A tu per tu con il giovane ricevitore della Vibraf Domusnovas.

Federico Sireus in azione
Dodici giorni indimenticabili, un’esperienza splendida e il sogno di ripeterla a breve, magari migliorandosi ulteriomente e progredendo sulla strada degli Stati Uniti d’America, patria del baseball che Federico Sireus tanto ama. Il giovane ricevitore della Vibraf Domusnovas, tornato meno di un mese fa dagli States, rivive con noi l’avventura agli ordini di coach Mauro Mazzotti, scout dei Baltimore Orioles per l’Europa che l’ha voluto assieme ad altri venti ragazzi per lo show case in quel di Mesa, Arizona.
“Quest’avventura – dice Sireus – mi ha insegnato che non bisogna mai mollare e che il duro lavoro viene sempre ripagato. Non bisogna mai rinunciare ai propri sogni, una citazione che mi piace molto dice “chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire “. Ecco, lavorare assiduamente è la prima regola”.
A guardare indietro, la voglia di tornare dall’altra parte dell’Oceano è enorme. “Solo al pensiero mi scendono le lacrime – ammette candidamente – L’adrenalina del viaggio, l’arrivo in un nuovo mondo, la quotidianità e l’impatto sono stati stupendi. Una forte emozione l’ho avvertita entrando allo stadio e vedendo una marea di gente, in particolare tifosi di diverse squadre l’uno accanto all’altro. In quel contesto il pubblico non ti lascia mai solo e fa sentire moltissimo il sostegno ai giocatori”.
Un bagaglio enorme riportato in Sardegna, la voglia irrefrenabile di migliorarsi e meritarsi una nuova chance, ecco quello che Federico Sireus conserva. “Il mio sogno è volare in America, penso che per ora sbarcare nella Serie A italiana sia eccessivo, mi basterebbe una Serie B cazzuta (ride ndr), ma in generale non mi spaventerei se arrivasse qualsiasi chiamata. La valuterei. Tornerò negli Stati Uniti nel 2018 per studiare in un college – racconta -, e per ora non dico altro… Un altro sogno che vorrei realizzare insieme ai miei compagni di squadra della Vibraf Domusnovas è quello di vincere il campionato e i tanto attesi playoff per la serie B. Me lo auguro sia per una crescita personale che per far crescere i tanti giovani che fanno parte della nostra società”.
Già, la Sardegna e il suo movimento, tanto per aprire il capitolo delle note dolenti. “Servono soldi, soprattutto quelli. Dopodiché c’è l’aiuto di qualche tecnico straniero, e mi auguro che la nostra regione venga coinvolta a livello nazionale nella stessa misura delle altre regioni. La Vibraf? Beh, intanto speriamo che quanto prima a Domusnovas si possa avere un campo nuovo, con le misure regolamentari e una struttura meno pericolante…”.
Testa sulle spalle, ma le stelle e strisce rimangono lì, sullo sfondo: “Tutto ha il suo tempo: l’America è il mio obiettivo più grande, adesso bisogna pensare allo studio e agli allenamenti, senza queste due cose non si va da nessuna parte”.
Nei giorni delle World Series, vinte dopo più di settant’anni dai Chicago Cubs sui Cleveland Indians, Sireus si godeva l’Arizona, una realtà nuova, con gli allenamenti svolti all’interno del college di Mesa e la vita sociale che profumava di baseball: “Un po’ come avviene da noi per il calcio – afferma la giovane promessa sarda ed italiana – Sicuramente sono cresciuto tanto in quei dodici giorni, così come i miei compagni di avventura, non bisogna tirarsi indietro e occorre sfruttare al meglio certe possibilità. Invito tutti i giovani come me a credere nelle proprie capacità e coltivarle, i risultati arrivano”.
In tanti, in Sardegna e in Italia, vivono il baseball come qualcosa di ignoto e lontano, prerogativa di altre nazioni e con piccole sacche nella Penisola. Attraverso Federico Sireus proviamo però a rinfrescare i concetti base di questo sport. “Prima di tutto, il baseball è uno sport dove bisogna usare molto la testa, rimanendo rilassati e ragionando, valutando tutte le possibilità per evitare un’eliminazione. Ogni palla va “girata” secondo effetto e velocità, per questo occorre tantissimo allenamento. Bisogna stare lì, aspettare e girare la mazza fissando la palla dal momento in cui il lanciatore lascia la palla sino a quando colpisce la tua mazza, e vedrai che la palla viaggerà da sola. Non bisogna mai e poi mai pensare di fare la super battuta, perché quello è il momento in cui sbaglierai”.
Uno dei momenti chiave è quando il battitore ha due strike a carico, e il successivo errore significherebbe eliminazione. “Tutte le palle che arrivano sono importanti, e bisogna giocarle tutte come se fossero quella decisiva. Se si entra nel panico si sbaglia sicuramente, serve concentrazione e tranquillità, e poi correre più forte possibile”.
Dà più soddisfazione battere due punti a casa o eliminare al volo? “Bella domanda… Il baseball è bello proprio perché in ogni inning possono succedere tante cose, sia in attacco sia in difesa. Personalmente mi piacciono entrambi i lati di questo sport, sono due soddisfazioni enormi, non saprei scegliere. L’adrenalina sale quando fai una bella presa, e ti aiuterà tanto quando andrai in battuta”.
Fabio Frongia