2004-2016, Cagliari “rulla”… Cagliari: la differenza? E’ del mister e non del singolo
Anno 2004. A febbraio, il mondo dello sport si stringeva in un abbraccio di cordoglio, con lacrime amare e qualche senso di colpa di troppo, alla famiglia Pantani per la prematura scomparsa del “Pirata”, morto in un albergo di Rimini lontano da tutti, in solitaria come era solito fare quando saliva sui pedali, lasciando il vuoto dietro di se nelle sue celebri scalate. Il Portogallo vedeva sorgere, sulle sponde del Douro, la leggenda di Josè Mourinho, autore e narratore in prima persona della favola del Porto, preparandosi ad ospitare, a giugno, il carrozzone degli Europei di calcio che saranno poi vinti a sorpresa dalla catenacciara Grecia. In Italia, il Milan di Ancelotti volava in campionato sulle ali dell’entusiasmo guidata dai gol di Andriy Shevchenko e dell’enfant prodige Ricardo Kaka, campioni d’Italia un anno dopo il trionfo in Champions League, vedendo però sfumare il bis nel tracollo di La Coruña.
Rimanendo nei campi del Belpaese, andando verso i gironi del purgatorio del calcio e continuando nel vortice di questo climax discendente, ci soffermiamo sulla serie cadetta. Cosa avveniva nel febbraio del 2004 in Serie B? La capolista era il Palermo, salito sul trono del comando dalle prime partite del girone del ritorno e poco intenzionato a cedere punti alle pretendenti alla promozione. Alle sue spalle era in atto una guerra sanguinaria per assicurarsi un posto per salire direttamente in Seria A senza l’anomalo playoff contro la quartultima del piano di sopra. Era un altro torneo, altre squadre e altre regole, diverse dalle attuali. Si era verificato il “Caso Catania”, capace di bloccare le retrocessioni e partorire una “B” a 24 squadre, con 5 promozioni (più una eventuale dal playoff) che avrebbe generato l’attuale cadetteria a 22.
Non è azzardato dire che la Serie B 2003-2004 sia stata la più bella e competitiva di sempre, con nomi e squadre altisonanti, come avrebbero dimostrato l’anno dopo in Serie A le varie Palermo, Cagliari, Livorno e Messina. Da Cristiano Lucarelli e Igor Protti (Livorno) a Luca Toni e Franco Brienza (Palermo), passando per Massimo Taibi e Carmine Gautieri (Atalanta), Marco Storari e Arturo Di Napoli (Messina), Sebastiàn Cejas e Cristin Riganò (Fiorentina). E poi, tra le compagini non promosse, il Genoa di Diego Milito, la Ternana di Riccardo Zampagna, il Bari di Gionatha Spinesi e il Catania di Beppe Mascara.
E il Cagliari? Ad inizio campionato, complice l’euforia destata dal ritorno in patria di Gianfranco Zola, godeva del favore dei pronostici ma non era riuscito, nel girone d’andata, ad affermarsi pienamente. In panchina, ad inizio stagione, sedeva Giampiero Ventura, non più brillante nocchiero come sei anni prima ed esonerato (il gruppo non lo digerì e non lo nascose…) alla sedicesima giornata di campionato. Da ottavo (a -4 punti dal Torino quinto) alla promozione del 29 maggio 2004 (contro la Salernitana al Sant’Elia), tra un Edy Reja in mutande e la festa in giro per la città.
Il tecnico goriziano diede entusiasmo e pragmatismo ai rossoblù, abbandonando il 3-5-2 di Ventura e varando il 4-3-1-2 con Zola falso nueve a ispirare due frecce a scelta tra Esposito, Suazo e Langella. Maltagliati e Agostini furono i tasselli invernali, in luogo di Festa e Macellari, Loria segnava (più che difendeva) come non mai, François Modesto da terzino destro fungeva da equilibratore e anello di congiunzione con l’antico Cagliari. Brambilla, Albino e Abeijon (ritornato a casa a gennaio) per un centrocampo di lotta e governo (Del Nevo e Conti i rincalzi). Davanti, l’idea era chiara: il centro della squadra era Zola, con l’ex Chelsea che aveva piena libertà tra le linee. Lo schema ricorrente era il seguente: in fase difensiva i due attaccanti si abbassavano, allargandosi sugli esterni pronti ad essere imbeccati in contropiede dai filtranti di Zola. Esposito a destra e Suazo sulla sinistra si accentravano e s’incrociavano, non dando punti di riferimento alla difesa avversaria, Zola rimaneva a supporto o s’inseriva a rimorchio. Edy Reja creò un’autentica macchina da gol e di spettacolo che ancora oggi rimane nitidissima nei ricordi dei tifosi rossoblù.
Il Cagliari di oggi ha ben 17 punti in più di quella truppa che ancora è ricordata e scandita come se non fossero passati 12 anni. Quella di Rastelli è una squadra diversa per spirito e tattica; colpisce l’organizzazione di gioco, non ci son prime donne né fronzoli. Già, il “Cagliari di Rastelli”. Giusto soffermarsi su questa definizione. Il Cagliari della scorsa decade è entrato negli annali del calcio con il nome del suo giocatore simbolo e non con quello del suo allenatore. Zola era l’uomo-copertina, capitano di una squadra riuscita ad unire, dopo tanto tempo, l’intera Isola, convogliando nella sua figura l’entusiasmo collettivo, allontanando i fantasmi e i timori che avevano caratterizzato le annate passate. Era un parafulmine mediatico, dall’appeal talmente forte da riuscire a spazzare via i co-protagonisti della cavalcata. Il Cagliari di Rastelli non ha un personaggio chiave, capace di ergersi al di sopra degli altri, a parte l’allenatore. E’ un bene e non un male come può sembrare a prima vista.
Il tecnico irpino ha costruito, infatti, un gruppo coeso di simili, spazzando via le oligarchie inutili. Tutti sono uguali, tutti necessari e utili alla causa, nessuno lo è più degli altri. Al tempo, il club rossoblù, dopo aver fallito in maniera catastrofica la promozione per tre stagioni di fila aveva bisogno di una guida capace di risvegliare l’ambiente. Il Cagliari post-Zeman, dopo gli addii dei senatori Conti, Pisano e Cossu, aveva la necessità di cambiare pagina e rinascere dalle proprie ceneri, trovando fiducia nel gruppo anziché nei totem dello spogliatoio da venerare. Massimo Rastelli ci è riuscito e i risultati parlano chiaro.
Il club di via Mameli è secondo in Europa per il numero di vittorie conquistate in casa (12 su 13 partite) dietro solo al Bayern Monaco di Pep Guardiola. Ha il record di gol realizzati nella serie cadetta (47) ed è a + 17 su quello dell’ultima promozione in Seria A. Certo, come già detto, era un altro campionato, ma quale delle due formazioni vincerebbe il confronto diretto? I record di quest’anno sono dovuti alla mancanza di vere antagoniste o evidenzia una reale forza? Curiosità senza risposta, talvolta debbono parlare solo i numeri.
Fiorenzo Pala