Cagliari, ma non è solo colpa di Rastelli

L’analisi dopo la sconfitta rossoblù a Napoli

Massimo Rastelli, ha vinto la Serie B e portato il Cagliari alla salvezza al suo debutto in "A"

Massimo Rastelli, ha vinto la Serie B e portato il Cagliari alla salvezza al suo debutto in “A”

Ci troviamo a commentare l’ennesima brutta sconfitta del Cagliari, se così si può dire, visto che in casi simili parlare di uscita a vuoto ci sembra ben più corretto. Il Napoli gioca e scherza coi rossoblù vincendo per 3-1, e mai risultato fu più bugiardo, vista la sagra di occasioni-gol, dribbling, palleggi e giocate messe in mostra dai partenopei al cospetto dello sparring partner rossoblù. Per questo non è solo lo score, ammorbidito dalla rete di Farias in zona Cesarini, a bruciare. Quando l’avversario ti irride provando (e trovando) colpi più complessi del solito, tra pallonetti e tiri da centrocampo, preferendo queste soluzioni a quelle più ordinarie e semplici, allora la situazione in casa sarda si fa veramente complicata.




POCHE PRETESE – Probabilmente nemmeno il più ottimista dei tifosi auspicava di trarre qualcosa di utile da Napoli. La sconfitta era messa in preventivo, un pari sarebbe stato grasso che colava, ma quantomeno – viste anche le dichiarazioni della vigilia – ci si aspettava una squadra un attimo più combattiva, pronta a vendere cara la pelle in una partita che per i tifosi ha acquisito da vent’anni un significato molto particolare. Lo stesso Rastelli aveva chiesto una gara fatta d’orgoglio, evitando di trincerarsi in maniera eccessiva negli ultimi venti metri, cercando di mettere in campo più l’animo che la tecnica, provando a gettare il proverbiale cuore oltre l’ostacolo. Non si è visto nulla di tutto ciò. Era ammissibile anche perdere con uno scarto maggiore rispetto ai due gol di sabato, ma tra una sconfitta e una prestazione oscena, vergognosa e sconcertante c’è un divario netto che il Cagliari ha scavalcato a pie’ pari, peggiorando probabilmente il responso dell’andata (finì 0-5).

IL BUONO, I BRUTTI E IL COMBATTIVO – Nelle nostre pagelle di Napoli-Cagliari – arci-discusse e prevedibilmente divisive – abbiamo voluto mettere in mostra tre cose in particolare. Partendo dal fatto che in realtà tutti i calciatori erano ovviamente insufficienti per la prestazione offerta al “San Paolo”, abbiamo deciso di abbandonare la via classica, seguendo una linea un po’ più d’Oltremanica, premiando il buono e incolpevole Rafael, in continua apprensione e costretto ad assistere (e subire) alle magiche giocate napoletane. Poi il combattivo e mai domo Borriello, anch’egli non sufficiente nel complesso, ma da elogiare per spirito di sacrificio e voglia di fare. A 35 anni, il napoletano continua a fare a sportellate da solo contro tutti scendendo addirittura generosamente nella propria metà campo per provare a costruire qualcosa. Gli altri, tra i più e i meno peggio, sono tutti “usciti a vuoto” in una prestazione disarmante.

IL DIRETTORE D’ORCHESTRA – Sia chiaro: non è solo colpa di Rastelli, divenuto ormai il mostro da sbattere in prima pagina ad ogni occasione buona, dato in pasto alla furia dei tifosi che vorrebbero più spettacolo, calcio organizzato, coraggio e forse anche simpatia. Chi pensa che sia colpa solo dell’allenatore di Torre del Greco – dal curriculum immacolato -, è in difetto. Si vince e si perde tutti insieme, in campo vanno i calciatori, sono loro che alla fine della fiera sbagliano o portano a casa le giocate decisive, e allora nel calderone dei colpevoli vanno messi tutti: giocatori, allenatore, società, posta non a caso sotto la lente da uno dei leader, Borriello, quando interrogato sul suo futuro ammette che “molte cose sono ancora indefinite, a cominciare dai nomi di allenatore e direttore sportivo per la prossima stagione”.

Detto ciò, e tornando a Rastelli, non c’è dubbio che una squadra timorosa di subire goleade (da qui l’idea di presentarsi al “San Paolo” con un 4-5-1 senza arte, parte e capacità di giocare la palla, come si è visto) risieda nel lavoro del suo nocchiero, ormai da mesi devoto alla filosofia del “difendiamo il minimo svantaggio”, sperando nell’episodio fortunato o nel colpo del singolo, due elementi che hanno sostenuto la sua (per ora) biennale avventura isolana.  Non scopriamo niente, peraltro, su tale mentalità, sdoganata e dichiarata da casa Cagliari-Rastelli con l’avvento di un 2017 dove si è badato più a sedare i veleni (comunque esplosi ad ogni sconfitta) che a creare una realtà pallonara amata e amabile da chi palpita per le sue sorti. Così, oggi, il Cagliari è una squadra meritoriamente salva da metà campionato, con un gruppo valido e solo da puntellare in estate, ma è anche una squadra che non mostra i crismi di chi conosce lo spartito preparato, incapace di reagire alla prima difficoltà e priva di un piano B non votato alla casualità e alle iniziative personali.




TUTTI SUL PATIBOLO – Una squadra inerme, incapace di reagire, che a Napoli è stata per l’ennesima volta disintegrata dal suo avversario. Passaggi a vuoto come quelli che ci ritroviamo a commentare sono quanto di più umiliante e cocente ci possa essere per un tifoso. La prestazione – se così può essere definita – offerta dagli isolani è l’ennesima opaca di una stagione soddisfacente dal punto di vista dell’obiettivo raggiunto con largo anticipo. La disfatta di Napoli si aggiunge a quelle di un cammino indecifrabile, e va ribadito come commentare certe criticità sia più dolce con in tasca la certezza di giocare anche la prossima Serie A. “Rastelli e i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro, siamo salvi da tempo”, il ritornello di chi non sembra turbato da quanto detto sopra, oppure nasconde un po’ di polvere sotto il tappeto sperando che non venga fuori tutta insieme, risultando dolorosa. Il Cagliari oggi pensa alla prossima stagione col ricordo di non poche umiliazioni subite sul campo, in casa come in trasferta, e di un progetto tecnico del quale non si vedono i bagliori, ormai a due anni dall’avvento di Rastelli. Sarà la società a decidere se sia il caso di cambiare rotta, valutando pro e contro dello status quo, se basti puntare al mero risultato, perché stare in Serie A è prioritario visto il discorso stadio, o se si possa puntare su qualcosa di diverso in nome della pulizia di un clima che rischia di diventare insostenibile e dannoso, alla lunga. Ora è il momento di disegnare il futuro, sapendo che fin qui è andata benissimo e che del doman non v’è certezza. Ah, ma quanto è bella la salvezza…

Mattia Marzeddu

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