Mai più un Van der Wiel

La considerazione a margine della chiusura del mercato di gennaio

Bruno Alves saluta Cagliari dopo una sola stagione (foto: Zuddas)

Bruno Alves saluta Cagliari dopo una sola stagione (foto: Zuddas)

Tutto è cominciato da Marco Storari. Con l’arrivo dell’allora vice-Buffon il Cagliari di Tommaso Giulini si apprestava ad affrontare il ritorno tra i grandi della Serie A, dopo la prima disastrosa stagione del patron milanese. Il portiere siciliano arrivò in pompa magna e fu accolto tra folle festanti di tifosi, che vissero con gioia ed entusiasmo quello che effettivamente pareva un acquisto extra-lusso per la cadetteria, viste le vittorie recenti con la maglia della Juventus.

La realtà, però, fu un’altra, e quello che doveva essere un’autentica saracinesca si rivelò un numero 1 sul viale del tramonto. Una stagione abbastanza deludente ed un finale di rapporto incredibile, con la contestazione della curva e la successiva triste vicenda della fascia di capitano revocata all’improvviso, tra scuse poco credibili e imbarazzanti silenzi, portò ad uno degli adii più burrascosi della storia recente del Cagliari.




Quello di Storari è stato il primo di una serie di acquisti che in gergo economico, pensando alle squadre di calcio come delle aziende, verrebbero definiti “di marketing“: l’approdo in Sardegna di cosiddetti “big” (o presunti tali) a carriera più che inoltrata, che grazie al solo nome sulla maglia riescono ad infiammare la folla, ancor prima di verificarne l’effettivo rendimento sul campo. Per loro parla il curriculum e il blasone acquisito in campo internazionale. Una pratica fino a qualche anno fa totalmente sconosciuta dalla piazza rossoblù, certamente mai predicata e anzi spesso criticata da Massimo Cellino, che qualcosa di simile la fece solo con sua maestà Gianfranco Zola, tra l’altro non senza tentennamenti.

Volendo essere cattivi, lo stesso Zdenek Zeman potrebbe rientrare in questa categoria di operazioni, ma l’ingaggio del Boemo si è poi capito avere altri risvolti, tra cui l’inesperienza e la voglia di rottura con il recente passato. Ci rientra in pieno, invece, Bruno Alves. Il portoghese campione d’Europa che arrivò a Cagliari come un Franco Baresi qualunque e che, mestamente, ripartì a fine stagione dopo qualche bella partita e tante marcature sbagliate. Finendo per giocare in una squadra (Rangers) in grado di farsi eliminare nelle fasi preliminari di Europa League dal Progres, che non è un partito indipendentista sardo, ma una compagine proveniente dal prestigioso campionato lussemburghese.



“Brunone”, a onor del vero, ebbe molto rispetto della città che lo ha ospitato e della fascia di capitano che ha avuto l’onore di indossare, ma al momento di tirare le somme preferì fare le valigie lasciando tra i tifosi sardi un ricordo davvero poco rilevante. Un po’, d’altronde, come successo con Mauricio Isla, che se tra gli “arrivi di marketing” è stato probabilmente quello più sensato, non ha comunque soddisfatto le tante aspettative riposte su un fresco vincitore della Copa America.

Se si esclude Padoin, in realtà accolto dalla piazza con grande tranquillità ed esaltato più che altro da bomber e simpaticoni vari che popolano il web, i grandi acquisti di Giulini sono stati più utili ai collezionatori di figurine Panini che al progetto tecnico della squadra. Ultimo, ma non per importanza, Gregory van der Wiel, il vice-campione nel mondo cacciato dai turchi con tanto di pernacchie e ringraziamenti ironici al Cagliari.

Stavolta, già scottati dall’esperienza dei vari Storari e Bruno Alves, i tifosi sono rimasti più scettici e il presunto grande campione ha infatti preferito mettersi in mostra su Instagram piuttosto che sul campo della Sardegna Arena. Tra selfie, gite a Dubai e scatti social al Poetto, l’esperienza cagliaritana dell’olandese si è conclusa nel peggiore dei modi, deridendo la società e costringendo anche il buon Lopez a mentire riguardo le sue condizioni di salute, mentre il bel rampollo sui suoi profili se la spassava in Canada con discutibile rispetto.

Un disastro su tutta la linea e un bello spreco di soldi, che dovrebbe però (speriamo) stavolta servire da lezione. Ben vengano i Romagna, i Caligara e gli Han, giusto anche abbinare la spensieratezza dei giovani all’esperienza dei “vecchi” (i vari Padoin, Castan e Cigarini rappresentano un usato sicuro). Bene anche Pavoletti, seppur ancora non in grado di soddisfare l’ingente investimento, o precedente Borriello (per lui, odiato quanto si voglia, parlano i 20 gol), mentre qualcosa da ridire ci sarebbe sul ritorno di Cossu, ma una cosa è sicuramente certa e chiara dopo l’ennesima sessione di mercato: presidente Giulini, mai più un van der Wiel.

Oliviero Addis



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