Stadio Sant’Elia, il Comune paga il Cagliari e spiega tanto del passato

Si chiude con l’esborso di Palazzo Bacaredda l’annosa vicenda sulle competenze circa i lavori sul vecchio stadio

Lo stadio Sant'Elia di Cagliari (foto: Sardegna Sport)

Lo stadio Sant’Elia di Cagliari (foto: Sardegna Sport)

Si è conclusa con il pagamento di 2,6 milioni di euro da parte del Comune di Cagliari la telenovela legata al contenzioso tra Palazzo Bacaredda e il Cagliari Calcio, inerente la gestione e la manutenzione dello stadio Sant’Elia. Le due parti, infatti, hanno trovato un accordo stragiudiziale, che di fatto chiude la vicenda legale aperta nel 2012 dall’allora proprietà rossoblù targata Massimo Cellino, la quale inaugurò una storia fatta di lotte verbali, mosse e contro-mosse, richieste di pignoramenti ed esili della squadra a Trieste, Parma e Quartu Sant’Elena.




Al centro del tavolo ci sono sempre state (ben prima del 2012 e anche in epoche precedenti alla gestione Cellino, con amministrazioni comunali di vario indirizzo politico) le competenze sulla manutenzione ordinaria e straordinaria del Sant’Elia, impianto pronto ad andare in pensione il 28 maggio, quando si giocherà l’ultima partita ufficiale prima di traslocare nell’adiacente Sardegna Arena. Dopo anni in cui lo stadio era stato praticamente lasciato senza cure, in particolare dopo la ristrutturazione del 1990 (la costruzione è del 1970), con i rimbalzi di responsabilità tra Cellino e il Comune su chi dovesse intervenire, nel 2002 fu la società allora residente in viale la Playa a introdurre le tre tribune Dalmine, inaugurando lo “stadio matrioska” per ovviare ai problemi che interessavano la vecchia struttura.

L'interno dello stadio Sant'Elia di Cagliari prima delle parziali demolizioni

L’interno dello stadio Sant’Elia di Cagliari prima delle parziali demolizioni

Criticità che gli enti competenti avrebbero continuato a rilevare in seguito, prima di concedere l’agibilità, perché anche se gli spettatori non andavano più nei vecchi spalti permaneva il problema di doverci passare sotto. Da qui l’organizzazione dei tunnel di accesso alle tribune, i rinvii e le polemiche, quindi le prime demolizioni della vecchia struttura durante la stagione 2014/2015, a sancire un punto di non ritorno verso la demolizione totale del “Sant’Elia”. Cosa che dovrebbe avvenire dal 2019, dopo che il Cagliari Calcio presenterà l’atteso progetto esecutivo per lo stadio definitivo, l’impianto-gioiello all’avanguardia da 21 mila posti, obiettivo finale del club di Tommaso Giulini e di tutta la comunità cagliaritana e isolana, all’interno dei vari progetti di riqualificazione dell’area su cui sorgerà.

Tornando alla querelle Cellino-Comune, l’accordo da 2.6 milioni di euro (quasi un terzo dell’investimento di 8 milioni di euro, che il Cagliari Calcio ha dichiarato di sostenere per costruire la Sardegna Arena) rappresenta circa il 10% dei 25 milioni di euro che nel 2012 il Cagliari Calcio chiese come rimborso e risarcimento per i lavori di manutenzione sostenuti, le trasferte nella Penisola e i conseguenti mancati introiti. La vicenda interessò anche gli anni precedenti alla gestione Cellino: da una parte il Comune chiamato a provvedere alla manutenzione straordinaria, dall’altra il Cagliari onerato della manutenzione ordinaria, come un normale affittuario che alberga in casa di un terzo proprietario. L’intesa su questo punto non fu mai trovata.




Dal 2012, e per almeno due anni, furono polemiche circa lo stato dell’arte della struttura, tra chi sosteneva che non fosse più utilizzabile e da demolire al più presto, e chi rivendicava il suo valore a bilancio comunale (50 milioni di euro) sostenendo che fosse necessario solo qualche intervento di adeguamento, imputando a Cellino i mancati lavori del passato e anche il mancato pagamento dei canoni precedenti. Ad aggiungersi al tutto anche le richieste di pignoramento degli introiti da diritti televisivi (cosa dichiarata poi illegittima e non concretizzata). Oggi la fine di una telenovela che vede il Comune sostenere un esborso non irrilevante (2.6 milioni di euro di soldi pubblici), frutto probabilmente di quanto emerso durante la causa – magari con nuovi elementi rispetto alle prime istanze -, e di un accertamento tecnico preventivo che accertò la responsabilità dell’ente e consigliò di pagare la cifra di cui sopra. E che, non v’è dubbio, offre una lettura diversa dei concitati mesi vissuti all’epilogo dell’epopea celliniana.

Fabio Frongia

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