A tu per tu con Gigi Simoni, ricordi sbocciavan le viole

Intervista ad uno dei decani del calcio italiano, un viaggio nei ricordi tra l’esperienza con l’Inter e i legami con la Sardegna

Gigi Simoni (foto: gigisimoni.it)

Gigi Simoni (foto: gigisimoni.it)

È il giorno di Cagliari-Inter, una gara oltremodo difficile per la squadra sarda in cerca di conferme dopo la bella prestazione ad Udine. Per la compagine lombarda la lotta per lo Scudetto non ammette passi falsi. Incontrare Gigi Simoni non è mai banale, trovando senza dubbio uno degli allenatori (sarebbe meglio dire signori) più amati d’Italia, e nell’interessante chiacchierata  scopri importanti legami con la Sardegna. Un viaggio nei ricordi dell’emiliano (di Crevalcore) classe 1939 che ha vissuto il mondo del calcio per 62 anni, in ogni sua forma, prima giocatore poi allenatore e infine dirigente. Un maestro dal carattere mite e umile che è riuscito a calcare 27 piazze rimanendo quasi sempre legato in modo indissolubile con esse; prima come giocatore poi nelle vesti di allenatore. In prima persona ha vissuto i momenti d’oro e quelli bui del calcio italiano. Quello che non traspare dell’intervista sono i connotati della sfida odierna tra Cagliari e Inter, ma una ricostruzione di quello che per Simoni sono state l’una e l’altra squadra. Se sulla seconda la storia è ben nota, con i rossoblù e l’isola i legami sono più presenti di quanto si potrebbe pensare.



Il Cagliari

Cosa pensa del Cagliari di adesso? “Ho visto poco, ultimamente. Ho seguito con interesse la prima fase perché l’allenatore Massimo Rastelli è stato un mio giocatore al Piacenza. Con me si era comportato benissimo. Era un periodo in cui non si andava tanto bene e qualcuno tradiva, lui si comportò in maniera eccellente, un ragazzo in gamba”. Racconta Simoni, la stagione di riferimento del periodo a Piacenza è quella del 1999-2000, retrocessione amara proprio in tandem con i sardi. Simoni era reduce dal triste esonero dall’Inter, un anno e mezzo agrodolce, e l’esperienza a Piacenza si concluderà già a gennaio. “Il Cagliari forse ha avuto fretta nel licenziare Rastelli, si sa che il primo a saltare è l’allenatore. È successo anche con me, bisogna aver pazienza, non ci si deve avvilire. Ho fatto il tifo per lui,  spesso per chi lotta per salvare una squadra è dura”.

Il legame tra Simoni e la Sardegna nasce negli anni ’60: “Ho tanti amici sardi. Eravamo ragazzi e giocavamo nella Fiorentina. Chi ha fatto una carriera straordinaria era Greatti, ha diviso con me la stanza nelle giovanili della Fiorentina, avevamo 18-19 anni. Un ragazzo meraviglioso, ogni tanto ci sentiamo. Abbiamo fatto “le riserve” e giocato insieme in Coppa Italia. C’era anche Paolo Morosi (dalla stagione 1964-1974 ha vestito la maglia della Torres con 332 presenze e 42 gol) anche lui si è poi accasato in Sardegna. Greatti mi chiamava sempre e mi chiedeva ‘perché non vieni qua in Sardegna’, sarebbe stata una bella esperienza. Io ho sempre sperato di venire al Cagliari – continua – c’è stato un periodo di due o tre anni consecutivi in cui l’allora presidente Cellino voleva che venissi in Sardegna. Mi chiamava alla sera, dalle dieci fino a mezzanotte, per parlare e dirmi che ci sarebbe stata la possibilità. Poi passava il tempo e non si è mai concluso niente. Io ho allenato e giocato in quasi tutte le squadre, è mancato il Cagliari. Era un’idea di vita, anche verso la fine della carriera volevo andare a Cagliari e Palermo”.

“Un altro ricordo risale a quando giocavo col Torino e giocammo in Sardegna, feci pure un gol. In quella partita c’era in campo anche Gigi Meroni, un ragazzo splendido che non ha potuto mostrare tutto il suo potenziale, un grande uomo. E ritrovai anche Gigi Riva. Un grande amico, ci siamo incontrati quando sono stato convocato anche io in Nazionale. Giocammo una partita a Bologna e venne a cena a casa mia, a Crevalcore. Poi ci siamo rincontrati in varie occasioni, un campione in tutti i sensi. Qui a casa (a Pisa, ndr) ho una foto della partita Cagliari-Genoa in cui eravamo i due capitani”.



