Sirigu: “Avevo perso la voglia”

Il portiere di Siniscola riparte dal Torino: “Ho fame di quotidianità. Nazionale? Sarà dura”

Salvatore Sirigu, nuovo portiere del Torino

Salvatore Sirigu, nuovo portiere del Torino

Bella intervista a cuore aperto concessa da Salvatore Sirigu a La Gazzetta dello Sport. Il portiere sardo, appena tornato in Italia nelle fila del Torino dopo gli ultimi anni infelici tra Parigi, Siviglia e Pamplona, ha voglia di tornare protagonista.

“Avevo perso il desiderio di giocare, di allenarmi, di vivere il calcio”, dice Sirigu, che dopo le stagioni in primo piano al Paris Saint Germain fu accantonato per fare posto a Trapp. Da allora il calvario: “Non mi sento tradito, ma mi sarei aspettato più rispetto. Persone con le quali ero abituato a parlare hanno smesso di rispondermi al telefono. Ero il titolare inamovibile e mi sono trovato terzo portiere. Senza un motivo tecnico, senza niente, senza nessuno che mi desse spiegazioni, e io sentivo quel posto mio di diritto, perché me l’ero conquistato”.




Ora il Torino (“Perché mi ha voluto fortemente”), lasciando Parigi con l’amarezza per rapporti guastati di punto in bianco. “Gli ultimi due tecnici mi hanno detto che non potevano prendermi in considerazione – racconta Sirigu – Da questa storia ho imparato una cosa: anche quando sei in sella devi sempre pensare che può accadere qualcosa che ti butta giù, e a volte non dipende da te”.

Gli amici e la famiglia accanto in questi due anni bui, la retrocessione con l’Osasuna ha comunque restituito motivazioni: “Ho voglia di quotidianità – continua – dopo 7 anni farò un ritiro in montagna, l’ambiente Toro mi ha accolto benissimo e non vedo l’ora di viverlo, non è un problema il fatto di non giocare le coppe, spero che arriveranno con la maglia granata, è un percorso che possiamo fare insieme, la società è ambiziosa e tutto ciò che c’è intorno lo dimostra”.

Sirigu si definisce “molto sardo. Diffidente all’inizio, diverso quando mi apro. E soprattutto molto testardo” e spiega che di Parigi gli mancheranno soprattutto “lo stadio, la Tour Eiffel, gli Champs Elysées, gli amici”, ma è meglio guardare al futuro e allora “alla Nazionale ci penso, per sei anni sono sempre stato convocato, riprenderla sarà complicato”. Il carattere è stato forgiato dal recente periodo negativo: “Sono rimasto lo stesso degli inizi – conclude -, un po’ più disincantato. Ma è rimasto il desiderio di trasformare passione e divertimento in professionalità, perché il calcio è il mio mestiere e nel lavoro ci vuole serietà. Quando sei al top non pensi di poter cadere e quando cadi non pensi di poter risalire. Adesso penso solo a ritrovare la routine del calcio, gli allenamenti, la maglia da gioco. Me stesso, al cento per cento”.




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