Dyson alla Dinamo Sassari, sì a patto che…
Non è un mistero che sia in cima alla lista della spesa della Dinamo Sassari, e Jerome Dyson potrebbe avere davvero già la valigia pronta da appoggiare nel suo appartamento sassarese. Un déjà vu, quello con protagonista il play del Maryland, affascinante e che riporta subito alla mente i bei tempi del trionfo tricolore del 2015, quelli della tripletta memorabile.
L’eventuale ritorno di Dyson, secondo gli ultimi spifferi, potrebbe fare il paio con quelli di altri “scudettati”, in mezzo ad altri nomi scintillanti, utili per riportare l’entusiasmo in una piazza fiaccata dall’ultima, magra stagione. Attendendo novità sugli innesti – ricordando come lo stesso presidente Stefano Sardara abbia stuzzicato col suo “vi stupirete di alcuni ritorni”, e che David Logan e Rok Stipcevic sono gli stranieri che si pensa di trattenere (non facile, pesa l’incertezza sulla partecipazione alle coppe europee) -, un focus va dedicato proprio a quel Dyson che nell’ultima annata si è diviso tra periodo sabbatico e avventura torinese.
43.5 % da 2, 33.9 % da 3, 30.3 minuti di media, 3.1 assist, 13.7 di valutazione e -2.9 di plus/minus. Queste le cifre di Jerome Dyson alla Manital Torino, inguaiata e costretta ad attingere dal mercato, a novembre. La salvezza è arrivata, per il play un campionato non sempre al massimo ma con picchi di puro talento ed esplosività atletica, in un contesto tecnico abbastanza disordinato.
Più che al ruolino torinese, i discorsi sull’opportunità o meno di riprendere Dyson vanno fatti sulla base della precedente esperienza nell’Isola. Tormentata e ondivaga, con il culmine positivo nei momenti più importanti. Trionfi che hanno cancellato i (non pochi) passaggi difficili vissuti nel rapporto tra il giocatore e la società, intesa a 360 gradi come staff tecnico, dirigenziale e ambiente-tifosi.
Tanti ricorderanno come Dyson fu bersagliato da stampa locale e tifosi, solerti nel chiederne il taglio e nel farne il capro espiatorio per le varie crisi del 2014/2015. Indolente, egoista, poco incline al sorriso e a fare gruppo, corrucciato e musone a differenza di quel Travis Diener dal quale aveva preso le chiavi della squadra. Alle prese con diversi acciacchi, Dyson alternò partite mediocri a straordinarie esibizioni di strapotere fisico, andando on fire prima in Coppa Italia e poi nei playoff.
E’ uno dei giocatori che sarebbe in grado di convivere con David Logan (posto che il “Professore” rimanga), anche se pure quell’aspetto fu di non semplice risoluzione. Non un play classico, ma è facile pensare che la gestione Pasquini propenda per un’interpretazione del ruolo vicina alle corde di Dyson, il quale andrà inserito in un’impalcatura di squadra che faccia della creatività un’arma importante. Non che Dyson sia anarchico, alla luce del feeling con un coach (ai tempi di Brindisi) come Piero Bucchi, sicuramente agli antipodi rispetto al Meo Sacchetti di turno. E’ pacifico, però, che l’ibrido e l’incertezza sul binario da percorrere porterebbero agli equivoci e ai fallimenti del recente passato.
Dyson-Dinamo Sassari, dunque, è un matrimonio che s’ha da fare, che tutti attendono e che solo il patron deciderà se celebrare nuovamente, o meno. A patto che ci si ricordi non solo delle magie di quel fantastico inizio di estate 2015, ma anche dei problemi vissuti, del carattere lunatico e della personalità ingombrante, nel bene e nel male.
Fabio Frongia