Cagliari, una crisi per capire chi sei
C’è crisi e crisi. Ci sono cali di rendimento fisiologici e momenti di difficoltà che mettono in mostra delle crepe strutturali. A quale di queste categorie è ascrivibile l’ultimo mese del Cagliari? L’ipotesi più probabile, come spesso capita, si trova nel mezzo. Perché se è giusto attribuire il momento opaco dei rossoblu a squalifiche ed infortuni, è altrettanto onesto parlare di errori gestionali e lacune caratteriali. Senza dubbio il Cagliari paga la lunga serie di infortuni che ha afflitto la truppa di Rastelli in quest’ultimo mese, complicando notevolmente il lavoro del tecnico anche nello scegliere un XI affidabile.
L’indisponibilità di Ceppitelli ha aperto il vaso di Pandora, riportando indietro di qualche mese il pacchetto arretrato in termini di affidabilità e continuità di rendimento. Salamon si è scoperto più insicuro senza l’ex Bari al suo fianco e Krajnc ha mostrato un deficit di personalità attribuibile anche alla giovane età. Un capitolo a parte merita l’assenza di Davide Di Gennaro. Di fatto, per rischiarlo contro il Pescara nonostante le condizioni precarie, lo si è perso per un mese. E la brillantezza della manovra ne ha evidentemente risentito. Troppo lineare e poco incisivo Fossati, ancora acerbo Colombatto. Anche le assenze di Munari (anch’esso schierato prematuramente) e Tello hanno pesato, ma più a livello numerico che qualitativo. Lì davanti le cose non sono andate certamente meglio. Farias si è confermato prevedibile come una palla matta mentre Melchiorri ha provato a tirare la carretta nonostante uno stato di forma non propriamente ideale. Proprio come Marco Sau. L’attaccante tonarese non ha mai fatto del carisma il proprio punto di forza, ragion per cui sarebbe errato appellarsi a lui per trascinare la squadra, tantomeno in un momento di forma traballante. Tutti elementi, questi, che rientrano nel discorso di un calo di forma, fisiologico e preventivabile nell’arco di una stagione. Sarebbe impossibile immaginare una marcia senza sosta lunga 9 mesi.
Meno preventivabile, invece, un contraccolpo così netto. Che Di Gennaro fosse il cervello della squadra lo si sapeva, ha sorpreso, però, l’assenza di validi piani alternativi alla presenza del numero 8. Uscito lui, la squadra si è spenta e non si è ancora risvegliata in attesa del suo ritorno. Ed è proprio questo l’elemento che preoccupa maggiormente: l’assenza di un’idea di gioco capace di prescindere dai singoli interpreti. Le certezze del Cagliari si sono sbriciolate rapidamente e sono bastate due assenze (Ceppitelli-Di Gennaro) per mostrare le crepe di un’impalcatura che, fino alla metà di febbraio, aveva brillato per solidità. Rastelli, encomiabile per la gestione della rosa nei primi sei mesi di campionato, si è riscoperto più insicuro e nervoso, aggrappato ad una classifica che permette al Cagliari di gestire questa crisi senza il fiato sul collo delle inseguitrici. La sensazione è che un calo fosse già in preventivo, ma non di questa entità. Il tecnico è consapevole che il modo (e i tempi) con cui uscirà da questa fase di stallo incideranno sul bilancio di fine stagione e, per la prima volta, si sente realmente sotto pressione.
Bando, però, ai facili allarmismi. Occorre fare uno sforzo di pessimismo per immaginare il Cagliari gettare alle ortiche una promozione che pare voler arrivare per inerzia. Il momento attuale rappresenta perlopiù un crocevia nel processo di sviluppo del gruppo guidato da Rastelli, utile per capire chi ha le carte in regola per far fare il salto di qualità al progetto rossoblu. Il Cagliari è diretto verso la Serie A, il modo in cui ci arriverà permetterà di capire qualcosa in più sulla squadra che sarà.
Stefano Sulis