Sassari Latte Dolce – La rottura della maledizione

La nostra analisi dei biancocelesti dopo il ritorno alla vittoria in campionato

Il gruppo del Sassari Latte Dolce (foto Alessandro Sanna)

Il gruppo del Sassari Latte Dolce (foto Alessandro Sanna)

Verrebbe da rispolverare l’anatema di Béla Guttmann, allenatore ungherese del Benfica degli anni ’60: “Senza di me le aquile non vinceranno” per riassumere, con un titolo, il primo bimestre di campionato del Sassari Calcio Latte Dolce. Il ritorno in panchina di Massimiliano Paba ha interrotto il filotto negativo di cinque sconfitte consecutive (la vittoria mancava dal 17 settembre contro il Monterosi ndr), spezzato le catene dalla resa ed esorcizzato l’ambiente dai demoni aggrappati, come uccelli del malaugurio, al trespolo dello spogliatoio. Più che una maledizione, quella dei sassaresi pareva una nevrosi da destino dovuta al peso della responsabilità, un fardello da doversi scrollare di dosso, pesante e pressante come il macigno della condanna di Sisifo. Andando oltre il mito e la superstizione, terreno fertile nel mondo del calcio, è necessario capire il cambio di marcia repentino con un’analisi concreta.



LA RETROGUARDIA. La difesa ha incassato, nelle ultime tre partite, solo due reti, dimostrando stabilità e una maggiore cura dei dettagli. L’alchimista Paba ha trovato nella felice intuizione di Daniele Bianchi in veste di centrale al fianco di Cabeccia e Daga, la sua pietra filosofale. L’ex Nuorese, a metà strada tra il libero e il volante sudamericano, stravolge gli equilibri in campo, permettendo al tecnico il lusso di schierare un centrocampista di rottura in meno. Bianchi detta il passaggio, fa ripartire l’azione e dimostra un’innata attitudine nella lettura della gara, con i crismi di un allenatore in seconda. L’intelligenza tattica, infatti, gli permette di giocare d’anticipo sull’avversario. È il cervello che mancava la scorsa stagione quando la coperta era spesso corta con Mereu, e le buone intuizioni teoretiche trovavano difficile realizzazione sul piano pratico.

LA MANOVRA. Sebbene sia lecito andarci cauti per parlare di rivoluzione, la manovra colpisce per la fluidità nella circolazione del pallone. Il Sassari Latte Dolce ha aumentato la percentuale del possesso, costringendo gli avversari alla continua rimessa. Masala, cucitore oscuro di rattoppi, si sposta lateralmente in fase di costruzione diventando un interno di circostanza, permettendo agli interscambiabili Demartis e Scanu di ricoprire una posizione più avanzata, in supporto del parco d’attacco. Sanna e Ravot (tra i migliori fluidificanti destri del girone e primo per rendimento dei biancazzurri) si alzano, dettando il passaggio e allargando le maglie ospiti mentre Usai, a tratti commovente per l’abnegazione, ruota attorno a Virdis, svariando su tutto il fronte.

LA RIVALSA. Cabeccia alza la muraglia e gonfia la rete, Demartis battezza due legni e si riappropria delle chiavi del Vanni Sanna. Gli scettici son stati zittiti. Cresce di condizione anche Virdis che, taciturno, continua ad inglobare rabbia, pronto a scaricarla al momento dovuto. Pazienza se il gol non è arrivato, la prova di domenica è maiuscola. Sono i vecchi-nuovi, (dualismo che non piacerà a Cabeccia) a far allargare un sorriso rasserenante nei volti dei tifosi. La speranza non è una fatua illusione, ma qualcosa di tangibile e reale.

SQUADRA SOLIDA. Il gruppo si è cementificato, dopo aver corso il rischio di diventare una comunità liquida – parafrasando il sociologo Zygmut Bauman – caratterizzata dall’individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno. La rotta verso la dissoluzione pareva immanente ma il credo sembra essere cambiato, a vantaggio di una politica più realistica, prima di programmi a lungo termine per non incappare in voli pindarici e cadute rovinose. I piedi sono ancorati sul terreno. Lo sguardo è rivolto al prossimo match contro la Lupa Roma. La miopia non sempre è un male da curare.

Fiorenzo Pala



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