Cagliari, Tello e la “garra” latina. Con la Colombia nel cuore ed un Giovanny da non deludere…
Andres Felipe Tello Munoz nasce il 6 settembre 1996 a Medellin, capoluogo del dipartimento di Antioquia, nella parte occidentale della Colombia. Una città un tempo famosa per la produzione del caffè, diventata nel tempo, con lo sviluppo economico di tutta l’America del Sud, un fulcro industriale tra i più importanti del Paese. Sono tre milioni gli abitanti, e tante le personalità legate alla città, tra cui l’indimenticabile portiere “scorpione” Renee Higuita, famoso per aver reinventato totalmente il ruolo dell’estremo difensore. Qui sono nati anche “El Diez“, James Rodriguez, funambolo e squisito trequartista merengue, e il più cattivo Fredy Guarin. Viene dalla Valle di Aburra anche Ivan Ramiro Cordoba, indimenticabile difensore con un passato glorioso in Serie A, così come difficile da dimenticare rimarrà l’assassinio di Andres Escobar, suo concittadino che pagò con la morte un autogol costato l’eliminazione ai mondiali ’94 della sua Nazionale. Medellin fu anche il quartier generale dell’altro Escobar, Pablo, il più grande narcotrafficante della storia, che dette vita ad uno dei cartelli più potenti al mondo: “Il cartello di Medellin”.
La classica città sudamericana vibrante di storie passionali, sporche e criminali. Vendette, pistole, droga ed il solito sfondo romantico di ragazzini che inseguono un pallone in una delle tante piazze di quartiere. Aspettando che arrivi sera per gustare la cena preparata dalla madre, e notte per sognare l’Europa calcistica, ritenuto il vero traguardo da raggiungere per ogni aspirante calciatore latinoamericano. “Fin dagli inizi della mia carriera il mio obiettivo era giocare in Europa e grazie a Dio ora avrò la possibilità di giocare nella Juve“, disse il “Nuovo Cuadrado“, soprannome al tempo affibbiatoli da chi probabilmente non l’aveva mai visto giocare, per descrivere le sue emozioni nel vestire la maglia bianconera. Il riferimento religioso è immancabile, in un terra in cui il cristianesimo accompagna gli adulti sin da bambini, così come il ringraziamento alla propria famiglia: “Come prima cosa devo ringraziare mia mamma Claudia e mia sorella, nonché l’Evingando, che mi ha dato la possibilità di giocare. Lasciare quella che è stata la mia casa per tanto mi provoca nostalgia, ma per me si apre la porta del calcio che conta.” Determinazione e idee chiarissime, senza dimenticare la citazione per la sua ex squadra, la stessa che diede i natali hai già citati James e Guarin. Andres è consapevole delle sue capacità, conosce la velocità di cui dispone, la facilità di dribbling e i tempi di inserimento che ne fanno di lui un jolly. Ma non ha forse ben chiara la sua collocazione tattica, o almeno è in disaccordo con la filosofia del calcio italiano. A Cagliari è arrivato presentandosi come terzino destro, e Rastelli di risposta lo ha schierato come interno di destra, di sinistra ed esterno alto. Il difensore laterale è un ruolo che dalle sue parti viene interpretato con una spiccata indole offensiva poco avvezza agli allenatori nostrani, esempi passati sono anche l’ex conoscenza Alvarez o il Mancini del Venezia prima e della Roma poi, arrivati come terzini e riadattati in altri ruoli.
