La cosa più triste è che, anche quando la squadra aveva un vantaggio incoraggiante, in pochi credevano ad una vittoria e tanti intravedevano l’ennesima beffa in volata. Così è stato, la Dinamo Sassari non vince un testa a testa (e un supplementare) nemmeno a pagarlo oro, incassa schiaffi a destra e sinistra, svilendo sempre più se stessa e chi la ama. Quadro malinconico, quello a tinte biancoblù, dove i buoi sono scappati dalla stalla molto prima degli ultimi due capitomboli. Varese e Brindisi doveva essere l’ambo pre-pasquale, è diventato un altro trampolino per mettere in piazza tutta la pochezza del progetto.
CLICCA QUI – Tonfo Dinamo a Brindisi: leggi cronaca, statistiche, interviste e pagelle!
Da difendere ormai c’è poco. Senza uno scatto prepotente che squadra e coach-GM non paiono in grado di offrire, i playoff si allontaneranno fino a svanire, completando un’annata fallimentare come non mai. I risultati e le prestazioni sono lì ad accartocciare puntualmente ogni vuota excusatio, proferita ora da Federico Pasquini – faceva quasi pena la onesta e disarmata disamina di Brindisi – ora da Stefano Sardara, la cui tesi richiamante il non-ribaltone post-Capo d’Orlando all’andata fa acqua da tutte le parti.
Anche perché il gruppo non pare più granitico (ammesso che lo sia mai stato), non fosse altro perché Pasquini ha pure smesso di chiamare in causa giocatori un tempo fondamentali (emblematica la prolungata assenza di rotazioni nella corrida brindisina), e lo stesso presidente che a parole difende il suo fido coach ha rinnovato diversi elementi per il 2018/2019. Un cortocircuito confuso, dove la colpa non è del nocchiero ma nemmeno della squadra. Sicuramente è del capo, ottimo manager che benissimo parla di futuro e strategie aziendali abbinate allo sport, ma che sul fronte sportivo ne azzecca poche ormai da tempo. Un allenatore vero e qualcuno che gli dica anche “no” o “stai sbagliando”, in casa Dinamo tutto ciò è chimera. Per il momento – abbeverandosi del messaggio pasquale via social – spazio a una “riflessione profonda che però non faccia smarrire la strada”.
Rimesse, errori marchiani, giocatori sbagliati, tutto è lì sul piatto, tanto che ogni tentativo di rattoppare non fa altro che risultare ridicolo e rinforzare un ovvio malumore generale. Come spesso avviene, l’inadeguato coach – pieno di colpe, s’intende – è buono per fare da parafulmine e nemico pubblico. Un qualcosa che fa sempre comodo. Succede a tutte le latitudini. Sta succedendo anche nell’isola felice sassarese.
Claudio Inconis