Esiste una regola della Viareggio Cup che pochi conoscono, ma che descrive al meglio la bellezza, l’utilità e il fascino di questa immortale competizione: non sono concessi, per alcun motivo, accrediti ai procuratori dei giocatori. Una sottile scelta che permette ai ragazzi di star finalmente lontani da quel mondo artificioso e spesso irreale in cui vengono catapultati da genitori e/o simili e di confrontarsi, invece, con il vero mondo del pallone, nel senso più genuino del termine.
“L’ho detto ai ragazzi nello spogliatoio: oggi siamo diventati squadra“, dichiara candidamente Max Canzi dopo la sconfitta per 4-0 inflitta dall’Inter, che ha fermato la corsa del Cagliari agli ottavi di finale. Una frase tanto sincera da risultare a tratti incomprensibile dopo una debacle di tali proporzioni, ma che invece racchiude in poche parole il vero senso di quello che dovrebbe essere il calcio giovanile: costruire, divertirsi e fare gruppo. In un’epoca dove vincere è l’unica cosa che conta, la Viareggio Cup resiste portando sempre con sé il fascino della semplice partecipazione. Il piacere di esserci prima che di avere la meglio sull’avversario, di crescere confrontandosi con pari età di tutto il pianeta.
Il Cagliari che arrivava in Toscana era una squadra su cui pochi avrebbero scommesso, fuori dai giochi in campionato e con tanti interpreti sotto età, inserita in un girone di ferro. Ci sono volute due straordinarie imprese per avere la meglio di Parma e Genoa e zittire, anche solo per due partite, gli scettici della prima ora sempre pronti a sbucare da sotto la sabbia nei momenti di difficoltà. Bruges e Inter hanno valori, potenzialità economiche e tradizione di settori giovanili di totale altro livello rispetto ai sardi, che mattone dopo mattone, Viareggio dopo Viareggio, stanno provando a costruire un nuovo corso, nel bene o nel male, diverso rispetto alle precedenti gestioni.
Abbiamo scoperto Han Kwang-Song, giocatore realmente (e non per invenzioni giornalistiche) fuori categoria, apprezzato le scorribande di Davide Arras, gioito per le prestazioni di due ottimi portieri come Mirko Bizzi e Luca Crosta, ammirato lo spirito di sacrificio di un Pennington mai abbastanza elogiato. Ascoltato l’emozione di Canzi nel parlare dei suoi ragazzi, definiti “soldati” con gli occhi lucidi e tutto l’orgoglio di un uomo alla guida di un gruppo che si è finalmente scoperto unito, contro ogni difficoltà o innegabile limite tecnico.
Si impara sempre dalle sconfitte e si cresce anche ricevendo giudizi negativi che, questo sì, andrebbero forse accettati con maggiore umiltà. Il futuro passa dai piedi di Briukhov, Camba, Oliveira e tutti gli altri, il presente parla di una tifoseria rossoblù appassionata della Primavera come poche altre in Italia possono vantarsi di essere. Mancano cinque giornate alla fine di un campionato che dovrà essere onorato fino all’ultimo, prima di pensare alla prossima stagione che promette molto bene visto il progetto biennale deciso all’inizio di questa.
A diciassette anni il futuro è variabile, a volte pauroso, dannatamente eccitante, sicuramente incerto, ma mai e poi mai si può bloccare di fronte a un risultato negativo, per quanto plateale: lunga vita alla Viareggio Cup, lunga vita alla Primavera.
Oliviero Addis