E’ sbarcato in Sardegna dopo una brillante annata con la primavera della Juventus, che ha convinto la società bianconera a riscattarlo per una cifra intorno al milione di Euro e girarlo in prestito al Cagliari, in un’operazione che ha visto coinvolto anche Alberto Cerri, altro prospetto di casa Vinovo. Gli inizi oltre Tirreno non sono stati facili, tra panchine e tribune alternate per le prime sei giornate. Senza di lui i suoi compagni vincono quattro partite, ne pareggiano una e perdono a Pescara, ma non convincono dal punto di vista della costruzione del gioco. La voglia di mangiare l’erba di un ragazzo del ’96 e gli innegabili, ed inevitabili, occhi addosso puntati della Juventus, hanno contribuito a far sì che l’esordio arrivasse a dieci minuti dal termine della partita vinta contro il Cesena, la migliore giocata fino ad allora dalla banda Rastelli. Esce tra gli scroscianti applausi Farias, uno dei migliori in campo ed entra al suo posto, sul 3-1 in favore, il giovane colombiano. La gara ha ormai poco da dire e gli ospiti hanno praticamente gettato bandiera bianca. Bel dribbling, saltato un uomo, anche il secondo, ancora un altro! Bastano cinque minuti perché le doti balistiche del numero 20 riescano a scaldare gli animi dei tifosi rossoblù, le praterie a disposizione e la fiducia di una squadra padrona del campo fanno il resto. Non basta l’impatto positivo del “Sant’Elia” per vederlo giocare in quel di Novara, così come sono invalutabili gli ultimi minuti contro il Trapani. La mediana rossoblù è forte e in salute, sono tante le opzioni e la concorrenza è agguerrita. Dessena è intoccabile e dall’altra parte c’è sovrabbondanza. Avrebbe potuto avere chance da terzino, dove i sardi hanno avuto a che fare con emergenze, ma per il tecnico ex Avellino quello non è il suo ruolo.
L’esordio dal primo minuto comunque arriva, a Perugia, quando lo slittamento di Farias in attacco e di Pedro sulla trequarti libera un posto nel mezzo, che Rastelli decide di affidare al colombiano. L’avvio è timido, ma il numero di palloni toccati è notevole e con il tempo riesce a dare brio sulla destra e scrollarsi di dosso la paura. Non è forse il giocatore che molti si aspettavano di vedere: il dribbling è di natura, la corsa è encomiabile, ma la sua velocità di punta non è impressionante, o almeno non è quella che uno soprannominato “il nuovo Cuadrado” dovrebbe possedere. Contro la squadra di Bisoli finisce 0-0, e dopo qualche preziosismo iniziale è bravo a calarsi dei panni della gara e timbra il tabellino con 78′ minuti di quantità, più che qualità. Contro il Vicenza partecipa all’esperimento tattico degli ultimi venti minuti, quando agisce da esterno alto nel tridente. Ha buoni spunti, sfoggia le sue doti tecniche e sfiora il gol. Nel mentre il suo “compagno” di avventure bianconere Cerri non riesce ad ingranare, giocando il ruolo dell’altra faccia della medaglia tra gli osservati speciali della Juve.
Le tappe il diciannovenne le sta bruciando tutte e così con lo Spezia arrivano i primi novanta minuti. Il clima è teso in campo e sugli spalti, dalla tribuna si respira aria di sfida ed i padroni di casa hanno il dente avvelenato dopo una settimana di ritiro, oltre che un’ impressionante voglia di riscatto. Quale migliore occasione del Cagliari? Anche i tifosi sono abituati a scenari di livello più basso rispetto ad una squadra dalla storia importante come quella rossoblù. La prima mezz’ora è di fuoco, i bianconeri attaccano ogni pallone (e non solo) e provocano gli avversari, creando difficoltà a Tello, non ancora abbastanza maturo per poter rispondere con la forza. Ed è infatti Dessena a caricarsi la squadra sulle spalle, dimostrando un carattere a volte eccessivo, che lo porta anche a rischiare l’espulsione, ma provvidenziale. Con il suo atteggiamento, che può risultare negativo se analizzato senza provare le sensazioni del campo, il capitano riesce a “difendere” i suoi giovani compagni, creando una corazzata all’interno della quale il numero 20 con il passare dei minuti prende coraggio e sfodera un secondo tempo da grande giocatore, facendo valere i suoi 180 centimetri di altezza, ripiegando costantemente su Pisacane ed annullano la furia degli avversari.
“E’ stato straordinario! Perdere Di Gennaro alla vigilia mi ha preoccupato, ma con il senno di poi il lavoro di sacrificio di Tello si è dimostrato fondamentale.” Così Rastelli in sala stampa ha elogiato la prova del suo giocatore, abbastanza vivace da poter essere considerato il classico sudamericano con la “garra” nell’anima.
Appena arrivato in Italia ringraziò Giovanny Valencia Osorio, un noto giornalista e preparatore atletico di Medellin che fu il primo a credere in lui. “Per me è stato come un secondo padre, fondamentale nella mia infanzia.” L’umiltà di non dimenticare da dove si è partiti, la consapevolezza di ciò che si può diventare. Dalla Juve al Cagliari ora Tello ne ha trovate tante di persone come Giovanny che credono il lui, suo il compito di non deludere nessuno.
Oliviero Addis