Il ricordo e gli aneddoti di una delle esperienze più importanti della storia del Cagliari (VIDEO)
15 giugno 1997, vent’anni fa andava in scena una delle giornate più emozionanti della storia del Cagliari e della vita di almeno quattro generazioni di tifosi. A Napoli, la squadra allora allenata da Carlo Mazzone perdeva un drammatico spareggio salvezza contro il Piacenza, al termine di una stagione estremamente tribolata. Il punteggio di 1-3 suggellò un pomeriggio caldissimo (non solo dal punto di vista climatico) e una partita che mostrò tutte le fragilità di quel gruppo. Seguirà la fine di un ciclo, l’apertura di quello targato Ventura, i lacrimevoli addii di Mazzone e Tovalieri, l’eroica permanenza di Muzzi e la ripartenza con l’immediata risalita.
Cagliari-Piacenza a Napoli, in quel 15 giugno lontano ormai quattro lustri, è però entrato nel mito grazie a tutto il contesto e il corredo di storie che fecero parte di un evento per molti iniziato sabato pomeriggio e terminato lunedì mattina. Due navi colme di tifosi rossoblù (saranno circa 20 mila, contro i 3 mila piacentini, al San Paolo) salpavano da Cagliari zeppe di persone di tutte le età, tanti altri supporters raggiunsero il capoluogo campano in aereo, treno e auto dal resto della Sardegna, dell’Italia e dell’Europa.
La vigilia fu un mix di paura per l’incubo del ritorno in Serie B (sette anni dopo l’ascesa con Ranieri) e fiducia perché il grande Cagliari non poteva perire di fronte alla quasi matricola emiliana, tanto più che la vittoria di Milano (Milan battuto 1-0 con gol di Muzzi) all’ultima giornata sembrava dare la rincorsa ai sardi. I giorni prima del match videro la richiesta ufficiale (non accolta) delle istituzioni affinché la gara venisse trasmessa in chiaro dalla tv di stato (andrà in onda sull’allora Tele +), la polemica per la scelta di Napoli come sede del match, mentre il romano Mazzone auspicava il “suo” Olimpico capitolino, e poi la spasmodica caccia al biglietto e la predisposizione di un vero e proprio viaggio della speranza.
Le navi Tirrenia colme di un popolo in viaggio sono fotografia e didascalia che rende leggenda una giornata triste, ma comunque memorabile. Anziani e giovanissimi, bambini e donne, canti e prodotti tipici, bandiere e striscioni a identificare paesi e quartieri, ultras in massa e personaggi coloriti. Antropologia rossoblù, si lasciava l’isola pieni di speranza e si sarebbe tornati con stanchezza e delusione.
Gli aneddoti (più o meno raccontabili) relativi a quelle ore sono tantissimi, e ognuno di coloro i quali ha partecipato a quella vera e propria avventura potrebbe riempire (ha riempito) serate intere. Narrando, a chi ha pallidi ricordi o ancora non era nato, un esodo da romanzo. Di fatto, Cagliari-Piacenza resta l’unica “finale” in gara secca della storia del Cagliari, e come dicono tanti sostenitori rossoblù “se avessimo vinto sarebbe ricordato in maniera ancor più epica, quasi ai livelli dello Scudetto e della cavalcata europea del ’93/’94”.
Fu sconfitta, ma forse l’amarezza ai massimi livelli contribuisce a tenere quella pagina nel libro storico dei 97 anni di storia. Già, 97 come l’anno dell’incubo napoletano. Sì, perché non mancarono momenti drammatici, e non si parla dei gol di Luiso ai danni del malcapitato Sterchele. Pronti, via, e dopo il viaggio della speranza in nave ecco che gli autobus (dell’allora Act, il trasporto locale cagliaritano, con le fermate del Poetto scritte nei display) vennero letteralmente assaliti dai napoletani. Fu guerriglia (così come alla stazione con la parte di ultras rossoblù arrivati da Civitavecchia) nel tragitto dal porto allo stadio, con lancio di bottiglie e scooter all’inseguimento, sassaiola e confronto pesante in galleria, quando uno degli isolani tirò il freno d’emergenza. E poi la battaglia con le aste delle bandiere a disarcionare i centauri napoletani, la confusione, l’adrenalina e un pizzico di timore.
Buona parte dei tifosi del Cagliari arrivò al San Paolo già in mattinata, immersa nella canicola partenopea con davanti cinque ore prima del fischio d’inizio. La serra del San Paolo non dava tregua, si poteva contare solo su qualche venditore ambulante con scarse risorse per rifocillare la fiumana rossoblù, già sferzata dal viaggio in nave che fu momento di aggregazione ma anche, come sempre, di fatica: la sala poltrone trasformata in un enorme letto, qualche atto vandalico, i fischietti dei salvagenti recuperati in vista della partita.
Fu subito tensione, sugli spalti, a cominciare da quando un giovanissimo napoletano scavalcò dal settore alla destra della curva cagliaritana sventolando una bandiera piacentina, beccandosi il linciaggio. Della partita si sa tutto, lo 0-2 piacentino e il tentativo di rimonta targato Tovalieri, il rigore parato da Sterchele e l’affondo finale biancorosso al suono della Macarena. I sostenitori del Cagliari vissero quel pomeriggio con un’altalena di emozioni e le cariche della polizia ad un passo, in un clima di tensione tuttora ricordato vividamente. Arrivarono a dar manforte ai cagliaritani anche ultras foggiani, sampdoriani e olbiesi, in nome di antichi gemellaggi ultras, a rimpolpare un gruppo che andava ingrossandosi e che dal mattino veniva di fatto bloccato allo stadio senza potersi muovere. Niente cibo, qualche bevanda, tante sigarette di contrabbando, e l’attesa spasmodica verso qualcosa che putroppo non sarebbe arrivato.
Un giorno triste della storia cagliaritana, un pomeriggio epico senza lieto fine, ma – a dimostrazione che non conta solo il risultato – un capitolo che in definitiva rende orgoglioso chi ha potuto e voluto viverlo. Era il 15 giugno 1997, era una grande “festa” di popolo.
Fabio Frongia