Si sa, il mondo del calcio è spesso ingrato. E se c’è qualcuno che ha raccolto molto meno di ciò che ha seminato, questo è Bernardo Mereu. Il tecnico di Triei, fresco di Master UEFA Pro conseguito in quel di Coverciano, si racconta a SardegnaSport.com parlando non solo del titolo appena conseguito ma anche della sua carriera, con aneddoti e opinioni sul momento del calcio isolano. Proprio ieri, termina tardi gli esami e dall’aeroporto di Pisa, dopo aver passato le ultime ore a girare musei tra la stessa cittadina pisana e Firenze, uno stanco ma felice Bernardo Mereu risponde alle nostre domande, prima del volo che lo riporterà in Sardegna.
Mister, anzitutto complimenti! Quali sono le emozioni per il raggiungimento di questo prestigioso traguardo?
Ho iniziato questo mestiere tracciando i campi e allendando in mezzo alla polvere, con una passione indescrivibile. Ho ottenuto tutto con volontà e sacrificio ma non pensavo di poter arrivare a ciò. Solitamente, quei posti son riservati ai grandi calciatori ma ho ottenuto un punteggio alto, il tutto a 55 anni, dopo aver lavorato in maniera incredibile. Sono molto contento, poter insegnare qualcosa in più in qualunque categoria è motivo d’orgoglio.
E’ un obiettivo di lunga data o emerso solo in tempi recenti?
Gli obiettivi nascono passo dopo passo attraverso il lavoro fatto, limiti non ce ne sono mai. Non pensavo di poterci mai arrivare, però ho sempre sperato di poter raggiungere il massimo almeno sul piano culturale. Ce l’ho fatta con grande impegno, entrando dalla porta principale e con un punteggio elevato per curriculum maturato; la soddisfazione è tanta. E’ come una partita, pensi a cosa fare minuto dopo minuto, così è il percorso della vita.
A questo punto, si aspetterebbe una chiamata da un club professionistico?
Io sono sempre stato indipendente, lavorando con le mie forze. Non sono mai stato cercato perchè qualcuno mi ha proposto e continuo ad essere così. Laddove qualcuno dovesse chiamare sarei felice di rispondere ma sappiamo che questo mondo non gira sulla meritocrazia, bensì su clientelismo e conoscenze, cose che ho sempre cercato di evitare poichè mi piace lavorare da indipendente, rispettando le persone con cui lavori. Non mi aspeto nulla, sono felice di aver conseguito questo titolo, in modo da utilizzarlo per insegnare calcio a qualsiasi livello.
Ricordi di una carriera: qual è stato il momento più difficile tra le sue esperienze da allenatore?
Non ci sono stati momenti particolarmente difficili, sono stato abbastanza fortunato tra grandi presidenti e ottimi calciatori. Col La Palma facemmo un’impresa incredibile grazie a una società molto organizzata, idem con Villacidrese dove poi per due anni siamo stati protagonisti in Serie C. Anche il trienno alla Torres è stato buono; poi l’anno scorso in Serie D, col Castiadas, abbiamo avuto il dispiacere della retrocessione ma non era facile partire con un punto in nove partite. Iniziando dal mio arrivo, ci saremmo posizionati settimi. E’ un insuccesso che aiuta a crescere, doloroso solo nel risultato sportivo ma non nel percorso.
Mentre l’impresa (a suo giudizio) più grande compiuta?
Ce ne sono tante, da quelle già citate col La Palma, Villacidrese e Torres fino ad Atletico e Castelsardo, dove la squadra da ultima arrivò quarta nel girone di ritorno. E’ una grande soddisfazione aver affrontato allenatori che oggi lavorano in Serie A; tali soddisfazioni forse per me non sono arrivate per via del mio carattere indipendente e per il vivere in un posto che un po’ ti isola, mi sarebbe piaciuto affrontarli con squadre di pari categoria. Non cancellerei nessuna esperienza, anche se ricordo con maggior calore quella che mi ha ‘battezzato’ (con il La Palma n.d.r.), avevo solo 25 anni. La squadra del quartiere diventò praticamente della città, fece la sua figura in Serie C. Esordimmo all'”Ardenza” di Livorno dove un nostro ragazzino del CEP marcò un giovane Massimiliano Allegri, giocando una bella partita dove, tra l’altro, vincemmo la gara.
Qualche persona (giocatore o dirigente) che ha segnato la sua carriera?
