Oppo e Loddo, la Sardegna che rema e pagaia: “Tanto sudore per un sogno”

Stefano Oppo (l’ultimo con la canotta arancione) si allena con la propria squadra in vista di Rio (foto: Matteo Oppo)
La Sardegna, e Oristano in particolare, guarderanno a Rio 2016 con un occhio particolare. La canoa e il canottaggio vedranno infatti protagonisti due ragazzi, un atleta e un allenatore, con tantissima voglia di dare seguito ad un biennio di ascesa esponenziale. Stefano Oppo e Stefano Loddo suonano la carica, pieni di orgoglio per quanto fatto e con l’emozione a mille per la possibilità di vivere lo scenario principale per uno sportivo: le Olimpiadi.
“Era il mio sogno partecipare alle Olimpiadi – esordisce Oppo – due anni fa non avrei mai pensato di arrivarci così presto e a quest’età. Da due anni ho iniziato a crederci e alla fine è arrivata. Questo traguardo rappresenta la chiusura di un cerchio, considerati i risultati degli ultimi anni e l’apertura di uno nuovo, decisamente”
Sei già proiettato con la mente a Rio, senti già l’adrenalina oppure devi ancora metabolizzare l’avventura che ti appresti a vivere? “Devo ancora metabolizzare il tutto perché l’ufficialità è arrivata da pochi giorni. Iniziamo a pensare alle gare, ma ci alleniamo e prepariamo al meglio senza troppe pressioni. Fino al 27 sarò ad un raduno in Umbria, poi due giorni liberi e il 30 si parte per Rio. Adesso inizia il lavoro di scarico, ci vogliono due-tre settimane per completare il lavoro perché abbiamo raggiunto un carico estremo e dobbiamo arrivare in forma a Rio”.
L’attesa di una regione intera e di una città in particolare potrebbe rappresentare una marcia in più: “Certamente, la spinta di Oristano e di tutta la regione rappresenterebbe una marcia in più. C’è attesa e tanto tifo e la cosa mi fa sempre piacere”.
I successi fin qui ottenuti sia da te che da Stefano Loddo potrebbero rappresentare un volano per il movimento regionale? “Spero possano dare una spinta sia per il movimento regionale che per lo sport in generale. Che situazione c’è nell’isola? Beh, io sto fuori però so che ci sono difficoltà nel reperire sponsor, ad esempio. Non è semplice, soprattutto per noi sardi, emergere ad alti livelli tanto che siamo costretti ad andare via. Io sono partito quando avevo 15 anni ma questo stesso percorso lo hanno fatto anche altri sardi che saranno a Rio: è quasi necessario dover uscire dall’isola per esprimersi ad alti livelli. In Italia ci sono le strutture adatte e una mentalità diversa”.

Stefano Oppo e la sua squadra in Umbria (foto: Matteo Oppo)
Ma c’è anche un giovane tecnico, ex campione e promessa (“Ma io non avevo le capacità tecniche e fisiche di questi ragazzi che oggi alleno”, afferma sincero), che da Oristano si è trasferito in riva al Ticino (prima al CUS Pavia, poi dalla parte opposta col Canottieri Ticino) e ora sogna per davvero.
“C’è un po’ di tensione – dice Stefano Loddo – la quale però non può non essere palesata più di tanto da parte di noi allenatori, perchè non bisogna trasmetterla troppo agli atleti. Loro pensano solo alla gara, per noi la cosa brutta è che se si vince è merito del ragazzo con la medaglia al collo, se si perde la responsabilità è della struttura tecnica che ha lavorato male”.
Il momento è comunque buono, la speranza tanta, il lavoro svolto enorme. “Veniamo da due anni di ottimi risultati – racconta – quando abbiamo visto che Edoardo Chierini rifilava 9 decimi a Manfredi Rizza, dopo essere rimasto fuori per 3 centesimi dalla qualifica olimpica, abbiamo deciso di rimettere tutto in discussione. I due atleti uno contro l’altro, resettando ogni valutazioni su tempi e prestazioni, e abbiamo avuto ragione”.

