Il bilancio dei due anni dell’ex direttore sportivo in Sardegna

Stefano Capozucca
Non è stato un fulmine a ciel sereno, ma l’ufficialità del divorzio tra Stefano Capozucca e il Cagliari ha comunque scosso l’ambiente rossoblù, con i primi exit pool a sancire un certo malumore per il suo addio. Esperienza, guasconeria, freddezza, caratteristiche colte sin dal principio dal popolo, presso cui aveva fatto breccia.
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Poco da dire sulle quattro sessioni di calciomercato condotte. Nel 2015, con il fondamentale sostegno di presidente e società, ha portato in Sardegna elementi cardine sui quali fondare una promozione annunciata e mai in discussione: gli Storari e i Pisacane, i Di Gennaro e i Fossati, i Munari e i Melchiorri, oltre ai vari giovani dal minutaggio ridotto. Concreta anche la costruzione della squadra per la Serie A: poche scommesse, alcuni punti fermi e la perla Borriello, decisiva per le positive sorti del Cagliari al ritorno nell’olimpo del calcio italiano. Un Cagliari esperto e senza fronzoli – fatto anche da Bruno Alves, Padoin e Isla -, non dissimile da Capozucca.
Poche, e comunque non decisive in negativo, le stecche vere e proprie, manovre catalogabili più che altro alla voce “scommesse non (ancora?) sbocciate” o a quella delle “diplomazie di mercato”. Capozucca ha vissuto la sua esperienza cagliaritana come elemento di equilibrio tra tecnico e squadra, senza dare l’impressione di essere sempre e comunque organico ad una società che fa della collegialità e dei vasi comunicanti il suo modus operandi.
Due anni in rossoblù per Capozucca, arrivato nel 2015 con l’obiettivo di guidare l’immediata risalita in Serie A, confermato anche per la campagna nella massima categoria, condotta senza affanni. Ad una prima e superficiale occhiata, tutto liscio e pulito, chirurgico verso la conquista dei due obiettivi del club di Tommaso Giulini. In realtà si è trattato di un biennio intenso, sul quale magari Capozucca racconterà qualcosa venerdì pomeriggio (ore 15) nella conferenza stampa di commiato, al netto di considerazioni di circostanza che non ama.
La sua idea (era l’aprile 2016) di cambiare rotta dal punto di vista tecnico, lasciando la via Rastelli e sposando il sogno Gasperini per la Serie A, rimarrà didascalia del suo percorso nell’isola. Ma, nonostante ciò, sarebbe semplicistico e forse sbagliato pensare ad un Capozucca “versus” Rastelli, il quale invece in più di una occasione è stato rinsaldato dal lavoro diplomatico del direttore sportivo. Per mesi, e fino all’annuncio (imminente) della prosecuzione o meno del matrimonio con Rastelli, si è ballato sul diktat tra le due figure, ma la realtà ha detto che Capozucca – il quale fino all’ultimo ha rilasciato interviste da dirigente che non pareva al passo d’addio – non è mai stata una figura banale nelle scelte, nella spiegazione di esse e nei rapporti con terzi, interni ed esterni al club. E allora i saluti sono una conseguenza non scontata né sorprendente, verso nuove sfide che interesseranno lui e il Cagliari.
Fabio Frongia