Calciomercato – Cagliari, conta anche la reputazione
Per un tifoso la propria squadra è sempre la più importante del mondo. Per un tifoso del Cagliari, forse, lo è ancora di più. In queste settimane di calciomercato, la telenovela che appassiona i supporter rossoblù è quella che ha come protagonista Tomas Rincon, mezzala di qualità e quantità, capitano del Venezuela che ben si è comportato in Copa America: l’accordo economico con il Genoa per la cessione è stato raggiunto, ma quello con il giocatore tarda ad arrivare. E potrebbe anche non arrivare mai.
Il centrocampista di San Cristobal aspetta l’offerta di una squadra (secondo lui, e l’agente) più blasonata, vedendo nel Cagliari un passo indietro rispetto alla sua attuale squadra. Una situazione, questa, alla quale ogni sostenitore di una compagine di medio-bassa classifica è abituato, ma che mai una piazza importante come Cagliari (parliamo di una delle dieci tifoserie più numerose in Italia) riuscirà ad accettare.
È ovviamente doloroso, quanto frustrante, vedere giocatori pronti a sbarcare in Sardegna con la motivazione principale di mettersi in mostra per poi approdare verso altri lidi, o di passare un tranquillo finale di carriera. Tuttavia, in un calcio che è sempre più business e professionismo, risulta un atteggiamento comprensibile e sensato. E il venezuelano Rincon non fa eccezione.
Nessuno che non sia nato sull’isola potrà mai capire a priori l’importanza di questi colori, unici in Italia a rappresentare una regione intera, e nessuno potrà mai pretendere di spiegarlo a professionisti lautamente pagati. Di Daniele Conti, Diego Lopez e Nelson Abejon ne nascono pochi e, probabilmente, è meglio così. Se il Cagliari, come lo è stata in passato, vuole tornare ad essere una piazza ambita, ambiziosa e desiderata dovrà lasciare da parte romanticismi vari e compiere un lavoro basato sulla progettualità a lungo termine.
L’esempio migliore sotto questo aspetto è quello, con le dovute proporzioni economiche, del Sassuolo: se Domenico Berardi ha avuto l’opportunità di andare alla Juventus ma ha preferito passare un altro anno in terra emiliana, non l’ha fatto per un inesistente attaccamento ai colori, bensì perché consapevole di trovarsi in un ambiente sano e dove potrà crescere ancora, senza ridimensionarsi o frenarsi. L’improvvisazione, in questo sport come in qualunque azienda che si ponga degli obiettivi, non porta mai a nulla di buono. L’ultima retrocessione del Cagliari, frutto di scelte azzardate e utopiche, ne è la dimostrazione più limpida.
La società che fu scelta da Gigi Riva e Enzo Francescoli ha enormi potenzialità, sfruttate male da chi per tanti anni ha fatto del tirare a campare (con logiche personalistiche) di andreottiana memoria uno stile di lavoro. Il Cagliari dell’ultima decade, rinunciando anche in maniera esplicita a qualunque piazzamento che andasse oltre la salvezza, ha smesso di essere una piazza interessante e si è trasformata in niente di più che una vetrina, spegnendo l’interesse di addetti ai lavori, appassionati, tifosi e di giocatori nel pieno della loro maturità calcistica. Gravi ammaccature della cosiddetta Cinquecento sono state causate anche da situazioni come quella accaduta a Federico Marchetti, gli esoneri compulsivi di allenatori vari e da scempi come le partite casalinghe in quel di Trieste.
Un passato recente che quindi pesa e peserà a lungo nella “reputazione” nazionale (e non) della società di via Mameli, per ora lontana dal raggiungimento di obiettivi dichiarati (vedi ultime dichiarazioni di Capozucca e Giulini). “Voglio far capire che il Cagliari non è una società qualunque e non ha nulla da invidiare a nessuno.” E il diesse non lo si può certo tacciare di incoerenza, visto il grande lavoro svolto finora. Aver arricchito la rosa con giocatori dal carisma di Storari, Bruno Alves e Padoin è vitale sotto questo aspetto, nell’ottica di un progetto a medio-lungo termine. Riuscire a mettere a segno il colpo Rincon sarebbe una gemma non da poco, visti i presupposti, sicuramente la prima pietra da cui poi costruire la squadra che verrà. Giusto aspettare il centrocampista genoano, facile comprenderne un eventuale rifiuto, uscendo dalla mentalità di tifosi.
Giulini e soci, intanto, con ottime iniziative fuori dal contesto del campo, continuano a svolgere un lavoro importante sotto il profilo di marketing e visibilità, cercando di scrollarsi di dosso fantasmi ultra-ventennali. Progettualità, chiarezza, solidità e ambizione sono dunque le parole chiave da cui il Cagliari dovrà ripartire per tornare ad essere quella piazza che si poteva permettere di ingaggiare, senza tanta insistenza, anche qualche “principe”.
Oliviero Addis