Lo rivela un’analisi de La Gazzetta dello Sport: “Sardi mosche bianche con Crotone e Torino”
Come rileva il quotidiano milanese, il calcio italiano “dipende troppo dai proventi tv e cresce poco negli altri settori, facendo crescere i debiti con banche, Fisco e fornitori, puntando solo sugli aggiustamenti tramite plusvalenze, non sempre cristalline”. Da 18 anni il risultato aggregato non mostrava il segno più, ma i debiti sono arrivati in modo esponenziale negli anni a quota 2 miliardi netti (3.5 lordi), mentre il flusso di cassa langue, segno di come in definitiva di soldi veri ne circolino pochi, al di fuori degli artifici di bilancio. “Da una stagione all’altra le plusvalenze della Serie A sono raddoppiate: dai 347 milioni del 2015-16 ai 690 del 2016-17”, scrive La Gazzetta dello Sport, che però punta il dito contro “le plusvalenze quando non sono altro che operazioni di cosmesi contabile, in cui il denaro non si vede e i valori dei calciatori vengono gonfiati artatamente tra club che si ricambiano il favore. Prima o poi la resa dei conti arriva”.
Intanto si dipende dai diritti tv (si attendono con ansia certezze dal neoentrato MediaPro) e dal credito bancario (debiti verso le banche e gli istituti di factoring sono arrivati a 1,289 miliardi: erano 1,175 nel 2015-16 e sotto il miliardo (977 milioni) cinque anni fa, fonte Gazzetta dello Sport). Non meglio va sul fronte del Fisco e dei fornitori, con il Chievo che ha 20 milioni di debiti con l’erario, mentre l’Udinese ha appena transato per 11,7 milioni, e il Genoa sta pagando una pesantissima rateizzazione tra Iva e Irap pregresse.
E poi ci sono i conti ballerini, come il Palermo che è in tribunale (istanza di fallimento) nonostante un conto economico in equilibrio. Il tutto stride con i profitti di Napoli e Juventus, grazie a plusvalenze e Champions League, che mettono in evidenza i problemi degli altri e del sistema calcio italiano. Scrive ancora la Gazzetta: “I diritti tv (compresi i proventi da coppe europee) pesano per il 56% (1,262 miliardi) contro il 22% del segmento commerciale (496 milioni) e appena il 10% dello stadio (230 milioni); il restante 12% è relativo ad altri ricavi, inclusi quelli non monetari come la capitalizzazione dei costi del vivaio”. Le fonti di entrata sono poche e mal sviluppate, salvo rarissime eccezioni ai vertici, ma nel mezzo e in basso si soffre eccome.
Tra gli esempi virtuosi, la Gazzetta dello Sport inserisce anche il Cagliari, assieme a Torino e Crotone. “La differenza, in termini di virtuosismi, la fa la gestione caratteristica, escluso il mercato: le conduzioni più equilibrate sono quelle di Torino, Cagliari e Crotone, non a caso le uniche società di Serie A – assieme al Napoli – a non fare ricorso al credito bancario. Mosche bianche”.
Il Cagliari ha chiuso in attivo anche il bilancio 2016/2017, terzo esercizio utile su tre della gestione Giulini. I profitti ammontano a 700 mila euro (fonte: Gazzetta dello Sport) grazie al milione di euro di paracadute nella stagione di Serie B. Non c’è eccessivo ricorso al trading (plusvalenze per 6.5 mln netti) e c’è ottimo ricavo commerciale. Ovviamente l’obiettivo del nuovo stadio (si sogna di inaugurarlo nella stagione 2021-2022) rappresenta il culmine della crescita del club e della gestione Giulini.