Basket, playoff NBA – Cleveland-Boston, non c’è partita ma… forse spazio per il “fattore X”?
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Un’istantanea dalla sfida impari tra Cavs e Celtics
Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più? Nonostante Lucio Battisti, nell’ormai lontano ’76, facesse riferimento a sentimenti ben più nobili, è assai probabile che questo pensiero abbia attraversato la mente dei milioni di fans che i Celtics vantano in giro per il mondo. Le strade di LeBron James e dei verdi di Boston infatti si incrociano ancora, per la terza volta nelle ultime cinque edizioni dei playoff NBA. Ma questa riedizione della sfida tra il gigante di Akron e il trifoglio più prestigioso della palla a spicchi potrebbe avere un protagonista inaspettato, o almeno è quello che si augurano dalle parti della baia di Boston: Gigi Datome. Se pochi mesi fa gli aveste detto che Stevens, coach dei Celtics, avrebbe indicato la sua facilità di tiro come uno dei possibili (e pochi) fattori X contro i Cleveland Cavs in una serie di playoff, probabilmente vi avrebbe guardato come gli uomini degli anni ’50 guardarono Michael J. Fox in Ritorno al futuro, quando preannunciò loro che Ronald Reagan (allora attore western) sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Ma poiché molte volte il destino mescola le carte, ecco che sulla strada che divide LeBron James dal suo terzo anello NBA spunta quel ragazzo partito più di dieci anni fa da Olbia per inseguire il sogno del grande basket.
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Luigi Datome, niente spazio per lui nelle prime due gare della sua vita ai playoff
Come emerso da gara 1 della serie però, se i bookmakers considerano ampiamente favoriti i Cleveland Cavs le ragioni non mancano. La prima, come già detto, ha un nome e un cognome: LeBron James. Il ritorno a casa del fenomeno di Akron ha inevitabilmente spostato gli equilibri nella Eastern Conference (per informazioni chiedere a quella Miami vice-campione addirittura esclusa dai playoff) riaccendendo un entusiasmo che in Ohio non si registrava dal 2010, anno in cui lo stesso LBJ abbandonò la casa madre con destinazione Miami per dimostrare al mondo NBA, e prima ancora a se stesso, che tra gli dei del gioco poteva starci anche lui. Dopo quattro anni in Florida, conditi da due anelli, il ritorno a Cleveland ha catalizzato l’attenzione non solo di media e tifosi ma anche di quei giocatori che, annusando le potenzialità dei Cavs col numero 6 nel rooster, si sono lasciati attrarre in una piazza non esattamente tra le più glamour nel palcoscenico NBA. Le potenzialità dei Cleveland Cavs sono così cresciute grazie all’ingaggio di giocatori come Kevin Love e JR Smith, non certamente dei fenomeni ma ottimi comprimari al fianco di Lebron e di Kyrie Irving, giovane playmaker con le stigmate del campione. E se la regular season, dopo i fisiologici primi mesi di rodaggio, ha visto un alternarsi di alti e bassi, i Cavs non hanno mai rischiato di compromettere la qualificazione ai playoff, vero e proprio giardino di caccia per il Re (uno dei tanti appellativi con cui James si presentò al mondo NBA).
I Celtics invece, uno dei più interessanti progetti di grande squadra, sono giunti ai playoff inaspettatamente grazie a un ottimo rush finale nel mese di marzo. Brad Stevens, chiamato a ricostruire la squadra dopo l’epopea dei big three e privato di Rajon Rondo, ultimo superstite di quel periodo d’oro, ha allestito una squadra giovane e spumeggiante grazie anche all’ingaggio di quell’Isaiah Thomas in lizza per il premio di sesto uomo dell’anno. E se i pronostici soffiano tutti in direzione Ohio, i verdi di Boston punteranno sulla velocità del contropiede e sui tiri dalla lunga distanza, asso nella manica in casa Celtics. Inevitabilmente l’inesperienza della rosa a questi livelli sarà un fattore determinante sull’andamento della serie, ma è innegabile che la “palestra Lebron” aiuterà la crescita dei ragazzi di Stevens in ottica futura, ma che in questa occasione appaiono le vittime preannunciate sulla strada verso una finale che negli Stati Uniti auspicano in tanti: Cleveland Cavs – Golden State Warriors.
Le prime due gare della serie, entrambe giocate alla Quickloans Arena di Cleveland, hanno certificato lo strapotere dei Cavs (o di LeBron, dipende dai punti di vista). In gara-2, giocata ieri notte, i Cavs hanno tirato fuori una partita dall’inattesa intensità, risolvendo una pratica più ostica del previsto. I Celtics infatti, pur tirando con il 39% dal campo, hanno dimostrato una solidità rara per una squadra così inesperta, restando in partita sino all’ultimo quarto. Da quel momento però è salito in cattedra il rettore di Cleveland, motivo per il quale il tabellino finale segnava 99-91 per i Cavs con 15 punti nell’ultimo quarto marchiati LBJ.
La serie adesso si sposta a Boston dove il pubblico del TD Garden si augura che il fattore X chiamato Gigi Datome, tenuto in naftalina fino a questo momento, sia d’intralcio tra il Re e il suo terzo anello.
Stefano Sulis