Ciclismo – Aru non basta, per il Giro la Sardegna non esiste: ma è giusto indignarsi?
E così, dopo Alitalia – che nelle sue brochure informative e pubblicitarie non contempla la Sardegna – anche il ciclismo col carrozzone del Giro d’Italia dimentica l’Isola, quella che ha dato i natali a uno dei due corridori più importanti del panorama italico (Fabio Aru da Villacidro e Vincenzo Nibali da Messina), quella che ospitava un Giro di Sardegna eroso fino alla sparizione da pressapochismo e pochezza sportiva quanto culturale. La Sardegna non c’è, neanche il tempo di alzare gli scudi (un tanto al chilo, per qualche ora) contro l’omissione di Alitalia che arriva anche quella di RCS e Gazzetta dello Sport in occasione della presentazione della novantanovesima Corsa Rosa.
I quesiti nati per il “caso Alitalia” restano dunque vivi e si rinforzano con l’ennesimo episodio di questo tipo. Sì, né il primo né l’ultimo, a riprova che continuare a scandalizzarsi anziché prendere coscienza del problema risulta stucchevole e forse più dannoso di quanto non facciano gli esperti di marketing del “continente”. La Sardegna non c’è in quelle mappe perché non c’è nella mente di chi le costruisce, perché forse sono proprio i “continentali” ad aver recepito più dei sardi stessi la “diversità” della Sardegna. E lo capiamo quando parliamo con turisti, amici, colleghi o conoscenti della Penisola, che vedono l’Isola e gli isolani come tali anziché “terroni” alla stregua dei meridionali italiani, che concepiscono la Sardegna come una realtà a parte, bellissima e lontana, peculiare così come dovrebbe essere considerata da chi ancora la abita e dovrebbe promuoverla, difenderla.
E invece, mentre chi sta oltre Tirreno pensa alla Sardegna come posto esotico, selvaggio e primitivo, chi la abita è il primo a non valorizzarsi. Possibile, per esempio, che il Presidente Pigliaru – lesto a esultare per “la vittoria sarda in Spagna dopo secoli” in seguito al successo di Aru alla recente Vuelta – non abbia argomenti convincenti per portare il Giro in Sardegna, occasione politica ed economica? Riuscirà Fabio Aru, a furia di alzarsi sui pedali e scattare in faccia agli altri, a rappresentare e trascinare quel riscatto dal sentimento di sconfitta e subalternità che ci contraddistingue? Ci piace crederlo.
E’ giusto indignarsi in episodi come quelli di cui sopra? Forse, certamente male non fa. Ma il discorso è diverso e ben più profondo, se non si vuole rimanere nel “sardismo” buono solo per farsi vedere con birra e “porceddu” all’interno dei social network. Come osserva Omar Onnis “perché mai una pubblicazione che si propone di sostenere il turismo in Italia dovrebbe contemplare la Sardegna? (…) sarebbe del tutto incongruo incoraggiare flussi di visitatori verso la penisola e la Sicilia e al contempo promuovere la Sardegna come meta turistica”. (LEGGI QUI L’ARTICOLO)
Pubblicità, marketing, business, come tale è ormai il Giro d’Italia, che (non da oggi) transita nelle varie regioni d’Italia a seconda di quanto queste – grazie a politica, sponsor e lobby di sorta – investano per entrare nella grande vetrina. E allora il filo continua, si ingrossa e cresce, quello che vede la Sardegna come diversa per tutti meno che per la sua gente, per una classe dirigente ottima feudataria e brava a elemosinare esaltando il tricolore, sbraitando sterilmente anziché pensare a come valorizzare una peculiarità ineluttabile e impossibile da omettere, questa sì.
IL PERCORSO – Il Giro d’Italia 2016, edizione numero 99, partirà nei Paesi Bassi, dove rimarrà per tre tappe. Due gli sconfinamenti in Francia dopo la risalita dal Meridione, arrivo a Torino (34 anni dopo l’ultima volta). 3.383 chilometri (dal 6-29 maggio 2016), 3 nazioni e 21 tappe, due delle quali (Pinerolo-Risoul con Cima Coppi al Colle dell’Agnello e Guillestre-Sant’Anna di Vinadio con tre cime oltre i 2.000 metri) al terzultimo e penultimo giorno. Cronometro sulle colline del Chianti alla nona tappa, 40 chilometri con pochissima pianura.
Ancora presto per dire chi ci sarà e con quali ambizioni. Da Alberto Contador, vicino al ritiro e che potrebbe chiudere l’avventura rosa con il successo 2015, a Fabio Aru, che potrebbe finalmente puntare tutto sul Tour de France, passando per Vincenzo Nibali (lascerà l’Astana?), Chris Froome e Nairo Quintana, tutti più attirati ovviamente dalla Grand Boucle, dove sarà caccia al sudafricano. E poi tutti gli altri, nomi noti e sorprese, che animeranno un Giro “duro e affascinante”, come definito dal capo dell’organizzazione Mauro Vegni.
Fabio Frongia