Ricordo sicuramente tutti i presidenti: Fiore Verderame, Tonino Orrù, Michele Artedino e Siro Marrocu; sono state persone che hanno dato grande impulso al mio lavoro, ripsettandomi sempre e credendo in ciò che facevo. I risultato poi sono arrivati. Ma un pensiero va anche al presidente del Castelsardo, Valentino Elias, purtroppo scomparso. Ma i primi quattro nominati sono coloro che hanno segnato i capitoli più importanti della mia vita.
Ritorniamo all’attualità: che giudizio ha del progetto Cagliari-Olbia?
Penso sia un progetto stupendo. Il Cagliari sta lavorando molto bene sia con prima squadre che nelle giovanili e finalmente ha creato una collaborazione con un club di Lega Pro che può permettere ai giovani di maturare al meglio, cosa che la Primavera non consente. E’ un viatico importante per la crescita dei giovani isolani. Il rapporto è fantastico, peccato che in passato non ce ne sia stato uno simile col La Palma o con la Villacidrese, avrebbe potuto dare risultati significativi nella crescita dei nostri calciatori.
Mentre, ritornando al suo passato, cosa ne pensa della situazione che sta vivendo la Torres?
Mi dispiace tanto. Sassari ha una tifoseria stupenda, supporters che amano veramente la loro squadra e che se potessero darebbero letteralmente il cuore. Ho vissuto in quell’ambiente e so quanto ci tengano i sostenitori; mi spiace di aver visto negli ultimi anni dirigenze molto ‘allegre’ che non hanno dato a questa città le soddisfazioni meritate. Purtroppo non la vedo bene: se le cose non cambiano all’interno e non si costituisce un forte gruppo dirigente, Sassari avrà da soffrire moltissimo ed è un grande peccato. Lo dico da sardo, da tifoso della Torres, voglio veramente bene a questa squadra e non potrebbe essere diversamente.
Cosa ne pensa delle ambizioni della Nuorese che quest’anno ha costruito un forte organico?
La Nuorese, insieme all’Arzachena, mi sembra la squadra sarda messa meglio tra quelle della Serie D. Forse gli smeraldini hanno qualcosa in più in termini di qualità, con giocatori esperti e una difesa abbastanza solida. La Nuorese ha un ottimo organico, giovane in alcuni settori ma valido. Poi una città che adora la squadra e in questo supera i galluresi ma possono essere entrambe grandi protagoniste.
Quale futuro per il calcio sardo?
Il futuro è legato all’economia e in Sardegna ciò non ci aiuta tantissimo. Le società devono essere intelligenti e investire su giovani, strutture e lavoro invece che su una programmazione anno per anno, la quale potrebbe dare delle insoddisfazioni. Quando non ci sono grosse possibilità economiche è il cervello a dover funzionare. Ritengo che per mettere a frutto le risorse delle società ci sia bisogno di investire nelle strutture giovanili, oltre ad avere pazienza.
Ha ricevuto qualche chiamata quest’estate? C’è qualcosa in ballo?
Ho avuto qualche chiamata dall’estero, da paesi che obiettivamente sono troppo lontani. Se dovessero telefonare dall’Italia o dall’estero andrei volentieri, per proposte di lavoro serie. Finora, però, solo contatti da lontanissimo, per esempio dalla Palestina. Non mi sento di fare un passaggio del genere. Se dovesse arrivare qualcosa nell’ambito di un’organizzazione concreta e solida in Italia o in Europa la seguirei senz’altro.
Chiudiamo con un anedotto: c’è un simpatico episodio che può raccontarci?
Una delle cose più belle della mia carriera è stata vedere Antonio Langella arrivare in Serie A. Quando approdai a Castelsardo aveva 10 kg in più e sicuramente nella sua testa c’era tutto fuorchè fare il calciatore. Capii che aveva delle potenzialità ed ebbi una incredibile forza di volontà nel cercare di trasmettergli ciò, anche con metodi molto rudi: una volta lo lasciai in punizione fuori dallo spogliatoio! Questa serie di cose hanno permesso a lui di capire, crescere e ottenere un successo sportivo importante. Antonio è uno di quelli che ricordo con maggior affetto perchè mentre alcuni sono arrivati nella massima serie seguendo un percorso regolare, con lui abbiamo dovuto fare a cazzotti per fargli capire che aveva tutte le carte in regola per giocarci.
Mattia Marzeddu