Lanusei, una sconfitta che “convince”

Alessandro Aloia in uno dei tanti duelli ingaggiati (foto: Giorgio Melis)

Alessandro Aloia (foto: Giorgio Melis)

Due minuti. Sono quelli trascorsi tra il fischio iniziale e quello che ha sancito il vantaggio del Lanusei. In realtà meno, perché il cronometro segnava un minuto inoltrato, il che impone la dicitura del “secondo minuto di gioco”. Nella prima partita di campionato c’è sempre una specie di paura che aleggia, quella di non riuscire a sbloccarsi. Probabilmente su un inizio di campionato del genere Antonio Cocco, autore del primo gol della stagione con la fascia da capitano al braccio (presa in prestito da Masia, entrato nel secondo tempo), ci avrebbe messo la firma. Gol del genere, solitamente, riescono ad indirizzare la gara. Anche la mole di occasioni creata dai padroni di casa era un segno evidente che quella rete stava ricevendo legittimazione.



Trini errore Lanusei

La sequenza del mancato controllo di Trini che ha servito Malesa (foto: Giorgio Melis)

La sequenza della respinta imprecisa di Trini che ha servito Malesa (foto: Giorgio Melis)

Ma non sempre il calcio segue dei fili logici. Verso il quarto d’ora un’altra svolta. Il San Teodoro si scuote dal torpore (il condottiero Tatti a fine partita parlerà di paura, riferendosi ai minuti successivi alla rete) e inizia a giocare. Trova nella qualità di Steri, Malesa e del giovane Cocco un buon modo per uscire dall’impasse perché i ritmi e l’intensità della manovra viola aumentano. Passano esattamente 30 minuti dal colpo di testa vincente di Cocco, quando lo stesso centrale è costretto al fallo su Mbaye, il senegalese che corre come il vento. Fischio, punizione, Spano sul pallone. È un duello. A difendere la porta in maglia verde c’è Matteo Trini, uno specialista con i piedi, tanto da battere le punizioni. Ed è una punizione che segnerà parte della storia di questa partita: la palla gli finisce addosso, non la trattiene, la respinge con i piedi e, involontariamente, la serve a Malesa che non spreca, come a irridere due volte il Lanusei, per il modo in cui è arrivata la rete e per essere riuscito a far fruttare una delle poche occasioni create. Ma gli uomini di Hervatin contro il caldo, contro il tempo e contro la beffa che si sta per compiere, insistono e combattono su ogni palla. L’immagine più emblematica della partita è il sacrificio di Alessandro Aloia che  passa più tempo a recuperare palloni sulla linea del centrocampo piuttosto che a transitare nell’area avversaria. Il rovescio della medaglia non premia, perché ciò che viene a mancare è la lucidità nelle conclusioni.




Ci si appella al dio del calcio quando la disperazione prende il sopravvento perché, se da un lato il San Teodoro ha tra le mani un punto importante, il Lanusei si sente derubato dei due che ha da inizio gara, sempre portando con sé le ragioni dei numeri, quelli delle palle gol create. Ma proprio mentre partiva l’ennesima incursione di Delrio e soci, un errore di impostazione a centrocampo è stato fatale. La ripartenza viola lascia sul posto gli uomini in tricolore, Spano e Mbaye sembrano entrati in quel momento dopo una siesta rigenerante, la difesa è troppo alta. I terzini sono lontani dall’azione e per coprire la propria fascia di competenza e per fare la diagonale e opporsi al passaggio. Arriva il vantaggio. Dalla tribuna il silenzio, i tifosi viola sono troppo pochi per prendersi la scena e anche in campo si abbracciano senza voler disturbare o rincarare la dose, come chi sa di averla combinata grossa ma non può tornare indietro. Gli ultimi minuti sono quelli della disperazione: il Lanusei non smette di provarci e si butta in avanti, le azioni si fanno ancora più confuse, tutti in avanti a far fare gli straordinari all’estremo difensore Cherchi che para l’impossibile e fa l’occhiolino al palo. Sembra scontato che quella determinazione debba premiare il Lanusei, ma così non è. Arrivano i tre fischi e cala il sipario.

Ma è già una storia chiusa, domenica si dovrà andare in scena con un altro canovaccio.

 

Roberta Marongiu

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