Cesare Albé (allenatore Giana): “Mi racconta della Torres? Dobbiamo capire che si può anche perdere”

Chiacchierare con Cesare Albè, da vent’anni allenatore della Giana Erminio, è un’esperienza che può riconciliare con il calcio. Bando ad esasperazioni e a massicce dosi di pallone indotto per endovena mediatica, l’aria che si respira a Gorgonzola (battute a parte) è sana e salutare. Perché il rush compiuto in tre anni dal gruppo di giocatori che 

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Cesare Albè, alla guida della Giana Erminio da 20 anni.

Cesare Albè, alla guida della Giana Erminio da 20 anni.

Chiacchierare con Cesare Albè, da vent’anni allenatore della Giana Erminio, è un’esperienza che può riconciliare con il calcio. Bando ad esasperazioni e a massicce dosi di pallone indotto per endovena mediatica, l’aria che si respira a Gorgonzola (battute a parte) è sana e salutare. Perché il rush compiuto in tre anni dal gruppo di giocatori che dalla Promozione sono arrivati a giocare la Serie C è stato talmente repentino e inatteso che restano intatte, ancora adesso, quelle abitudini da calcio d’altri tempi, quando l’avversario lo si conosceva per le cronache sui giornali e per i sentito dire. “Ma che bella squadra la Torres! Non ho visto tantissimo, però ne parlano tutti bene, mi sa dire qualcosa di più? Sa, non abbiamo tanti osservatori che ci possano riferire” esordisce il ‘Ferguson di Gorgonzola’, come hanno preso a chiamarlo dalle sue parti da un po’ di tempo a questa parte. E non si capisce se la sua sia un’ammissione sincera o una furbesca, ma comunque gradita prova di tattica modestia. S’informa su Maiorino, vuol sapere come gioca la squadra, il suo centravanti. Si cerca di riportarlo sul binario iniziale, è della Giana che dobbiamo parlare.

Massimo Costantino dice che le due squadre si somigliano e che teme di dover andare a Monza per fare la partita. “Sicuramente ha tutte le ragioni per dire quello che ha detto – risponde Albè eludendo candidamente la domanda – ma non saprei come replicare, perché tra i nostri difetti attuali c’è quello di non aver ancora imparato a calarci nella parte. Non sappiamo leggere benissimo la partita e ci siamo trovati nella situazione di provare a imporre il gioco e di non riuscirci, per cui penso che sia nella nostra natura, attualmente, di attendere l’avversario”. Pochi fronzoli e tanta aggressività, a scoprire la Serie C c’è voluto ben poco. “Dobbiamo ancora metabolizzare bene questa categoria, ma ho notato sinora che si preferisce giocare sulla seconda palla, con lanci a scavalcare il centrocampo cercando di sfruttare al meglio contrasti e ribattute“.

Considerando che il giocatore più ‘esperto’, Simone Perico, prima dell’inizio del campionato aveva collezionato poco più di 30 presenze nei pro, gli 8 punti in campionato e il pareggio di Bassano la dicono lunga sulle potenzialità della squadra. Una squadra abituata a primeggiare per tre anni può però fare fatica ad accettare che le partite si possano anche perdere e che durante i 90′ bisogna saper tenere i nervi saldi. “Dobbiamo imparare a non stupirci quando arrivano i momenti in cui subiamo l’avversario, imparare a non innervosirci e a evitare inutili espulsioni, come ad Arezzo per esempio, dove abbiamo chiuso in nove e perso la partita. Stiamo cercando di far capire ai ragazzi che adesso non si può sempre vincere. Eravamo dilettanti allo sbaraglio, vediamo di trasformarci in dilettanti che sanno essere professionisti“. Il triplice salto non ha stravolto il modo di allenare ma ha obbligato la società a rivedere il calendario e gli orari della settimana. Prima ci si allenava rigorosamente dopo le 18 perché i giocatori hanno tutti un lavoro, ora che si è approdati in Serie C le abitudini sono dovute forzatamente cambiare: dai tre allenamenti settimanali si è passati ai 4/5 e le sedute sono state fissate per il primo pomeriggio. “Purtroppo non tutti i ragazzi riescono ad avere un permesso di lavoro e questo un po’ ci penalizza” ammette il tecnico biancoblù.

L’entusiasmo e la curiosità attorno alla squadra del presidentissimo Oreste Bamonte, 78 anni all’anagrafe dei quali 30 passati alla guida della Giana, restano alti nonostante il trasloco a Monza, in attesa che il “Comunale” di Gorgonzola adempia in tutto e per tutto al rigido protocollo della LegaPro. “Non l’abbiamo vissuto benissimo, inutile nasconderlo – confida l’allenatore – penso che ci sia un enorme differenza nel giocare davanti a mille persone in uno stadio vuoto per oltre il 70% rispetto al giocare in un impianto più raccolto che dà l’idea di essere una piccola bolgia. Le partite casalinghe è come se le giocassimo fuori casa, sentiamo poco calore. Siamo grati a Monza, ma abbiamo bisogno di sentire i nostri tifosi più vicini e speriamo per gennaio di poter tornare a casa“. Con Perna che dovrà scontare proprio contro la Torres la terza giornata di squalifica e gli acciaccati Spiranelli, Rossini e Di Lauri che siederanno tutti in panchina, il tecnico martesano confermerà il modulo 4-3-3 in luogo del vincente 4-2-3-1, accantonato temporaneamente perché poco adatto agli uomini disponibili. “Se affinano i propri pregi e imparano ad essere più smaliziati durante la partita, questi miei straordinari ragazzi potranno togliersi ancora tante soddisfazioni“. E la favola potrà continuare.

Matteo Sechi

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