Un mondo al rovescio
A 10 anni sei un’anima pura, non ancora inquinata dal mondo dei grandi. Vivi la tua vita fatta di intervalli, quelli che passano tra un allenamento e un altro. Il mister è il tuo idolo, il tuo maestro di vita quasi come il papà, giusto un gradino sotto, ma esclusivamente se non si parla di calcio. Il pallone è il tuo fido condottiero, che, nella banalità di un rotolamento sul campo, nasconde sogni, speranze e gioie di un bimbo che si affaccia alla vita.
In 31 anni di vita, gli ultimi 8 li ho passati provando a fare l’allenatore. Bimbi ne ho visti tanti arrivare al campo con le loro scarpette all’ultima moda e una sacca piena di sogni. Molti spinti dai genitori, molti perché c’era l’amichetto del cuore che giocava, altri perché sognavano di emulare i campioni della tv. Qualcuno coordinato, altri meno ma tutti con una voglia di vivere immensa.
Luca se n’è andato dopo una rovesciata, cercando di emulare il gesto in cui solo i più grandi campioni riescono. Il gol che tutti da bimbi sognano di fare. Più di una punizione, più di un rigore con il cucchiaio, più di un’azione personale dove dribblo tutti e deposito la palla in rete dopo aver saltato anche il portiere.
Capitò anche a me, innamorato di Gigi Riva senza averlo mai visto calcare i campi se non in tv con immagini sbiadite che sanno di epico. La sua rovesciata al Vicenza era l’essenza del calcio, quel gesto tecnico che avrei sempre voluto fare. Un movimento così coordinato e perfetto da sembrare quasi irreale. Così come l’immagine che ha sempre caratterizzato l’album della figurine, con lo juventino Carlo Parola che si esibisce in una rovesciata e che tutti i bimbi inconsapevolmente conoscono.
Andarsene a 10 anni non ha nessuna logica, nessuna spiegazione, nessun senso. Tutti noi siamo stati un po’ come Luca, bimbi sognanti alla ricerca del gesto tecnico perfetto per emulare i campioni. Che il prossimo gol, in qualsiasi campo o categoria, sia per Luca. Un gol che lo ricordi in ciò che amava fare di più, giocare a calcio.
Giampaolo Gaias