L’analisi dopo Latte Dolce-Torres, derby particolare domenica scorsa al “Vanni Sanna”
Un derby sui generis, quello di Sassari andato in scena domenica scorsa. Un match caldo e non bellissimo, ma valido dal punto di vista dei contenuti agonistici, che alla fine ha nel pareggio un epilogo dai diversi stati d’animo.
CERCASI CASA – Il Latte Dolce è una squadra umile, molto umile. Lo è talmente tanto da essersi sentita a disagio nell’occupare (pur in maniere legittima) lo spogliatoio e la panchina della Torres. Il tecnico Massimiliano Paba, nel pre-partita, ha voluto consegnare il padronato, senza remore, a mister Bacci. Chapeau. Basterebbe questo piccolo dettaglio per tracciare il quadro della gara dei sassaresi in casacca bianco-celeste. Il club neopromosso, distratto dal vociare sugli spalti, è apparso meno spigliato del solito, quasi fuori luogo in un “Vanni Sanna” addobbato a festa. Un inquilino indesiderato che ha preferito camminare in punta di piedi per non disturbare, più per normali timori reverenziali dovuti all’inesperienza che per la mancanza di personalità e di carattere. La similitudine più calzante è quella detta in conferenza dal tecnico: “E’ come se fossimo stati sfrattati da casa nostra e ora costretti a vivere in quella di un altro.”
ONORE LATTE DOLCE – Il Latte Dolce, in trasferta nel suo prato non ha goduto del fattore campo a causa di uno strano paradosso. Poco importa la presenza di oltre duemila spettatori sugli spalti (record storico per la società del presidente Pinna), poco è servito avere i favori dei pronostici alla vigilia. L’atmosfera rimaneva, comunque, surreale. Quando i ragazzi di Paba si son scrollati di dosso le paure hanno messo alle strette i rossoblù di Bacci, assediandoli nella loro metà campo. I torresini, sin dai primi minuti, son corsi ai ripari, barricandosi nelle retrovie, affidandosi alla guerriglia e alle ripartenze con Varriale sull’out di sinistra e Mucili boa cinica e solitaria davanti (secondo gol consecutivo e altra prova di spessore).
CARATTERE E MESTIZIA TORRES – I biancocelesti hanno avuto maggior possesso palla, sono arrivati più volte al tiro imponendosi sugli avversari, sprecando due ghiotte occasioni per mettere in ghiaccio la partita. Hanno tenuto le redini della gara e non è bastato nemmeno l’estro di un Andrea Usai in gran spolvero, autore di una doppietta. La Torres, surclassata su più fronti e graziata dalla sorte, ha saputo soffrire a testa bassa, non sfigurando nel derby stracittadino. Il manipolo di uomini allenato da Bacci, imbottito di Juniores (il più grande in panchina era il classe ’97 Insenna) ha avuto il merito di non demordere, dimostrando carattere. Da quattro giornate emerge lo spirito combattivo. Non ci sono i famigerati 7 punti auspicati dal presidente, ma questo è un altro discorso, come lo è il constatare di non avere una rosa all’altezza della Serie D e della storia gloriosa di questo club, tanto che il punto diventa oro colato.
BACCI & FIGLIACCI – Il tecnico torinese non può che esultare al termine della gara per un pareggio, strappato al terzo minuto di recupero, che ha il sapore della vittoria. Gioisce insieme a lui Daniele Piraino, presente in panchina, bersagliato dai tifosi torresini per tutti i 90′ di gioco. I supporters rossoblù, entrati a gara inoltrata, hanno preferito disporsi nella tribuna coperta, lasciando vuota la curva in segno di protesta. Non sono mancati i cori di dissenso contro la famiglia Minunzio. Emanuele, figlio del vice-presidente Emilio (reputato da una parte della tifoseria uno dei principali responsabili del declino) è solo un ragazzo di 18 anni che paga caro il prezzo di portare un cognome scomodo a Sassari. La personalità in sala stampa non è mancata, è arrivato il momento di vederla in campo.
GATO PINNA – Si può criticare la società, la squadra, non Tore Pinna. E’ cosa risaputa che il calcio sia uno sport affascinante per le sue stranezze. Ha le sue leggi, i suoi riti e le sue storie sospese in una bolla che trascendono il reale. Spesso intesse trame talmente assurde che la realtà appare fittizia e suggestiva, alla stregua del Truman Show, quasi fosse un canovaccio scritto da un narratore di razza. All’interno di Fùtbol di Osvaldo Soriano, è presente un racconto che ha per protagonista un brizzolato portiere quarantenne famoso per aver bloccato “il rigore più lungo della storia”. A differenza del Gato Dìaz, Tore Pinna dagli 11 metri è stato battuto ma ha salvato la sua squadra dal tracollo in un modo più particolare: pallone calciato “alla disperata” in mezzo all’area, una deviazione vincente, gol e triplice fischio. Un finale degno del miglior Nick Hornby.
Tore Pinna potrebbe benissimo essere uno dei tanti eroi dell’universo sorianiano e per gli amanti delle belle storie di calcio il 25 settembre 2016 sarà data da ricordare. È il giorno in cui un simbolo della vecchia guardia, dopo dieci anni (ultima apparizione nella stagione 2005/2006), ha rimesso guantoni e maglia rossoblù, è tornato sul ring salvando i suoi dalla disfatta. Una storia di altri tempi, forse una metafora, un messaggio velato per dire che per cambiare rotta è necessario ritornare alle origini, al passato. Per rinascere servono persone che racchiudano valori, ormai persi, del “mos maiorum” torresino.
Il Latte Dolce meritava la vittoria. È doveroso ribadirlo. La storia di Pinna, tuttavia, doveva avere un finale diverso nel giorno del suo ritorno a casa. Il grande autore che scrive le migliori pagine di sport ha pensato di regalare una speranza e un pizzico di poesia ai trecento presenti nella tribuna coperta, inneggianti alla resistenza. Una carezza in mezzo alla carestia di gioie. Il tempo passa, le battaglie in trincea logorano gli animi: si rimane guardinghi ad aspettare, stremati, l’arrivo di Leonida per cambiare le sorti di una guerra che sembra persa.
Fiorenzo Pala
foto in home page: Alessandro Sanna – lattedolcecalcio.it