Non chiamatelo campanilismo

La trasferta a Castiadas vietata ai tifosi della Torres è solo l’ultima di una lunga serie. Una decisione che si presta a diverse riflessioni

La Curva Nord della Sardegna Arena e quella del Vanni Sanna

La Curva Nord della Sardegna Arena e quella del Vanni Sanna

La storica rivalità che anima pisani e livornesi è solo il caso più emblematico.  Potremmo citare anche l’antico agonismo che separa Mantova e Cremona, così come Modena e Reggio Emilia, o l’anima sannita di Benevento contro quella irpina di Avellino. Il campanilismo è parte integrante del DNA di quell’agglomerato chiamato Italia. Antipatie insite nella tradizione, che poggiano le proprie basi su eventi storici e diversità culturali, dando luogo a manifestazioni folkloristiche tipiche della cultura del Belpaese. Da nord a sud  “gli italiani sono animati da un singolare spirito di campanile, non possono soffrirsi a vicenda” scriveva Goethe.

Ricercare una spiegazione di respiro simile nella rivalità che divide Cagliari e Sassari è un’opera complicata. Destinata a sfociare in un mare di risposte sconclusionate e dal valore storico balbettante. L’orgoglio delle proprie peculiarità, accompagnato dalla voglia di spiccare sull’altra realtà. Intenzione apprezzabile, fintantoché non si supera quel confine chiamato civiltà. Già, perché la volontà di difendere la propria identità rappresenta troppe volte un alibi. Una valvola di sfogo. Coloro i quali son pronti a battagliare per l’orgoglio di Cagliari o Sassari, infatti, sono spesso i primi a non conoscerne la storia. In prima fila per gazzarre via web, ma mai concretamente interessati a tutelare le tradizione della propria realtà cittadina. Un’ignoranza che, purtroppo, genera fatti incresciosi e privi di alcun valore logico. Perciò, non si parli di campanilismo, qui di cultura non vi è traccia: è solo l’esaltazione della forza del branco.



Una rivalità fatta di simpatici sfottò che, in pochi decenni, si è trasformata in una convivenza controllata all’interno dei confini isolani. Gli incroci in Serie C tra Cagliari e Torres, sul finire degli anni ’80, rappresentano un punto di svolta. Il momento dal quale l’antagonismo sportivo si trasforma in inciviltà. Un’escalation incontrollata arrivata fino agli scontri della scorsa primavera, quando un’amichevole del Cagliari a Sorso divenne il pretesto per lo scoppio di una guerriglia urbana in quel di Sassari. Non un caso, dunque, che le trasferte dei tifosi sassaresi nel centro-sud dell’isola vengano costantemente evitate, impedendo così anche a semplici tifosi di assistere agli incontri. Una dichiarazione di resa da parte delle autorità: l’incapacità di gestire l’ordine pubblico consiglia la linea dei divieti incondizionati. Ultimo dei quali, quello disposto in occasione del match tra Castiadas e, appunto, Torres.

Fatti, questi, dei quali le due società preferiscono non occuparsi, se non in maniera apparente. Scelta dettata dal principio di convenienza – è chiaro – che spinge le due società a tergiversare per non inimicarsi parte delle tifoserie. Decisione eloquente in merito all’autorità delle due dirigenze. Strada percorsa anche da alcune tra le principali firme della stampa isolana, le quali avrebbero – probabilmente – un potere persuasivo in tal senso, ma che preferiscono non sporcarsi le mani per qualche attestato di stima in più. L’accettazione silente di uno status quo, favorito della distanza abissale che divide le due squadre e che rappresenta un incentivo a rinviare il problema da parte degli attori in causa. E’ l’Italia signori, questa situazione ne è solo una fotografia esaustiva.



Stefano Sulis

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