Barella, il futuro è adesso
Poche altre volte un’operazione di mercato ha diviso in maniera così netta i tifosi del Cagliari. Una miccia che si è accesa all’improvviso e, in poche ore, ha catalizzato l’attenzione della Sardegna che batte cuore rossoblu. Nicolò Barella lascia il Cagliari per 6 mesi. Ad attenderlo, in un ramo del lago di Como, troverà Gianluca Festa e Gianfranco Matteoli. Non due personaggi qualsiasi, ma quelli che hanno scandito i suoi primi vagiti calcistici, dal settore giovanile rossoblu fino al debutto in Serie A. La soluzione ideale per un giocatore ai primi passi nel mondo del calcio professionistico: un progetto tecnico che possa garantirgli il minutaggio richiesto e un tecnico che lo conosce come pochi. Nonostante ciò, giù critiche. Un dilemma più di natura “filosofica” che prettamente calcistica.
Nel processo di crescita di un prodotto del vivaio, è meglio farlo maturare in casa, magari giocando poco, o mandarlo a farsi le proverbiali ossa? Un quesito vecchio come il calcio (italiano), e destinato a rimanere senza risposta certa. Semplicemente perché questa non esiste. Di sicuro, però, c’è che per Barella è arrivato il momento di crescere. Di sgomitare e farsi strada nel mondo calcio per affermare la propria identità e scrollarsi di dosso l’etichetta di promessa, diventando così un giocatore vero. Perché lo sport, come recita un vecchio adagio, è attualità, ragion per cui dimentica velocemente i trionfi di ieri ma anche le promesse del domani.
Chi vi scrive ha sempre rifiutato l’idea assoluta dell’anno in prestito come uno step inevitabile nella formazione di un giocatore. Sulla carta (scritto a caratteri cubitali) se un giocatore è forte, gioca. Sempre, senza bisogno di percorsi formativi preliminari. Sulla carta, appunto, perché poi intervengono concetti labili, come la maturità tattica e la capacità di reggere alle pressioni, che giustificano le scelte conservative del nostro calcio. E’ probabilmente su questo punto che verte la decisione della società di via Mameli: non si considera Barella un giocatore imprescindibile per il Cagliari in questo momento, e minutaggio alla mano non lo è. Il limbo nel quale si trova da diversi mesi richiede risposte che non possono arrivare da Asseminello. Il Cagliari può (e deve) accompagnare la crescita di Barella, ma non può aspettarla. Sono due esigenze diverse, quelle del giocatore e della squadra, che hanno così trovato sbocco in questo prestito semestrale. Un’operazione che non convince pienamente il giocatore, ma che gli eviterà altri 6 mesi di naftalina in attesa di una chance. Errore capitale per un ragazzo di quell’età, in cui le occasioni si creano e si inseguono, ma non si aspettano.
Che la stagione di Barella sia stata, finora, un “cosa potrebbe essere ma ancora non è stato” è fuor di dubbio. 4 presenze in altrettanti mesi non possono soddisfare chi vedeva, in questo campionato, uno scalino determinante nel suo processo di maturazione. Insoddisfazione mista ad incredulità se si pensa alle convincenti prestazioni offerte contro Como e Salernitana. Incomprensioni tattiche e ricchezza della rosa a disposizione di Rastelli ne hanno tarpato le ali lasciandolo (ancora) in una terra di mezzo in cui anche la sua definizione tattica è in fase embrionale. Per questi motivi una permanenza a Cagliari sulla falsariga del girone di andata rasenterebbe il masochismo. Altrettanto dannoso sarebbe un naufragio nella barca comasca che naviga contro corrente verso la salvezza. Di sicuro c’è che non si potrà prescindere dalla continuità di impiego, altrimenti l’operazione non avrebbe senso
E’ arrivato il momento di crescere, dunque, anche per Barella. Il tempo di trasformare le promesse in impronte di grande giocatore. Saranno sei mesi importanti per il Cagliari, per il Como, ma soprattutto per lui che potrà così temprarsi ed iniziare a costruire la propria strada. Una strada lastricata delle speranze dei tifosi rossoblu.
Stefano Sulis