Stefano Loddo
Si può sognare in un metallo al collo? “Le Olimpiadi sono il massimo per uno sportivo, vincerle fa parte del sogno, e per realizzarlo bisogna che si verifichi una combinazione di fatti positivi, tutto deve andare per il meglio, anche perché la nostra è una gara particolare. Le prove di velocità, come nell’atletica leggera, sono aperte a ogni tipo di variabile impazzita, con l’aggiunta che noi siamo in equilibro sempre instabile sull’acqua e sul nostro asse. Difficile dare dei favoriti, i risultati discordanti tra qualifiche olimpiche e prove di Coppa del Mondo lo dimostrano”.
Le soddisfazioni che stanno arrivando da giovane allenatore ripagano dei rimpianti vissuti da atleta? “Ho iniziato quasi per caso – afferma Loddo – lavoravo coi bambini al CUS Pavia, dopo il ritiro per infortunio, poi ho attraversato il fiume e abbiamo iniziato a formare le prime squadre. Il materiale non era ricchissimo, ma bisogna sempre provare a fare il massimo e in due anni la crescita è stata significativa. Avere solo atleti della nostra società sui 200 metri è un motivo di vanto ed un grande vantaggio per la Nazionale. Ragazzi che si conoscono, abituati a vivere il quotidiano insieme, rendono sicuramente meglio anche in azzurro”.
E con Manfredi Rizza il rapporto è particolare. “Siamo stati compagni di squadra, all’inizio bisognava ricreare un equilibrio non facile. Io ho 6 anni più degli atleti che alleno, cosa non banale. Questi sono ragazzi che pesano quasi 90 kg e ne sollevano 165, io ne pesavo 70 e sollevavo 115 (ride nda). C’è tanto da lavorare, prima di tutto va creato un gruppo, il fatto di avere lo zoccolo duro del Canottieri Ticino aiuta tantissimo”.
Vedendo il movimento canoistico e del canottaggio di Sardegna da fuori, che sensazioni ci sono? “Credo che in Sardegna si pensi troppo al proprio orticello, mentre in Lombardia – realtà che conosco meglio – c’è una competitività sana che porta il singolo a migliorare: ci si dà battaglia, si punta a battere l’amico e compagno, e magari si cresce. Poi è chiaro che il più forte andrà avanti. Da noi passa il gioiellino ogni dieci anni, ma si costruisce poco. Ricordo che quando andavo in Coppa del Mondo Oristano era piena di striscioni per me. Quasi mi imbarazzavo, era un punto di partenza e invece veniva vissuto come un traguardo clamoroso ed eccezionale”.
Quanto potrà aiutare l’ascesa di Stefano Oppo, anche lui a Rio 2016, per provare a trainare il movimento isolano? “Benché venissimo dalla stessa società (Circolo Nautico Oristano), facciamo due sport diversi. Noi canoisti consideriamo “gamberi” i canottieri, e viceversa, ma è solo questione di punti di vista. A lui auguro il più grande in bocca al lupo, da sportivo e da concittadino. Non so se a Rio ci incroceremo, visti i reciproci impegni, ma lo saluto volentieri attraverso voi”.
Ma la Sardegna in qualcosa è superiore: “A livello di capacità di adattamento e abnegazione non siamo secondi a nessuno, manca come detto quella sana competizione interna che porta ciascuno a crescere per davvero”.
La chiusura è proiettata in avanti: “Non mi rendo ancora conto di quanto è stato fatto in due anni. Abbiamo lavorato tanto e bene, le vittorie in Coppa del Mondo sono state da brividi, idem la qualificazione olimpica. Manfredi studia e si è laureato in ingegneria meccanica, quindi la sua giornata non era solo allenamenti come per chi fa parte di un gruppo militare. Ogni anno ti alleni per limare qualcosa sui tempi, e se fossimo rimasti fuori dai Giochi per pochi centesimi il rammarico sarebbe stato enorme. Ora siamo lì, ce la giochiamo, sapendo che tutto può succedere”. E non è una frase fatta.
Roberta Marongiu e Fabio Frongia