in corsa che ha resettato la ricerca dell’identità obbligando a fare di necessità virtù.
La partenza al “Fortunati” ha fatto addirittura strabuzzare gli occhi. L’astuto Imperatore ha sorpreso tutti schierando un undici a lampante trazione anteriore in luogo dell’atteso plotone a protezione di Testa, forse perché persuaso che in fondo la fase difensiva del collega pavese non si fosse del tutto normalizzata nonostante il passaggio alla linea a quattro. Abbate e Biasi, in particolare quest’ultimo, stante anche un filtro in mediana inesistente, hanno sofferto come le pene dell’inferno le penetrazioni al fulmicotone di Baraye, Foglia e Maiorino, senza dimenticare la vigorosa prova offerta da Infantino. Insomma, la Torres ha giocato per vincere e, nota più lieta, ha dimostrato di saperlo fare. Ha anche subito, sofferto il tasso tecnico dei vari Cesarini, Pederzoli, Ghiringhelli e Soncin, ma ha risposto colpo su colpo, protagonista e non comparsa di una partita divertente e soddisfacente che, con una Fortuna un po’ più incline ai colori rossoblù, si sarebbe potuta tradurre in una vittoria “meritabile”. Questo malgrado le parole velenose e irritate dell’estremo difensore azzurro Facchin, che nel post partita non ha esitato a chiamare in causa protezioni mistiche che avrebbero, nelle ultime due uscite, soccorso la Torres, altrimenti destinata a ricevere 4-5 schiaffi sia contro il Bassano che contro il Pavia, dimentico forse dei suoi stessi interventi provvidenziali sulle ripetute cannonate di Maiorino.
Non resta che applaudire la squadra e attaccarsi ai piacevoli punti interrogativi sospesi attorno all’ottavo posto che i sassaresi si portano dietro sin dall’esordio vincente di Busto Arsizio. Carne o pesce? Tireremo le somme tra qualche mese, per adesso piace e non poco la natura anfibia e sfuggente alle tradizionali tassonomie della creatura costantiniana. Che parrebbe atta alla vita terrena, ma che, se deciderà di percorrerla, non troverà di certo sbarrata la strada che conduce alla lievitazione.
Matteo Sechi