Giulini in panchina, emblema delle carenze

In occasione di Torino-Cagliari, il patron rossoblù si è seduto accanto a Lopez e compagnia

Tommaso Giulini, presidente del Cagliari (foto: Zuddas)

Tommaso Giulini, presidente del Cagliari (foto: Zuddas)

E’ stata una delle curiosità della serata, che Diego Lopez ha commentato con il più serafico dei “me ne sono accorto dopo 10′, non è un problema perché è nostro tifoso”. Tommaso Giulini, presidente del Cagliari, seduto in panchina è un’immagine che riporta alle antiche abitudini del suo predecessore, ma anche di tanti colleghi. Momento delicato, patron a stretto contatto con staff e squadra, conclusioni del volgo tra le più varie.



Al netto delle supposizioni e delle congetture, a nostro avviso la scelta presidenziale non fa che confermare quanto già sostenuto nelle scorse settimane: l’assenza di un uomo forte, figura di raccordo tra proprietà e sfera tecnica. Oggi, questa, nel Cagliari non c’è, con buona pace dei vari direttori e dell’apparato rossoblù. Una mancanza che si sente non appena le cose vanno in modo balbettante, una defezione rumorosa che poi si tramuta nei risultati e negli atteggiamenti, compresi gli aspetti piccoli o piccolissimi.

Oggi il Cagliari è Giulini, il timone è tutto nelle sue mani, e non è necessariamente un bene. Non tanto per incapacità dell’imprenditore milanese nel trainare in solitaria tutto il carrozzone, quanto perché in un club che cresce e alberga ai massimi livelli occorre differenziare, delegare, tracciare dei compartimenti stagni seppur comunicanti. Non a caso fu lo stesso Giulini, all’inizio della stagione, a incoraggiare, pubblicizzare e decidere il mutamento, la riorganizzazione, l’ampliamento dell’organigramma. I risultati, per ora, sono stati deficitari sul fronte tecnico e su quello societario. E allora è dovuto scendere in campo il vertice, non solo in senso metaforico, a dare un segnale e forse qualcosa in più. Un modo di gestire le cose che ricorda molto da vicino quello di Massimo Cellino, quando nei momenti difficili era l’attuale proprietario del Brescia a farsi vedere in prima persona. Basterà per ridare linfa ad una realtà che appare, se non anestetizzata, quantomeno in cerca di sé stessa?

Fabio Frongia



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