Tre sconfitte su tre in trasferta, peggior difesa e una prova troppo arrendevole: ora due gare interne
Se dopo la sfida contro l’Atalanta non c’era stato praticamente nulla da eccepire sulla prestazione offerta dal Cagliari (al netto di qualche copertura mancante e un calo fisiologico dopo mezzora), all’indomani della disfatta contro la Juventus le sensazioni e le analisi non possono che essere totalmente negative.
IPSE DIXIT, MA… – “Andiamo allo Stadium per dimostrare cosa è il Cagliari”, “vogliamo dare tutto”, “ce la giocheremo”, sono alcuni dei virgolettati rintracciabili nella vigilia di una partita che di fatto non è mai esistita. Divario imbarazzante tra bianconeri e rossoblù, ma non è certo questa la notizia, bensì ha lasciato di sale la passività dei sardi, tanto che lo stesso Massimo Rastelli ha ammesso: “Ci sta perdere, ma non in questo modo”.
IN BAMBOLA – E se a proferire certe parole è il tecnico campano, di solito avvezzo alla strenua difesa dell’operato suo e della squadra, significa che davvero non ci sia nulla da salvare. A saltare all’occhio è stata sicuramente l’incapacità degli isolani anche solo di abbozzare una giocata, visto che Joao Pedro e compagni tendevano a perdere alla velocità della luce il pallone dando l’impressione di non sapere cosa fare di esso.
NON PERVENUTI – Pronti, via e il Cagliari si rintanava, lasciando tantissimo campo alla Juventus, che poteva così giocare in ampiezza e aspettare il momento propizio per colpire. Il fatto che i gol siano arrivati su tap-in e disattenzione (individuale o collettiva) risulta un aggravante per vari motivi: dall’atteggiamento alla personalità, ma viene da chiedersi anche su cosa avessero lavorato squadra e tecnico, data la totale impreparazione di fronte agli schemi bianconeri, nemmeno troppo elaborati nelle circostanze in oggetto.
GITA TORINESE – Già, la preparazione del match. La sensazione è quella di un Cagliari salito a Torino senza l’idea di come fronteggiare la corazzata, super favorita ma comunque reduce da due prove che avevano minato un pizzico delle sue certezze. Sul banco degli imputati, a caldo e non, è finita giustamente la squadra, perché l’arrendevolezza mostrata non può essere accettata da chi si aspettava non tanto il miracolo quanto la salvaguardia dell’orgoglio.
ROMBO INADATTO – Ma è giusto che nel mirino della critica finisca anche chi quella squadra la dovrebbe motivare e gestire, preparandola e modellandola sul campo. Era automatico che il 4-3-1-2 d’ordinanza – dal quale si è dimostrato non sapere deviare (pena la figuraccia di Genova) – sarebbe andato in difficoltà contro il 3-5-2 di Allegri, sempre in superiorità numerica in tutte le zone del campo, con la possibilità di spostare il gioco da un lato all’altro mentre i sardi vagavano senza trovare mai i tempi di attacco della palla. Ecco perché maggiore accortezza e la presa di coscienza che Joao Pedro (reduce da un mese di stop) e Borriello (non ha mai rifiatato) non avrebbero avuto l’autonomia necessaria avrebbero forse prodotto un Cagliari più compatto e in grado di contenere. E chissà che quel 4-5-1 visto “a babbo morto” non potesse, previo collaudo, essere più utile.
DI NUOVO SPALLE AL MURO – A parte Storari non c’è nulla da salvare, se non il fatto che la vittoria di tre giorni prima abbia fornito un bel cuscinetto. Ora due gare interne, dove Rastelli e i suoi non potranno sbagliare, con la pressione che torna a salire. Perché lontano dal Sant’Elia sono arrivate tre batoste senza appello, mentre in casa si è ammirato un Cagliari con ottimo potenziale e diverse frecce nel carniere.
NUMERI IMPIETOSI – Sicuramente, contro Sampdoria e Crotone (entrambe in crisi), non si potranno far registrare le statistiche di mercoledì. Appena 2 tiri totali (le velleitarie conclusioni da lontanissimo operate da Giannetti) contro i 23 (14 in porta, 10 parate di Storari) della Juventus, la quale dal 2004/2005 non tirava per ben 10 volte nello specchio in un solo tempo (il primo). Il Cagliari ha inoltre subito 9 attacchi da ogni fascia, e addirittura 13 dalla zona centrale, segno che non solo si sia sofferto sugli esterni, ma che anche nella zona nevralgica non ci fosse alcuna capacità di organizzare il contenimento. Numeri che si associano agli 11 gol subiti (peggior difesa assieme ad Atalanta e Crotone) in 5 partite e alla moltitudine di tiri incassati dall’inizio della stagione.
Meglio, allora, correggere quanto prima gli errori, perché è vero che di Juventus ce n’è soltanto una, ma la marcia a singhiozzo non giova, così come la perdurante assenza di identità. E se tre indizi fanno una prova, la terza scena muta lontano dalla Sardegna dovrà fare riflettere ulteriormente.
Fabio Frongia