Una Dinamo di granito verso ciò che conta

L’analisi dopo la qualificazione ai quarti di Champions League

La festa della Dinamo Sassari a Le Mans (foto: dinamobasket.com)

La festa della Dinamo Sassari a Le Mans (foto: dinamobasket.com)

E’ una Dinamo chirurgica e matura quella che ha presenziato a Le Mans, prendendosi la qualificazione ai quarti di finale di Champions League, tornando quindi da Oltralpe con ulteriori certezze e rinnovata fiducia, in vista del big match di domenica sera contro Milano, al Pala Serradimigni.

Non si sono visti i patemi vissuti a Nymburk nel turno precedente, quando la enorme stanchezza aveva reso ostica una gara improba per gli avversari della Dinamo, tornata ora a regime e pronta per tuffarsi nell’ennesima fase calda della pienissima stagione. Caccia al miglior piazzamento playoff possibile, puntando ai primi quattro posti in un mare tanto affollato quanto livellato, e poi tanta voglia di proseguire il sogno europeo, impreziosendo quella che per metà stagione era stato un antipatico impiccio, e ora diventa un piacevole diversivo di metà settimana.




Festa biancoblù a Le Mans, con un bel gruzzolo di tifosi e vecchi amici, tutti insieme appassionatamente a squadra e staff (tecnico e societario) sul charter che ha permesso di fare una gita fuori porta nonché risparmiare energie, come ha ribadito coach Pasquini nel post-partita. Un match che ha confermato una volta di più il ruolo portante di Dusko Savanovic e Rok Stipcevic: leader tecnici e carismatici, coinvolti nel progetto come raramente capita nel basket, mondo di mordi e fuggi contrattuale, decisivi con immensa qualità elevata dall’ottimo lavoro di chi guida dalla panchina. Pasquini ha forgiato, anche nei mesi più difficili, un gruppo che sa quel che deve fare, che non si abbatte e ragione quando l’acqua si avvicina alla gola, per poi punire e prendersi il malloppo.

Menzione fondamentale, dopo Le Mans, per Lorenzo D’Ercole e David Lighty, decisivi difensivamente contro Watson, puntelli utili per sfruttare il lavoro offensivo degli slavi di cui sopra (triple e gioco interno, solo delizie) e di un Lawal dominante quanto falloso, ma martedì poteva bastare, in attesa della rivincita contro quella Milano che pochi giorni fa dava la prima vera delusione stagionale.

La Dinamo oggi appare un corpo unico, con meno talento rispetto al passato, ma con un’unità di intenti probabilmente mai vista dalle parti di Piazzale Segni. Spogliatoio unito, tanto da permettersi anche “tribunati settimanali”, Pasquini riesce a gestire bene il lungo roster, e la chimica esistente è certificata dai lunghi e sentiti abbracci nello spogliatoio francese dopo lo storico passaggio del turno. Ora, fatta l’ultima curva, c’è da prendere al meglio il rettilineo finale. Lungo, e si spera dolcissimo, tra Champions League e campionato.

Fabio Frongia




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