Serie D – Andrea Usai, un gol per l’impresa: “In alto a trent’anni? Perché mi diverto…”
Quello di Fondi, che ha dato al Latte Dolce tre punti pesantissimi e contro pronostico, è stato per Andrea Usai il primo gol realizzato da quando è diventato papà. Una gioia indescrivibile, che l’agognata salvezza con la maglia dei sassaresi potrà soltanto avvicinare. Ma il traguardo per i ragazzi di Pierluigi Scotto è vicino, seppur tutto da conquistare, alla luce del viatico intrapreso nell’ultimo mese.
Quanti rimpianti ci sono per i punti persi per strada che oggi vi farebbero stare tranquilli? “Senza dubbio guardando indietro c’è da mangiarsi se non le mani qualche dita. Abbiamo preso coscienza dei nostri mezzi, anche se ce l’avevamo già dall’inizio del campionato. I due punti persi a Selargius, oppure in altre circostanze dove meritavamo almeno il pareggio e siamo usciti dal campo a mani vuote, sicuramente pesano, ma ormai è acqua passata. Siamo abituati a lavorare a testa alta, andando a rompere le scatole anche a qualche squadra più blasonata”.
A proposito, arriva la Lupa Roma. Non avete nulla da perdere… “Adesso siamo fuori dalla zona playout, ma il campionato è duro e di partite facili da qui alla fine ce ne saranno ben poche. La Lupa Roma è una squadra allestita per vincere il campionato, a livello di budget e di valori tecnici non c’entra nulla con la Serie D, e si possono considerare senza dubbio superiori. Sarà dura, ma noi ci proveremo, riteniamo di potercela giocare contro chiunque, senza presunzione. Dobbiamo fare più punti possibile, se arriveranno contro una squadra di caratura superiore come la Lupa Roma tanto meglio”.
Con che spirito vi siete approcciati ad un campionato del tutto nuovo per molti di voi, compreso Usai? “Sapevamo che sarebbe stato un campionato difficilissimo. Molti meritavano da tempo la Serie D, i tanti giovani che abbiamo in rosa credo possano ambire al professionismo. Riusciamo a sopperire al deficit di esperienza grazie alla preparazione del mister, che studia tanto, conosce e ci fa conoscere gli avversari di turno. La nostra vittoria sarà la salvezza, sulla quale nessuno avrebbe scommesso un euro e che ora è alla portata, facendo tutti gli scongiuri”.
Qual è l’arma letale di questo Latte Dolce? “L’organizzazione, difensiva ma direi generale. Davanti abbiamo giocatori come Falchi e Delizos, oltre a me che ho ritrovato il gol e sono in un buon momento. Cerchiamo di difenderci e poi con le nostre punte proviamo a pungere quando ce lo permettono, come avvenuto domenica. L’organizzazione è l’arma migliore, quando riesci a non sfilacciarti sei sicuramente avvantaggiato. Il mister è molto meticoloso e ci ha inculcato la cultura del lavoro”.
Che giudizio dai del momento nero del calcio sardo in Serie D? “Non me l’aspettavo, eravamo quelli considerati spacciati e vedere altre formazioni blasonate (non solo sarde) indietro rispetto a noi fa un certo effetto. La situazione delle squadre sarde è brutta, ma testimonia che avere grandi nomi non assicura risultati. Nella migliore delle ipotesi credo che un’altra formazione sarda accompagnerà il Porto Torres, ma potrebbe anche andare peggio. Penso che molte squadre sarde sbaglino nel non valorizzare i vivai come fa il Latte Dolce, che ha un’età media tra le più basse di tutta la Serie D”.
Vivaio di via Leoncavallo che non è solo Masala. Chi ti sta colpendo maggiormente? “Sicuramente Alessandro non ha bisogno di presentazioni. Mi piace però parlare di gente come Gambella e Chessa, che secondo me starebbero bene anche in categorie superiori. E’ vero che giocano perché fuori quota, ma io li farei giocare entrambi a prescindere. Gambella è un esterno difensivo che ha grande intelligenza calcistica, sa fare tante cose. Chessa è un difensore centrale difficile da trovare tra i più giovani. La difesa e i pochi gol subiti sono anche un indice della qualità di questi due ragazzi. Li associo a Masala, senza esagerare, per quanto riguarda un potenziale futuro radioso”.
Cosa rispondi a quelli che collegano i vostri risultati al campo in cui giocate? “Sicuramente nelle due stagioni concluse con le vittorie dei campionati (Promozione ed Eccellenza ndr) è stato un vantaggio, quest’anno no. Anzi, contro squadre organizzate come quelle che trovi in Serie D fai fatica a trovare spazi. In trasferta quest’anno abbiamo giocato bene, ottenendo risultati su campi ampi dove potevamo giocare sulle fasce, fraseggiare e distenderci. Speriamo da domenica di cambiare tendenza, non sarebbe male (ride ndr)”.
Usai, classico giocare che dove lo metti sta, l’uomo che tutti gli allenatori vorrebbero… “Non devo essere io a dirlo. Sicuramente il mister mi ha sempre dato fiducia, lui dal centrocampo in su mi ha provato un po’ dappertutto e io mi sono sempre messo a disposizione. Sono contento di quello che sto facendo, al mio primo campionato di Serie D. Manca solo la ciliegina della salvezza. Io dove mi mettono gioco e cerco di dare tutto. Mi reputo un trequartista, ma ho giocato anche in mediana e di punta, non mi sono fatto mancare niente”.
Quanto ti rode essere arrivato a questo livello solo a trent’anni? “Arrivati a questo punto, ad essere onesto, qualche rimpianto c’è. Anche perché fino ai 23 anni sono stato costretto a rimanere in Seconda Categoria (prigioniero della Wilier ndr). Nel mio piccolo qualche soddisfazione sono riuscito a togliermela, e forse quegli anni in Seconda Categoria mi hanno forgiato. Alla fine a 30 anni sono arrivato in Serie D. Non guardo troppo indietro sennò c’è solo da mangiarsi le mani. Ho sempre visto il calcio come un divertimento e mai come un lavoro. Forse è anche questa filosofia che mi ha permesso di arrivare dove sono adesso”.
Fabio Frongia