Cagliari Primavera, il prezzo del cambiamento
La Primavera del Cagliari cerca in casa dell’Hellas Verona la via smarrita negli ultimi tempi, da quando la squadra è stata rivoluzionata (per volontà o cause di forza maggiore) e ha iniziato a perdere colpi e prendere gol (8 nelle ultime due partite). I ragazzi di Max Canzi, che si avvicinano al Torneo di Viareggio, mantengono posizione nobile in campionato, ma non possono non prendere atto del cambio di dimensione, dei connotati di un gruppo che in una stagione tanto intensa si è mostrato camaleontico nel più positivo dei significati.
Sarebbe stato utopistico pensare di poter continuare a mietere vittime come fatto per larghi tratti, impossibile farlo dopo le evoluzioni dovute a mercato e infortuni. I fatti, però, dicono di un Canzi che negli ultimi giorni ha pensato a ricalibrare la sua creatura, inevitabilmente, avendo davanti qualcosa di profondamente diverso. Nell’ultimo periodo pochi si sono salvati, si è vista una squadra lenta e priva di idee, fiacca nel fisico e disattenta nelle situazioni: dalla difesa (quanti problemi a Giba contro il Bologna) all’impostazione e la finalizzazione.
Non ha dato frutti la difesa a 3, perché con l’addio di Pinna e Cotali (passati all’Olbia a gennaio) non ci sono esterni bassi ma la nuova veste è ancora troppo indigesta. Se poi vengono a mancare il trequartista (Murgia, lunga squalifica per lui), il volante (Colombatto, stabile in prima squadra) e l’incursore (Auriemma, lungodegente), fanno 5 giocatori che componevano l’ossatura d’oro e adesso sono un ricordo. E poi ci sono Serra operato al ginocchio e Arras che tra nervosismo, sfortuna e una porta non più vista con l’occhio del cecchino vive un palese momento di difficoltà.
Nelle ultime settimane si sono visti errori goffi da chi, oltre ai citati elementi venuti a mancare, dovrebbe (o avrebbe dovuto) trainare la comitiva: Granara e Arca, ma anche Bernardi, e la difesa si fa meno ermetica. I primi due rappresentano quella vecchia guardia (Puledda, Taccori, Manca, Alberti) da sempre in difficoltà, mentre la promozione dei classe ’99 e 2000 in tempi non sospetti serve sia come medicina sia come mossa di prospettiva. Normale cedere qualcosa a livello di malizia, esperienza e prontezza fisica, giusto (come lo era mandare o mantenere determinati elementi nel calcio dei grandi) pensare anche al futuro meno immediato, perché la categoria è allenante fino a un certo punto e bruciare le tappe diventa prioritario.
I risultati negativi non devono e non dovranno abbattere un ambiente che quest’anno ha meritoriamente conosciuto la ribalta. Il periodo no ha confermato quanto rilevavamo in occasione dei rari rovesci iniziali, ovvero che i cambi non erano granché all’altezza. E che se alla Primavera rossoblù si tolgono gli innesti estivi (Auriemma, Colombatto, Cotali, Arras) più quelli che dal nuovo corso avevano trovato linfa vitale (Serra, Pinna e Murgia) rimane ben poco. Chi resta non assume leadership, chi subentra non è pronto per via di limiti tecnici o esperienziali.
La difesa – dove l’ex interista Bernardi (riscattato al pari di Cotali) non convince, i “vecchi” Arca e Granara faticano e si aspetta l’ultimo arrivato Volteggi -, ha confermato che a inizio stagione l’ottimo centrocampo aiutava in maniera determinante. Nella mediana rivoltata come un calzino, ci sono tre Allievi (Mastromarino, Doratiotto, Biancu) promossi, Pennington adattato trequartista (neanche malvagio) e Scanu che balbetta nel trovare una dimensione più corposa senza l’ausilio di alcuni supporti. E poi la prima linea: promettente l’inserimento di Cortesi, in palla Piras, in affanno Arras, il resto (Popiela) lo si attende ancora. Si segna poco e si subisce tanto, al contrario del momento di massimo splendore: il centrocampo (che oggi sarà composto dai convocati Biancu, Doratiotto F., Mastromarino, Pennington, Puledda, Scanu) non fa più filtro e non fornisce palloni, con le punte costrette a retrocedere, sfiancandosi, innervosendosi e perdendo lucidità.
Il Cagliari Primavera che si prepara a centrare le finali Scudetto ed onorare la Viareggio Cup è profondamente mutato. Un’altra squadra, che sarebbe errato paragonare a quella entusiasmante (contro ogni pronostico estivo) vista fino a poche settimane fa, ma che di essa è sorella, costola da analizzare. Canzi ha in mano il cambiamento, qualche scossone è messo in preventivo, la missione è quella di non perdere la strada foriera di entusiasmo e copertine, trovando altre gemme con cui edificare e impreziosire il progetto avviato nel 2015.
Fabio Frongia
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