 

L’Inter

L’Inter di oggi? “La squadra è forte e ha un allenatore che reputo bravissimo come Luciano Spalletti. Qualche anno fa andavo spesso a vedere l’Inter, ho tanti amici nella dirigenza. Il periodo in cui allenai l’Inter fu bello, vincemmo la coppa Uefa, potevamo vincere il campionato ma ci fu quel fatto di quel rigore non concessoci. Preferisco pensare ai ricordi belli. Accettare quel comportamento dalla Juventus non fu facile, io tra l’altro giocai nella Juventus quando era veramente la Vecchia Signora, poi divenne meno signora. Diciamo che a fine anni Novanta la dirigenza juventina era fatta di gente che aveva fatto delle cose…”.

Un sorriso traspare dal suo volto quando ricorda il trionfo in Coppa Uefa: “La finale contro la Lazio fu il coronamento di una cavalcata. Battemmo una squadra forte, con giocatori come Mancini e Nedved. Ma anche noi eravamo forti. Poi allenare un giocatore come Ronaldo… È un piacere trovare ragazzi dalle qualità tecniche  unite a quelle umane. Un giocatore è un campione perché ha anche la testa da campione. Ronaldo è un ragazzo meraviglioso con i compagni e con la squadra. Le sue qualità tecniche non le avevo mai viste, è sicuramente il giocatore più forte che io abbia mai allenato, ma penso che questo lo dica chiunque l’abbia allenato. Era buono, divertente, scherzoso. Nel secondo anno lo perdemmo un po’ dopo quel problema accusato ai Mondiali francesi, ma si riprese. Ma ho allenato anche Andrea Pirlo e Roberto Baggio. Avevamo un buon rapporto, qualche volta lo lasciavo fuori perché pativa spesso degli infortuni e lui ci rimaneva male. Una volta lo lasciai fuori, contro il Real Madrid, eravamo 1-1 a mezz’ora della fine, poi lo misi dentro e fece due gol. Mi passò vicino senza salutarmi. Glielo dicevo sempre: Roberto come faccio a farti giocare se ti vedo che sei sempre li che ti curi? Lui pensava di essere sempre al top ma non era vero, bisognava gestirlo. Quell’Inter è stata la squadra che ho allenato con più facilità. Tutti dicevano che fosse una squadra difficile, ma avevo dei grandi giocatori: da Bergomi a Pagliuca passando per Zamorano, Winter, Zanetti. Erano dei campioni nel vero senso della parola, sia sul piano calcistico che umano, e non sono mai dovuto intervenire per nessun motivo. Zamorano era un lavoratore incredibile. Ci fregarono lo Scudetto quell’anno”.

Un’esperienza macchiata dall’esonero: “Eravamo in Champions League, avevamo appena battuto il Real Madrid in casa, primi nel girone. Il motivo dell’esonero non l’ho mai capito, a dire il vero non l’ha mai capito nessuno. Moratti mi ha chiesto scusa ufficialmente e per me è finita lì. L’Inter è stata la squadra che mi ha dato più gioie. Le mie soddisfazioni me le sono tolte, comprese le otto promozioni (di cui sette in Serie A) e la Coppa Italia vinta da calciatore a Napoli”.

Simoni con Ronaldo ai tempi dell'Inter

Simoni con Ronaldo ai tempi dell’Inter

Un esempio per il calcio italiano, entrato nella Hall of Fame del Genoa, dove ha militato per undici stagioni sia come allenatore che come giocatore. Un uomo legato al mare che avrebbe potuto trovare l’agognato Cagliari se si fossero concretizzate le proposte di Cellino, che avrebbe forse potuto prendere parte al glorioso Cagliari scudettato se avesse accolto la chiamata di Ricciotti Greatti. Ma le classiche sliding doors hanno portato ad altro. Quello che conta è il ruolo che Simoni ha avuto nel mondo del calcio, lo stile indelebile al di là del terreno di gioco. E a proposito di Sardegna non mancano le parole al miele per Daniele Ragatzu, uno dei talenti più cristallini espressi dall’isola, oggi in fase di resurrezione a Olbia dopo il girovagare partito proprio con Simoni al Gubbio: “Aveva tante ottime qualità, poi si è oscurato. Mi riempe di gioia leggere il suo nome nei giornali e sono contento che stia facendo bene”.

Riccardo Bianco



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